La dinasty dei Seragnoli

Stefano Fossati

E’ quasi una sorpresa, quando ci si imbatte nel nome di Isabella Seragnoli al ventunesimo posto della classifica di Forbes dei più ricchi d’Italia. Troppo lontana dai riflettori delle cronache, troppo restia a concedere interviste e a frequentare i salotti mondani rispetto ai “colleghi” Ferrero, Armani, Berlusconi o Elkann. Eppure l’imprenditrice bolognese, 77 anni il prossimo 23 dicembre, è la più importante erede di una dinastia industriale che ha segnato la storia felsinea di gran parte del Novecento, a capo di un gruppo, Coesia, che nel 2020 ha fatturato 1,7 miliardi di euro.

Passione per lo sport

Anche a Bologna, del resto, il Seragnoli più popolare è stato per anni il cugino Giorgio, “l’Emiro”, patron di quella Fortitudo che, fra gli anni Novanta e i primi Duemila, fu tra le protagoniste assolute del basket italiano. Per risalire alle origini della storia imprenditoriale dei Seragnoli, tuttavia, più che alla pallacanestro bisogna guardare a un altro sport popolarissimo in Emilia: il motociclismo. Era infatti il 1939 quando Enzo Seragnoli, padre di Isabella, rilevò la G.D., casa motociclistica bolognese con un palmares importante sui circuiti italiani ed europei. Fondata nel 1923 dall’ingegnere Guido Dall’Oglio e dall’avvocato Mario Ghilardi, fino al 1930 la G.D. aveva dominato gran parte delle gare alle quali prese parte grazie soprattutto a una 125 cc che, in pista, aveva pochi rivali. Negli anni Trenta i successi della G.D. si fecero più rari e l’azienda si trovò in difficoltà finanziarie. Fino all’acquisizione da parte di Seragnoli, che negli anni della Seconda guerra mondiale lasciò da parte i modelli sportivi e si concentrò su un più pratico motocarro, l’Ursus, e sulla fabbricazione di componenti per le mitragliatrici destinate all’esercito. Per poi rendersi conto, finita la guerra, che tornare alle motociclette sarebbe stato un azzardo: pochi erano i soldi nelle tasche degli italiani e troppe erano le aziende che cercavano di spartirsi il mercato. Di qui, la decisione di cambiare radicalmente rotta, favorita dall’ingresso nella società di Ariosto Seragnoli, cugino di Enzo, ingegnere dalla spiccata creatività con alle spalle un’esperienza nell’Acma (Azionaria Costruzioni Macchine Automatiche), azienda bolognese specializzata nella produzione di macchine automatiche per il packaging.

Evoluzione del Secondo dopoguerra

E’ così che, nel 1946, nello stabilimento G.D. prese il via la produzione di innovative macchine incartatrici destinate al settore dolciario e dei saponi. Proprio l’innovazione fu la chiave del successo del “nuovo corso” dell’azienda. Nelle cronache viene ricordata, ad esempio, una confezionatrice di caramelle lanciata a metà degli anni Cinquanta, che riuniva in un unico ciclo il singolo incarto e l’impacchettamento in stick. Ma a incrementare le fortune di G.D., nel decennio successivo, fu soprattutto l’ingresso nel settore del tabacco grazie a una rivoluzionaria cellofanatrice che divenne in poco tempo leader indiscusso del settore.

Quella cellofanatrice, la 4350, segnò l’avvio di un percorso che avrebbe portato l’impresa dei cugini Seragnoli ad affermarsi a tutto tondo nel mercato delle macchine per il confezionamento del tabacco, grazie anche a una lunga serie di acquisizioni avviata nel 1980 con la Cima e proseguita fino al 2017-2018 con Molins, Cerulean e Comas Tobacco Machinery. G.D. contribuirà in maniera decisiva alla nascita di quella che viene definita la “packaging valley”, quel distretto che si snoda lungo la via Emilia e che vede oggi fra i protagonisti anche la Ima di Alberto Vacchi. Amico, oltre che competitor, di Isabella Seragnoli.

Testimone all’amaro

Ancor prima dell’ingresso della seconda generazione, la liquidità disponibile in cassa portò il gruppo a espandersi anche al di fuori del mercato di riferimento, con investimenti nell’immobiliare e l’acquisizione di partecipazioni finanziarie (fra le più significative Generali, SanPaolo-Imi, 21 Investimenti), che negli anni Ottanta confluiranno nella holding di famiglia Csii (Compagnia Sviluppi Industriali e Immobiliari). Anche se l’ingresso nel settore alimentare sarebbe stato frutto più di uno sfizio che di una ponderata strategia di differenziazione. Come scrive Simone Filippetti nel suo libro “I signori del lusso”, infatti, Enzo Seragnoli nutriva poche passioni al di fuori del lavoro: fra queste c’era l’Amaro Montenegro prodotto dalla Cobianchi Stanislao, piccolissima distilleria bolognese nata nel 1885. Che l’imprenditore decise così di acquisire, ponendo la prima pietra – forse inconsapevolmente – di quella che sarebbe diventata una holding parallela a quella delle macchine per il tabacco.

