Deutsche Bank: “Le nostre strategie per crescere nel private banking”

Presidiare più da vicino la fascia di mercato composta da chi ha patrimoni liquidi compresi tra 500mila e 2 milioni di euro. E’ l’obiettivo che ha spinto

Deutsche Bank a ricostituire la business unit di private banking, a presidio di una fascia di investitori dal grande potenziale di sviluppo. La nuova struttura è caratterizzata da un modello di servizio a tutto tondo basato su un presidio territoriale dedicato, che integra la gestione del patrimonio individuale con le soluzioni aziendali, in coerenza con il profilo del cliente imprenditore o professionista. A guidare il pb è Valeria Altomare, 36 anni, già da tempo all’interno della società tedesca.

 

Come nasce l’idea di tornare a una struttura dedicata alla clientela upper affluent e alla prima fascia del private?

Riteniamo che in questo modo si possa seguire più da vicino una fascia di risparmiatori/investitori molto consistente in Italia, che chiede soluzioni dedicate e vicinanza sul territorio. Esigenze alle quali rispondiamo anche grazie alle sinergie con la nostra commercial bank e alla struttura di filiali e private banker, presenti in tutte le regioni italiane.

 

Quali sono i numeri di partenza della business unit?

Abbiamo quattordici sedi, a Genova, Torino, Milano, Lecco, Bergamo, Brescia, Padova, Firenze, Bologna, Roma, Bari e Napoli (ne mancano due), e 80 banker. Nel medio termine, l’obiettivo è di raddoppiare questi numeri.

 

Aprirete nuove sedi?

Sì, guardiamo con interesse ad aree come la provincia di Venezia, la regione Emilia-Romagna e la parte Est della Lombardia.

 

Mentre sul fronte dei professionisti quali sono i profili ricercati?

Non abbiamo particolari preclusioni legate all’età, anzi guardiamo con interesse ai giovani di talento, da far crescere accanto ai nostri professionisti senior e grazie a programmi di formazione ad hoc. È importante però che si tratti di persone con un buon radicamento nei rispettivi territori. È anche importante che abbiano voglia di lavorare in team e per obiettivi.

Siamo consapevoli di non essere gli unici a cercare professionisti con queste caratteristiche, ma sappiamo anche di poter offrire la solidità di un grande gruppo europeo, caratterizzato da una ricerca globale e integrata, che ha l’Italia come secondo mercato domestico (conta più di Asia e America a livello di gruppo, ndr) e percorsi di crescita importanti. Siamo stati il primo gruppo estero a lanciare un servizio di private banking nel mercato italiano (nel lontano …., ndr) e questo ci ha consentito di acquisire negli anni una grande conoscenza dei bisogni della clientela del nostro Paese. Non offriamo solo soluzioni d’investimento, ma un servizio olistico che abbraccia tutte le necessità di tutela e valorizzazione del patrimoniale personale e familiare.

 

Si riferisce al cosiddetto wealth planning?

Sì, offriamo un servizio di protezione e valorizzazione del patrimonio tagliato sulle esigenze del singolo cliente e della sua famiglia, guardando al suo patrimonio a tutto tondo, comprese le esigenze/aspirazioni riguardanti l’impresa. E non trascuriamo le eventuali passioni, ad esempio per l’arte e il collezionismo.

 

Nel settore del risparmio gestito potrebbe presto aprirsi una nuova finestra di aggregazioni. Siete interessati a eventuali acquisizioni?

In linea di massima proseguiremo sulla strada seguita fin qui, fatta di crescita interna e acquisizioni solo di portafogli. Poi, come dichiarato da Claudio de Sanctis, ceo Emea e Global Head of International Private Bank del nostro gruppo (area che serve circa 3,4 milioni di clienti tra privati e Pmi in Italia, Spagna, Belgio e India, ndr), non escludiamo eventuali operazioni straordinarie, ma a una condizione: che rispondano al nostro business model. Per questo abbiamo ceduto Deutsche Bank Financial Advisors a Zurich: per concentrarci sulla nostra strategia.

 

 

L’Unione europea spinge per l’abolizione delle retrocessioni ai consulenti da parte delle fabbriche prodotto, con un approccio che punta a lasciare come unica forma di retribuzione per la categoria il fee only. È una prospettiva che vi preoccupa?

