Succesione, il ruolo del patto di famiglia

di Beatrice Molteni* *Associate studio legale Loconte

 

Il patto di famiglia è uno strumento giuridico introdotto dal legislatore con la Legge 14 febbraio 2006, n. 55, per soddisfare l’esigenza, sollevata dall’Unione Europea, di adottare le misure più adeguate, a completamento del quadro giuridico, fiscale e amministrativo di ciascuno Stato membro, volte a facilitare la successione delle imprese familiari.

 

Scelta consapevole

Lo scopo, come da espressa raccomandazione della Commissione europea, è di sensibilizzare l’imprenditore ai problemi della successione e indurlo a preparare tale operazione finché è ancora in vita, di creare un contesto finanziario favorevole al buon esito della successione, di consentire all’imprenditore di preparare efficacemente la sua successione mettendo a sua disposizione gli strumenti adeguati e di assicurare il buon esito della successione familiare evitando che le imposte sulla successione ereditaria e sulla donazione mettano in pericolo la sopravvivenza dell’impresa.

Tanto premesso, l’art. 768-bis c.c. definisce quale patto di famiglia il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.

 

I vantaggi fiscali

Dal punto di vista fiscale, è possibile godere di un’importante esenzione dall’imposta di donazione, così come previsto dall’art. 3, comma 4-ter, D. Lgs. n. 346/1990.

In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lettera a), D.P.R. n. 917/1986 (S.p.A., S.a.p.a., S.r.l., società cooperative, società europee, residenti nel territorio dello Stato, società di mutua assicurazione) il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo, che si realizza quando un soggetto dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di una società. Tale requisito non è necessario in caso di trasmissione di partecipazioni in società di persone.

Inoltre, per beneficiare dell’agevolazione è, altresì, necessario che gli assegnatari proseguano effettivamente l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano effettivamente il controllo della società per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione o alla stipula del patto di famiglia, apposita dichiarazione in tal senso.

La ratio legis sottesa alla norma è la neutralizzazione fiscale del passaggio generazionale di ogni realtà od organismo imprenditoriale per preservarne efficienza, funzionalità ed unitarietà.

 

Normativa da chiarire

Tuttavia, l’interpretazione di alcune previsioni, relative alla disciplina civilistica e alla disciplina fiscale del patto di famiglia, resta, ad oggi, ancora dibattuta. Si pensi, ad esempio, alle ipotesi di trasferimento, mediante la stipula di un patto di famiglia, di partecipazioni in società non residenti nel territorio dello Stato italiano.

Sul punto, lo Studio n. 17/2020/T del Consiglio Nazionale del Notariato ha fornito alcuni chiarimenti per individuare quali siano le condizioni necessarie ai fini del riconoscimento del regime fiscale di cui all’art. 3, comma 4-ter, D. Lgs. n. 346/1990.

In particolare, nel 2011 la Direzione Regionale della Lombardia, nella risposta (prot. n. 904-86017/2011) all’istanza di consulenza giuridica n. 904-3/2011 avanzata dall’Associazione Italiana dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Voghera, ha affermato che il trasferimento a titolo gratuito può riguardare anche partecipazioni (di controllo) in società di capitali estere, residenti in uno Stato membro dell’Ue o extra-Ue, ma solo al ricorrere delle medesime condizioni dettate dal legislatore nazionale con riferimento alle partecipazioni in società residenti in Italia, così da evitare una ingiustificata disparità di trattamento.

 

La verifica dell’esenzione

Inoltre, ulteriori dubbi interpretativi nascono, nel silenzio del legislatore, anche con riferimento alla tipologia di attività svolta dalla società (sia essa residente in Italia o residente all’estero) le cui partecipazioni vengono trasferite mediante la stipula di un patto di famiglia ex art. 768 bis c.c..

Si pensi, ad esempio, al trasferimento di partecipazioni di controllo in società che svolgono la funzione di holding.

In primo luogo, è da escludere che la verifica delle condizioni per l’applicazione dell’esenzione dall’imposta in commento debba essere effettuata al livello delle società operative ed è, quindi, da rigettare, quale principio di carattere generale, la diversa, e inaspettata, interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 552/2021.

In secondo luogo, è da riconoscere che l’attività tipica delle società holding familiari di partecipazione pura si può qualificare quale attività d’impresa quando la stessa non si limita a una mera detenzione passiva delle partecipazioni, ma, al contrario, si sostanzia in una gestione attiva della società, producendo nuova ricchezza e utilità ulteriori rispetto a quelle che deriverebbero dalla detenzione delle partecipazioni.

 

L’interpretazione prevalente

Tanto premesso, si deve ritenere applicabile l’esenzione di cui all’art. 3, comma 4-ter, D. Lgs. n. 346/1990 anche ai trasferimenti che abbiano a oggetto le partecipazioni di società holding familiari, se soddisfatti i requisiti richiesti dalla norma poiché, se così non fosse, il ruolo della holding nell’ambito degli assetti riorganizzativi familiari perderebbe ampiamente di rilevanza e di incentivo alla sua utilizzazione, anche nell’ottica della pianificazione patrimoniale e dei passaggi generazionali.

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