Dallo studio è emerso come le investitrici controllano circa un terzo del patrimonio totale in gestione, per un valore vicino ai 4,6 trilioni di euro. Le analisi, inoltre, prevedono che il patrimonio femminile crescerà a un tasso Cagr di circa l’8,1% fino al 2030, a fronte di un incremento di quello maschile più lento, intorno al 2,7%. Nei prossimi anni, la quota degli investimenti rosa dovrebbe raggiungere un totale di circa 10 miliardi euro.
Scendendo più nello specifico, dei 4,6 trilioni di euro di AUM detenuti dalle donne, il 78% è gestito da soggetti sposati o in coppia, mentre le donne single e divorziate detengono il restante 22% degli AUM. Per quanto riguarda le “relazioni bancarie”, è emerso come tra le donne impegnate poco più della metà condivida la stessa banca principale del partner (54%, rispetto al 57% degli uomini), mentre il 61%- a fronte del 64% degli uomini – dichiara di condividere lo stesso consulente finanziario.In caso di separazione, il 40% della componente femminile si è detta pronta a cambiare banca o consulente, contro il 29% degli uomini. Evidente, quindi, come parte dei patrimoni gestiti dalle donne potrebbe essere a rischio.
Le differenze tra uomini e donne proseguono anche in ambito di investimenti, anche per un gap salariale. Gli stipendi femminili, infatti, sono spesso minori di quelli maschili, con conseguenti riflessi anche sulla possibilità di investire. I portafogli solitamente sono costituiti per il 32% da azioni e per il 32% da investimenti a reddito fisso, rispetto al 45% e al 24% degli uomini. Secondo la ricerca McKinsey, ne deriva un rendimento medio del portafoglio rosa del 5%, rispetto al 6% maschile, con un divario compreso tra i 5 e i 10mila euro per i rendimenti annui.
Le donne intervistate hanno altresì espresso la volontà di ricevere una maggiore consulenza dai propri istituti finanziari, sia telefonica sia digitale, oltre a non essere pienamente soddisfatte della consulenza ricevuta. In generale, però, le donne risultano meno propense a modificare il proprio portafoglio più di una volta al mese (36% rispetto al 45%), ma sono più aperte all’idea di apportare cambiamenti a fronte di nuove proposte da parte del consulente (32% contro 24%).
Una delle differenze maggiori evidenziate dall’indagine, però, riguarda l’approccio decisionale: tra le donne il 58% è responsabile di tutte o della maggior parte delle decisioni di investimento familiari, rispetto al 73% degli uomini. Un terzo delle donne ha dichiarato di condividere queste decisioni con altri membri della famiglia, rispetto a un quarto degli uomini. L’atteggiamento nei confronti del rischio, infine, sottolinea una quota maggiore di donne rispetto agli uomini (42% contro 34%) per adottare un approccio avverso al rischio nell’asset allocation.