Banor, rotta capitale

Luigi dell’Olio

 

Dopo Milano, Torino, Londra e Monte-Carlo, Banor ha aperto a Roma. Una scelta in linea con il percorso di rafforzamento e di presidio del territorio da tempo intrapreso dal gruppo fondato e guidato da Massimo Cagliero. Con lui abbiamo fatto il punto dell’evoluzioni che stanno interessando il mercato del wealth management e le scelte conseguenti della società.

 

Come nasce l’idea di aprire a Roma?

Abbiamo deciso di essere ancora più vicini alla nostra clientela presente nella capitale offrendo non solo la filosofia di gestione “value”, che ha avuto rendimenti eccellenti in modo consistente negli anni, ma anche l’accesso ai maggiori gestori di private equity a livello mondiale. Abbiamo fatto valutazioni attente e ponderate che ci hanno confermato l’opportunità di replicare il successo che abbiamo avuto nei nostri uffici di Milano, Torino, Londra e Montecarlo. Il nostro approccio è, infatti, sempre stato bottom up e abbiamo aperto nuove sedi quando è stato utile per i nostri clienti. La crescita degli asset e dei clienti e l’ingresso di nuovi professionisti basati a proprio a Roma hanno dunque creato le giuste premesse per aprire un nuovo ufficio e puntare a crescere ulteriormente in questa piazza così importante. Fabio Vendetti, Lorenzo del Gallo e Simone Brugnoni saranno il punto di riferimento a Roma. Si sono uniti al team di Banor tra le fine del 2021 e l’inizio del 2022 e, da oltre venti anni, seguono, affiancano e supportano famiglie e clienti Hnwi nella capitale.

 

Su quale tipologia di clientela puntate?

Con il nuovo ufficio di Foro Traiano intendiamo ampliare l’offerta di servizi di private banking, wealth management e asset management. Vogliamo essere sempre più vicini ai nostri clienti, in particolare a quelli della struttura di private banking ed alle famiglie che da anni hanno scelto di essere supportate dal nostro family office per il mercato romano e, più in generale, per tutto il Centro e Sud Italia. Ma, essere presenti a Roma, assume un significato importante anche nella relazione con la nostra clientela istituzionale. Potremo, infatti, consolidare il nostro ruolo di partner nei confronti di molti investitori istituzionali italiani. È con questa consapevolezza che saremo naturalmente pronti a cogliere la domanda di nuovi clienti in un mercato in costante evoluzione.

 

Quali sono i numeri di Banor nel private banking e quali i progetti di crescita?

In oltre vent’anni di attività la nostra struttura è cresciuta fino a superare la soglia degli 11 miliardi di euro di Aui (Asset under influence). Oggi possiamo contare su oltre 150 professionisti che ci permettono di seguire e supportare i nostri clienti nelle loro diverse esigenze patrimoniali. Siamo diventati un punto di riferimento per investitori istituzionali, privati e famiglie imprenditoriali.

Per quanto riguarda i nostri progetti di crescita, voglio ribadire che le priorità non saranno rappresentate da nuovi obiettivi di raccolta o di asset management, bensì dall’ulteriore miglioramento e ampliamento dei servizi offerti alla nostra clientela. Con particolare attenzione all’innovazione di processo e di prodotto.

 

Qual è la vostra view relativamente alle varie asset class e aree geografiche per il 2023?

Riteniamo che il 2023 sarà un anno caratterizzato da una recessione e, in generale, da un rallentamento del prodotto interno lordo mondiale. L’inflazione, invece, dovrebbe diminuire sia in America (4%), che in Europa (5%). Tra le variabili che dobbiamo considerare ci sono poi gli incrementi dei costi dell’energia e del lavoro e l’aumento dei tassi. Per quanto riguarda il settore obbligazionario, dopo molti anni in cui non era consigliato investire, abbiamo una view positiva grazie ai rendimenti positivi, soprattutto in termini reali. Guardiamo in particolare l’area corporate, puntando sui titoli ad alto rating ed a duration medio-lunga che offrono ancora oggi rendimenti a scadenza elevati.

Nel comparto azionario prevediamo una prima parte dell’anno molto volatile con forte rischio di revisione al ribasso degli utili, pressioni sui margini e fatturati che difficilmente riusciranno a crescere. Da questo punto di vista riteniamo che le Borse europee ed asiatiche possano rappresentare le opportunità più interessanti. Il valore delle materie prime, invece, dovrebbe tendere a scendere a causa della crescita debole del prodotto interno lordo e di un conseguente calo della domanda. Dobbiamo però considerare il tema della transizione energetica che nel prossimo decennio porterà enormi investimenti rilanciando dunque la domanda di materie prime. In particolare, abbiamo una view positiva su rame, nickel, petrolio e uranio. L’oro e l’argento continueranno a rappresentare una buona protezione sia rispetto al rischio geopolitico che alla difesa del potere d’acquisto. Tra le valute pensiamo che il periodo di sovraperfermance del dollaro americano sia terminato e quindi favoriamo l’euro e le valute emergenti nei confronti del “green buck” americano.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!

Tag: