Credit Suisse, va in porto il rafforzamento patrimoniale

Adesso Credit Suisse può guardare al futuro con un po’ di serenità. Dopo mesi di fibrillazioni, il gruppo svizzero ha concluso con successo il rafforzamento patrimoniale da oltre 4 miliardi di euro, con le adesioni all’offerta che hanno raggiunto il 98,2%, riducendo così a un livello minimo l’impegno per le banche del consorzio di garanzia.

Ripercorrendo le tappe, il board della società ha deciso di suddividere l’aumento in due tranche per facilitarne il completamento. La prima da 1,78 miliardi di euro è stata riservata a investitori istituzionali e ha visto l’ingresso nell’azionariato della Saudi National Bank (9,9% del capitale). La seconda tranche da 2,27 miliardi invece si è chiusa l’8 dicembre con uno sconto del 32% rispetto al prezzo di riferimento.

Voci di mercato accreditano un peso crescente per gli investitori mediorientale. Oltre ai già citati sauditi, ci sono la Qatar Holding, che si sarebbe rafforzata rispetto al 5,03% già in pancia e l’asset manager Olayan Group (fin qui al 4,93%). Senza dimenticare che nei giorni scorsi è emersa la disponibilità del principe ereditario saudita e primo ministro, Mohammad bin Salman, a investire 500 milioni di dollari in First Boston, la banca di investimento di Credit Suisse recentemente rilanciata nell’ambito del processo di ristrutturazione. Tutti assieme avrebbero (sempre in attesa di conferme) quasi un terzo del capitale. Non è escluso che di pari passo sia sceso il peso della conglomerata cinese Hna, anche per ragioni di carattere geopolitico.

Con l’aumento di capitale, l’investment bank spera di essersi messa definitivamente alle spalle la crisi iniziata nel 2021 con gli scandali Greensill e Archegos Capital, che sono costati pesanti perdite. Un ulteriore colpo è arrivato con le dimissioni del presidente Antonio Horta-Osorio, chiamato a rilanciare la banca ma allontanato dal board per violazione delle regole sulla quarantena Covid. Quindi timone è passato a Axel Lehmann, ex presidente del comitato rischi, che insieme al ceo Ulrich Koerner si è trovato ad affrontare una pericolosa crisi finanziaria e reputazionale.

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