Perchè i dati fanno la differenza nell’industria del private banking

Angelo Deiana

 

Nel mondo bancario e finanziario corre rapidissima l’era della grande trasformazione. Una specie di “età di mezzo” in cui non bisogna dimenticare che, tra gli aspetti più complessi della fase attuale di data driven economy, il vero tema centrale rimane quello del governo dei dati, il vero oro del futuro. Perché la domanda successiva è: chi governa veramente questi dati in un sistema sempre più decentralizzato?

 

Vantaggi della trasparenza

D’altra parte, un rapporto equo tra mercato, innovazione e impatti della regolamentazione si muove su crinali di equilibri difficile da perseguire e raggiungere. Una maggiore trasparenza sui mercati online, ad esempio, può generare effetti sia positivi che negativi:

 

  • da un lato, infatti, permette ai consumatori di conoscere con più facilità le caratteristiche e i prezzi dei servizi offerti sulle piattaforme, comparandoli in modo più agevole;
  • dall’altro lato, però, la maggiore trasparenza favorisce lo scambio di informazioni tra imprese concorrenti che possono favorire accordi collusivi taciti sui prezzi perché la maggiore trasparenza provoca l’effetto di indurre banche e imprese ad un allineamento dei prezzi verso l’alto a discapito del consumatore. Si pensi, ad esempio, al prezzo dei voli da acquistare online o ai costi dei conti correnti digitali in questa fase di alta inflazione.

 

Le questioni legate alla privacy

Senza dimenticare che, oltre ai problemi riguardanti la tutela della privacy e quelli relativi all’antitrust, vi sono anche altri rischi, legati alla tecnologia dei Big Data. Il Financial Stability Board ha messo in evidenza la complessità e l’opacità dei sistemi di Big Data Analysis e che le analisi, a causa di dati errati o di procedure sbagliate di estrazione e profilazione, possono portare a risultati scorretti e, talvolta, anche discriminatori.

Ad esempio, la profilazione degli utenti e la loro maggiore segmentazione granulare può condurre, soprattutto nel settore bancario e assicurativo, all’individuazione di una serie di cluster di clienti indesiderabili (i cosiddetti “unbankable”), determinandone la loro esclusione da determinati prodotti e servizi.

 

 

Nuove strategie per il nuovo mondo

E questo anche perché molti “incumbent”, i grandi soggetti del settore bancario e finanziario tendono ancora a uso tradizionale dei dati. Una resistenza dovuta sia alla grande mole di informazioni che essi già detengono rispetto ai nuovi operatori, sia alle incertezze sul piano normativo, soprattutto riguardo il tema evolutivo della tutela dei dati personali.

Lo scenario è comunque chiaro: l’uso dei Big Data è in continua crescita, per cui sarà necessario un intervento del regolatore finalizzato a rendere note le modalità di funzionamento degli algoritmi per meglio adattarli ai meccanismi di controllo e agli standard legali e normativi. Una sola conclusione che vogliamo ribadire ancora una volta: è arrivata l’era delle due diligence sugli algoritmi.

 

Il futuro delle valute

Un problema che si devono porre anche le grandi banche centrali nel corrente processo di sviluppo delle CBDC’s (Central Bank Digital Currencies). Anche l’euro o il dollaro digitale, infatti, pongono temi innovativi in termini di privacy perché, per quanto pseudoanonimizzati, sono in realtà sempre tracciabili e, dunque, in grado di raccogliere informazioni invasive su tutte le persone, favorendo una forte deriva verso il “capitalismo di sorveglianza”.

Un motivo in più per approfondire un futuro che ha ancora molti territori inesplorati da comprendere e regolamentare sul piano finanziario e della data driven economy.

 

 

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