Banca Finint, la roadmap della crescita

“Tutta la macchina operativa è stata finalizzata e le funzioni al servizio del gruppo anche. È il momento di accelerare sulla crescita”. Fabio Innocenzi, amministratore delegato di Banca Finint, sintetizza così lo stato dell’arte della fusione con Banca Consulia, istituto milanese specializzato nei servizi di private banking e wealth management. L’acquisizione consente alla società veneta di ampliare il suo spettro di offerta rispetto alle attività tradizionali, che vanno dall’invstment banking alla finanza strutturata, dal corporate banking all’asset management.

 

Iniziamo dalla fotografia di quella che oggi è la struttura di Banca Finint dedicata alla gestione dei grandi patrimoni

Contiamo su circa 193 professionisti tra consulenti finanziari inquadrati con contratto da promotore e private banker dipendenti. In questo numero rientrano i 36 consulenti di Unica, società di intermediazione mobiliare acquisita da Banca Consulia poco più di un anno fa. Oggi abbiamo una piattaforma di consulenza avanzata alla clientela, anche non qualificata, perfettamente integrata con tutti i requisiti normativi, molto user friendly, che accompagna il consulente e il cliente nella visione complessiva del portafoglio e nelle opportunità da seguire.

A livello di gruppo gestiamo attivi per circa 10 miliardi di euro, dei quali circa 2,9 miliardi nel private banking, 3,5 miliardi nell’asset management e 3,6 nel segmento Npe.

 

Come va l’integrazione con la società milanese?

Molto bene, secondo i piani ambiziosi che ci eravamo prefissati. Tutta la macchina operativa è stata finalizzata, le funzioni al servizio del gruppo anche, si iniziano a registrare le prime sinergia.

 

Ci può fare un esempio?

È capitato ad esempio che Banca Finint emettesse un minibond originato dal business di Banca Consulia oppure che siano stati offerti prodotti della Sgr o club deal di interesse per la clientela di Banca Consulia. Ora l’obiettivo è accelerare la crescita, contando anche sul riscontro tra gli addetti ai lavori.

 

A cosa si riferisce?

L’acquisizione ha creato grande interesse sul mercato: molti consulenti e private banker ci hanno contatto e abbiamo registrato una decina di nuovi ingressi.

 

A cosa attribuisce l’interesse?

Soprattutto alle peculiarità dell’aggregazione, che mette insieme la forza nel private banking e quella nell’economia reale, offrendo un modello unico per il mercato italiano, capace di servire il cliente tanto nei suoi bisogni di protezione e valorizzazione del patrimonio familiare, quanto relativamente alle esigenze delle imprese. È vero che alcuni grandi gruppi internazionali si pongono la medesima ambizione, ma trascurano il segmento delle piccole e medie imprese, che in Italia non sono solo numericamente dominanti, ma anche la spina dorsale del sistema economico. La Pmi italiana è sempre stata a contatto con il canale del credito più tradizionale ma il debito privato e l’equity privato consentono di allargare gli orizzonti e le opportunità per le Pmi e di agganciarle al patrimonio familiare, creando un circolo virtuoso tra l’economia reale e componente finanziaria.

In sintesi: le investment bank nazionali hanno sempre avuto un focus sulla grande impresa, il private ha sempre avuto un focus sui patrimoni imprenditoriali, mancava una realtà che rompesse gli schemi mettendo in dialogo la componente azienda con la componente privata del piccolo medio imprenditore.

 

 

Nel concreto quali sono le soluzioni che proponete all’imprenditore nella sua dimensione aziendale e nella sua dimensione privata?