Divergenze familiari

Dopo la morte di Enzo nel 1983 (a dieci anni dalla scomparsa del cugino Ariosto), fu la vedova Maria Teresa Chiantore ad assumere la presidenza di G.D. e CSII e a dare impulso al rilancio dell’amaro dal “sapore vero”, come recitava uno degli spot più noti dell’epoca. Negli anni successivi, nel “portafoglio alimentare” dei Seragnoli sarebbero entrati marchi come Vecchia Romagna (acquistata dal colosso britannico Diageo), Bonomelli, Cannamela, Tè Infrè, polenta Valsugana, Pizza Catarì. Alla morte di Maria Teresa, nel 1991, a ereditare un gruppo che fatturava quasi 500 miliardi di lire furono Isabella e Simonetta, figlie di Enzo, e Daniela e Giorgio, nati da Ariosto. Dieci anni dopo il fatturato era cresciuto a 1.250 miliardi di lire, con 3600 dipendenti in 13 Paesi, ma da qualche tempo i cugini avevano iniziato a esprimere idee diverse sul futuro del gruppo. Fino all’accordo che sancì, nel 2001, il divorzio all’interno della dinastia e dal quale scaturirono gli attuali assetti familiari.

Protagonista fu proprio Isabella, che conquistò il 100% di Csii, controllante di G.D., rilevando il 37,5% dalla sorella in cambio del 50% del gruppo Montenegro e di un significativo conguaglio in denaro, liquidando inoltre (per una cifra – dicono fonti ufficiose – vicina ai 125 miliardi) i cugini Giorgio e Daniela che detenevano il 12,5% ciascuno del capitale. Nel 2005 CSII diventò l’attuale Coesia, completando la trasformazione in gruppo manageriale: dopo essersi “fatta le ossa” nell’azienda di famiglia, in cui era entrata giovanissima dopo la maturità classica, Isabella Seragnoli decise di mantenere la presidenza affidando la gestione al top management. E di dedicare la maggior parte delle proprie energie alle iniziative filantropiche e sociali avviate da Enzo Seragnoli sin dalla fine degli anni Settanta, quando, a seguito della prematura scomparsa del figlio Lorenzo per una leucemia acuta, iniziò a sostenere diverse attività socio-sanitarie e medico-scientifiche. Per coordinarle venne costituita nel 2003 la Fondazione Isabella Seragnoli, promotrice negli anni successivi di progetti che vanno dagli hospice per malati non guaribili (a Bellaria, Bentivoglio e Casalecchio) con l’Accademia delle scienze di medicina palliativa, a Gruber Onlus per la cura dei disturbi del comportamento alimentare. Oltre al supporto all’istituto di Ematologia medica “Lorenzo e Ariosto Seragnoli” del Policlinico San’Orsola. Isabella ha inoltre dato vita alla fondazione Mast, che nel 2013 ha realizzato a Bologna l’omonimo centro polifunzionale e spazio espositivo (l’acronimo sta per Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia).

Il resto della famiglia

Come detto, dopo la separazione siglata nel 2001 Simonetta Seragnoli, sorella minore di Isabella, è alla guida di Montenegro Holding, cresciuto fino a raggiungere nel 2021 i 280 milioni di euro di fatturato e 370 dipendenti distribuiti fra cinque stabilimenti in Italia. E proprio da qui inizia ad affacciarsi la terza generazione della dinastia: Leonardo Emiliano Guerra Seragnoli e Lorenza Guerra Seragnoli, figli di Simonetta, siedono infatti nel Cda di Montenegro ma anche in quello di Coesia, preparandosi quindi alla successione della zia Isabella, che di figli non ne ha.

Giorgio Seragnoli, che già prima dell’uscita dalla holding di famiglia aveva accumulato diverse partecipazioni (Ducati Moto, poi ceduta nel 2008, InvestIndustrial, Cotonificio Olcese, Snia, Best Union) ha legato il suo nome in particolare al periodo d’oro della Fortitudo Basket Bologna, che sotto la sua proprietà conquistò due scudetti nel 2000 e nel 2005.

Già, la Fortitudo. Una passione di famiglia, evidentemente: nel 2020 Lorenza Guerra Seragnoli – che è fra l’altro fondatrice e presidente dell’agenzia di marketing e comunicazione sportiva LGS SportLab – ha sposato il capitano della formazione, Stefano Mancinelli.

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