Esma fa chiarezza sul principio di adeguatezza degli investimenti

di Luca Zitiello

 

 

L’Esma ha pubblicato un documento di consultazione contente l’aggiornamento delle linee guida in tema di Product Oversight Governance (Pog). L’esigenza di revisione nasce dall’emanazione, rispetto alla versione precedente che risale al 2017, di una serie di provvedimenti che hanno completato il quadro normativo di Mifid2. Il riferimento è soprattutto agli aggiornamenti normativi derivanti dell’Eu Commission Capital Markets Recovery package, la direttiva cosiddetta “Quick Fix” che ha modificato Mifid2 sulla scorta delle urgenze create dalla diffusione della pandemia da Covid-19 e da quelli discendenti dall’emanazione della regolamentazione Esg in tema di sostenibilità degli investimenti, unitamente alle raccomandazioni sulle linee guida POG promanate dal Comitato consultivo dell’Esma sulla proporzionalità. A ciò si aggiunge la Common Supervisory Action (Csa) condotta nel corso del 2021 dalle autorità europee e nazionali con l’obiettivo di valutare la conformità delle imprese rispetto ai requisiti di product governance, il modo in cui i produttori e i distributori identificano e rivedono periodicamente il target market e la strategia di distribuzione dei prodotti finanziari, nonché il funzionamento dello scambio di informazioni tra produttori e distributori.

 

Nuove procedure

Come noto, la Pog rappresenta una delle maggiori novità di Mifid 2 essendo una nuova procedura volta ad assicurare l’adeguatezza nell’allocazione dei prodotti finanziari al giusto target market. Le notevoli potenzialità della riforma però sono state in parte pregiudicate dalla sua effettiva implementazione da parte degli operatori (produttori e distributori).

Le nuove linee guida, soprattutto sulla base degli esiti dell’azione di vigilanza comune svolta dalle autorità, introducono importati modifiche volte a contrastare l’esistenza di un approccio troppo formalistico nella definizione del target market, l’elaborazione di strategie distributive incapaci di raggiungere il target market identificato, la mancanza di uniformità nelle modalità di esecuzione dell’analisi di scenario da parte delle imprese ai fini dell’identificazione del mercato target del prodotto, le carenze nell’analisi della struttura dei costi del prodotto volta a garantire la compatibilità con il mercato di destinazione del prodotto stesso, le carenze nelle procedure di revisione dei prodotti specie nella frequenza delle stesse, il malfunzionamento dei processi di scambio di informazioni tra produttori e distributori che talvolta funziona più su richiesta che sulla base di un approccio proattivo.

 

Confini di applicazione ampi

Viene ribadito l’obbligo di valutazione del target market per tutti i prodotti realizzati o distribuiti e quindi anche per quelli più semplici distribuiti in execution only, ferma comunque l’applicazione del principio di proporzionalità. L’Esma ha inteso specificare che una corretta definizione e graduazione del livello di complessità dei prodotti è un presupposto necessario per consentire di determinare adeguatamente il livello di dettaglio con cui identificare il mercato target.  Sebbene un approccio di clustering sia già consentito dalle linee guida esistenti, Esma intende comunque delimitarlo, sia per i prodotti semplici che per quelli complessi, raccomandando l’impiego di un livello di granularità sufficientemente preciso nel raggruppare i prodotti.

Una qualche riflessione merita la proposta di modifica delle linee guida esistenti nella parte in cui consentono ai distributori di discostarsi dal target market effettivo quando il prodotto viene utilizzato a fini di diversificazione o di copertura nell’ambito dei servizi di consulenza di portafoglio o di gestione di portafoglio.

 

Spazi ridotti per le eccezioni

Ciò in ragione della constatazione che alcune imprese hanno utilizzato la possibilità di deroga in modo troppo ampio. Sul punto però val la pena osservare che, al contrario, la definizione in termini positivi di un target market autonomo, come quello della clientela di private banking, apre la via alla compatibilità di una serie di prodotti che, lungi dal derogare alle caratteristiche dell’investitori, appaiono conformi a quel tipo di cliente in una logica di livello di servizio, di patrimonio minimo gestito o consulenziato e dei più raffinati obbiettivi di investimenti rispetto ai quali proprio l’utilizzo di un ampia gamma di prodotti diventa condizione necessaria per il loro soddisfacimento.

Da ultimo Esma propone di introdurre una lista di good practices esemplificative di condotte che le imprese dovrebbero adottare al fine di una corretta product governance.

 

 

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