Banca Finint opera sulle esigenze della piccola media impresa, a partire dalla gestione del debito, mini bond o basket bond per le Pmi, bond per le mid-cap, fino alle operazioni straordinarie o ordinarie di crescita sull’equity o all’approdo in borsa.  La piccola media impresa è l’altra faccia della medaglia del piccolo medio imprenditore, con il quale il gruppo ragiona anche del proprio patrimonio personale.  Per il cliente qualificato che si può permettere di investire direttamente in strumenti illiquidi, che collegano ad esempio finanza e impresa, possiamo offrire diversificazione di portafoglio e di rendimento grazie alle soluzioni di Finint Investments Sgr, che opera prevalentemente sui private markets, o grazie ai club deal, operazioni fatte congiuntamente dalla Banca con gruppi di due tre cinque imprenditori.

Per il cliente privato mettiamo a disposizione la consulenza evoluta che è il punto di forza storico di Finint Private Bank e permette anche di integrare soluzioni di frontiera (ad esempio 100mila euro su strumenti che replicano i private markets).

 

Ha citato i nuovi ingressi tra i professionisti. Continuerete a reclutare? Se sì, quali profili vi interessano.

Non abbiamo target numerici. Cerchiamo private banker che considerano la consulenza alla clientela come un pezzo importante della propria attività e sono interessati ad apprendere per crescere sempre di più. Pensiamo ad esempio alle opportunità di diversificazione del portafoglio offerte dalle asset class alternative, che in molti casi offrono prospettive interessanti nonostante le tante incognite che caratterizzano lo scenario macro. Il private banker che viene a lavorare con noi è una persona curiosa e competente, interessato a fornire un valore aggiunto al cliente che segue.

 

Vi rivolgete, quindi, a grandi portafoglisti e con una buona seniority?

Non soltanto. Siamo molto attenti anche ai giovani brillanti e con voglia di fare. Con loro vogliamo sviluppare il wealth management del futuro, prestando grande attenzione alle esigenze anche della clientela più giovane. Al di là delle competenze, sono importanti i valori. Il private banking è un business nel quale il rapporto personale risulta decisivo. Senza fiducia del cliente nel professionista non c’è continuità nella relazione.

 

Finora abbiamo parlato soprattutto di pb. Allarghiamo lo sguardo per delineare cos’è oggi Banca Finint a livello di gruppo.

E’ il punto di arrivo di quasi 40 anni di attività nel settore finanziario. Siamo una realtà che storicamente ha operato al fianco di soggetti istituzionali italiani e internazionali nei servizi di cartolarizzazione o al fianco delle piccole medie imprese – prevalentemente del nord est – nel corporate e investment banking o nella gestione di asset illiquidi grazie alla nostra Sgr.

Oggi la vocazione è di affiancare a queste aree storiche di eccellenza la capacità di diventare il faro, il punto di riferimento per i piccoli e medi imprenditori italiani. Questo perché nel Gruppo Banca Finint possono trovare competenza ed eccellenza al pari delle grandi investment bank ma l’attenzione e la cura al dettaglio che sono proprie di una realtà sartoriale come la nostra.

 

Finint è storicamente un gruppo radicato nel Nord-Est. È in quest’area che puntate a crescere?

L’acquisizione di Consulia ci consente di crescere anche a Nord-Ovest e l’obiettivo è accrescere la nostra forza in tutto il territorio nazionale. Nel Settentrione c’è una maggiore concentrazione di ricchezza privata, ma ad esempio siamo gestori di un basket bond in Campania e stiamo concorrendo per quello del Lazio. Si tratta di occasioni per entrare in contatto con imprenditori di quei territori, ai quali possiamo proporre anche servizi avanzati di gestione della ricchezza individuale e familiare.

 

Chiudiamo con qualche domanda su di lei: quali sono le sue passioni e in che modo incidono sul lavoro quotidiano?

Sono un grande appassionato di bici: ogni anno percorro circa 10mila chilometri all’anno, a bordo di una bici da corsa. È un hobby molto gettonato tra i professionisti della finanza, tanto che certi eventi sembrano happening della finanza. Penso ad esempio alla maratona delle Dolomiti. Non c’è un collegamento diretto tra questa attività e il mio lavoro: di certo c’è che la fatica fisica aiuta a lavorare meglio con la mente.

 

 

 

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