Incentivi alle imprese che rafforzano il capitale. L’impatto sul private banking

Simona Maggi* *Direttore Scientifico Aipb (Associazione Italiana Private Banking)

 

 

La road map europea verso un mercato unico dei capitali (Cmu) disegna un’economia al servizio delle persone e aggiunge un nuovo tassello all’accordo internazionale sull’armonizzazione della tassazione delle imprese per renderle più resilienti. Presto impareremo a conoscere con l’acronimo Debra la nuova proposta europea di sviluppare un incentivo fiscale per ridurre la distorsione a favore del debito rispetto al capitale proprio, con l’obiettivo di aiutare le Pmi ad accedere ai finanziamenti di cui hanno bisogno per diventare più forti, più resilienti. Questa misura sosterrà le imprese introducendo un’indennità che accorderà al capitale proprio lo stesso trattamento fiscale applicato al debito. La proposta prevede che gli aumenti del capitale proprio di un contribuente da un esercizio fiscale al successivo siano deducibili dalla sua base imponibile, analogamente a quanto accade per il debito.

 

Deducibilità ampia

L’11 maggio il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis ha spiegato in conferenza stampa: “le imprese europee dovrebbero essere in grado di scegliere la fonte di finanziamento migliore per la loro crescita e il loro modello imprenditoriale. Rendendo fiscalmente deducibile l’apporto di capitale proprio, analogamente a quanto avviene attualmente per il debito, si riduce l’incentivo ad aumentare il prestito e consente alle imprese di prendere decisioni di finanziamento basate unicamente su considerazioni commerciali – e ha concluso – questo faciliterà l’accesso ai finanziamenti per le imprese dell’Ue, in particolare le startup e le Pmi. Si tratta di un elemento importante per le transizioni verde e digitale, che richiedono nuovi investimenti in tecnologie innovative che potrebbero essere finanziati da un aumento di capitale proprio”.

 

Spinta alla crescita economica

Nel 2020, l’indebitamento totale delle società non finanziarie nell’Ue ammontava a quasi 14.900 miliardi di euro, pari al 111% del Pil. Livelli eccessivi di debito rendono le imprese vulnerabili a cambiamenti imprevisti del contesto economico/finanziario, mentre una solida struttura di capitale le rende meno vulnerabili agli shock e più propense a effettuare investimenti e a innovare. Pertanto, la riduzione dell’eccessiva dipendenza dal finanziamento del debito e il sostegno a favore di un possibile riequilibrio della struttura patrimoniale delle imprese possono incidere positivamente sulla loro competitività e crescita. Infatti, secondo la previsione europea, l’approccio che combina l’indennità per il capitale proprio e la deduzione limitata degli interessi dovrebbe aumentare gli investimenti delle imprese dello 0,26 % del Pil e portare un incremento della crescita economica dello 0,018%. Per quanto riguarda l’Italia, secondo l’Eurostat se la dimensione delle imprese italiane crescesse fino a diventare simile a quella tedesca, la produttività per addetto dell’intero sistema industriale italiano salirebbe del 26% e quella del Pil nell’ordine del 6%.

 

Più spazio per i private market

Per chi investe sul valore di impresa non esiste solo la borsa. Nuovi modelli e strategie di investimento stanno ridisegnando il rapporto tra finanza e impresa offrendo debito e capitale di rischio a un numero crescente di investitori, ad esempio, attraverso nuovi strumenti di investimento come gli Eltif (European Long Term Investments Funds). Rispetto ai tempi rapidi della Borsa, orizzonti superiori a dieci anni sembrano lunghissimi, ma nel mercato dei capitali privati è il tempo necessario per chi investe nella creazione di valore di lungo termine. La strategia del Legislatore europeo attribuisce agli investitori al dettaglio un ruolo centrale: intervenendo per migliorare le caratteristiche degli Eltif, rendendoli così più flessibili per i gestori professionali e più attrattivi per gli investitori, si pone l’obiettivo di favorire l’ingresso del risparmio delle famiglie nel capitale di rischio delle imprese. Il beneficio comincia a vedersi: la gamma di investimenti in real asset dedicata alla clientela non professionale si sta ampliando di anno in anno e il loro peso sta crescendo progressivamente nei portafogli delle famiglie che si rivolgono alla consulenza del private banking. Ad esempio, a fine 2021 in Italia nei portafogli del private banking si sono registrati 6 miliardi di euro di investimenti in private markets (in aumento del 43% rispetto all’anno precedente). Un volume potrebbe crescere fino a un potenziale di 64 miliardi senza superare il 5% dei portafogli, se gli attuali benefici fiscali previsti dalla norma fiscale dei PIR a favore degli investitori verranno mantenuti costanti nel tempo.

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