Credit Suisse, caso Greensill: nuove richieste dalla FINMA

Credit Suisse nel “caso Greensill” è venuto gravemente meno ai propri obblighi in materia di gestione dei rischi. È quanto ha constatato la FINMA (l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari) che ha annunciato la chiusura della procedura sull’operato della seconda banca svizzera, come riportato dal sito web della Rsi.

Nel dettaglio la FINMA sostiene i provvedimenti interni che l’istituto elvetico ha già adottato, ma impone delle nuove misure correttive: in futuro la direzione del Credit Suisse dovrà analizzare regolarmente le sue 500 relazioni d’affari più importanti e dovrà riportare in un documento le responsabilità rispettive dei suoi 600 collaboratori di più alto livello.

Nei confronti di quattro ex manager sono poii state avviate delle cosiddette procedure di “enforcement” volte a chiarirne le responsabilità individuali. Le loro identità non sono però state comunicate. Se queste colpe verranno accertate, nei confronti degli interessati potrà essere pronunciato un divieto di occupare ruoli dirigenziali in istituti soggetti alla sorveglianza, per un massimo di cinque anni. Dal 2014 la FINMA ha già fatto uso di questo strumento una sessantina di volte.

Il caso Greensill

La vicenda era scoppiata nel marzo del 2021, con il fallimento della società legata al finanziere Lex Greensill, alla quale erano legati quattro fondi che il Credit Suisse aveva pubblicizzato fra i suoi clienti giudicandoli a basso rischio e che a quel punto vennero chiusi senza preavviso. I clienti vi avevano investito dal 2017 in tutto 10 miliardi di dollari. L’inchiesta della FINMA ha mostrato che la banca non aveva sufficienti informazioni e controllo su questo denaro, che Greensill ha usato in modo sempre più rischioso. I pericoli, malgrado ripetute segnalazioni interne ed esterne, non vennero gestiti e analizzati nel modo dovuto. Stando all’ultimo aggiornamento fornito dalla banca stessa, Credit Suisse ha già rimborsato quasi 7 miliardi ai propri investitori, una cifra che – insieme a quella persa nel caso Archegos – ha pesato fortemente sui conti del 2021 e 2022 chiusi in forte perdita.

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