No. Da tempo abbiamo adottato un sistema di offerta ad architettura aperta e nel tempo abbiamo rafforzato il filone delle gestioni patrimoniali, che tra l’altro da quattro anni ottiene la valutazione massima dall’Istituto Tedesco di Qualità e Finanza. In questo segmento di clientela è percepito ampiamente il valore della consulenza e c’è una buona predisposizione a retribuire la professionalità. Dunque la prospettiva non ci preoccupa, anzi potrebbe essere un’opportunità per far emergere la qualità nel mercato.

 

A livello di prodotti, quali sono i trend emergenti?

La crescita degli alternativi, che dura già da qualche tempo, a nostro avviso è destinata a durare perché non è legata solo a fasi difficili per le principali asset class, ma alla necessità da parte della clientela con patrimoni articolati e di una certa consistenza di diversificare il portafoglio, anche in ottica di orizzonte temporale. Le esperienze che tutti noi abbiamo fatto negli ultimi anni, che hanno creato un clima di diffusa incertezza, spingono poi la domanda di prodotti di protezione e in questo campo siamo attivi con la partner bancassicurativa siglata a livello di gruppo con Zurich.

Una forma di investimento in forte crescita sono i club deal: forti di un network di clienti consolidato e in costante crescita, chiamiamo a raccolta i capitali quando intravvediamo opportunità di investimento interessanti al di fuori dei mercato quotati.

Infine vorrei fare un cenno ai nuovi temi di investimento: il nostro team di ricerca ha sviluppato una competenza specialistica nel campo della blue economy, che non coinvolge solo le soluzioni d’investimento, ma anche la fondazione.

 

Di cosa si tratta?

La Fondazione Deutsche Bank Italia è nata con l’obiettivo di creare una realtà che possa raccogliere e portare avanti tutti i progetti di responsabilità sociale e dare ancora di più alla comunità in cui viviamo. Si tratta di iniziative che realizziamo secondo i principi della responsabilità sociale del fare impresa, ma spesso anche affiancando l’orientamento filantropico dei nostri clienti.

Cito qualche esempio: “How We Live” è l’insieme di progetti che vogliono proteggere, ripristinare ed educare al rispetto dell’ambiente, focalizzati su 3 diverse aree tematiche: oceani e coste, boschi e foreste, ambiente urbano. Cambiare il modo in cui viviamo ci impone di cambiare il modo in cui pensiamo, quindi facciamo anche educazione sulle questioni ambientali. Questa conoscenza avvantaggia le comunità attraverso la creazione di posti di lavoro e il sostegno alle imprese legate all’ambiente. Vogliamo motivare la prossima generazione non solo a prendersi cura della natura, ma anche a contribuire alla costruzione di una società più rispettosa del clima. Con “Made for Good”, invece, forniamo supporto a progetti e a piccole imprese, enti e startup che creano valore sociale, fornendo loro strumenti importanti per crescere, a partire dall’opportunità di ampliare il proprio network. Lo facciamo nella consapevolezza che non è sufficiente avere buone idee per emergere, dato che l’80% delle startup non sopravvive oltre i 18 mesi.

 

Chiudiamo con qualche domanda personale. Probabilmente lei è la più giovane top manager del settore in Italia ed è donna: sono due fattori in qualche modo penalizzanti?

Non ho mai percepito discriminazioni di genere nel mio percorso professionale, anzi Deutsche Bank mi ha promosso manager quando era incinta. Quanto all’età, penso sia un valore per tutto il gruppo in quanto porta freschezza, ma personalmente sono consapevole di poter apprendere da chi ha più esperienza. Per questo il mio stile di leadership è orientato all’ascolto e alla condivisione, ma soprattutto improntato sull’esempio. Non credo si possa chiedere a colleghi e collaboratori se non ci si rimbocca le maniche in prima persona.

 

Ora che le responsabilità lavorative sono cresciute, riesce ancora a ritagliarsi del tempo per sé? Ha qualche hobby?

Faccio una premessa: se una cosa appassiona davvero, il tempo lo si trova sempre. Sin da piccola ho sempre praticato danza classica e continuo anche oggi. In particolare insegno all’Aida, la scuola di formazione professionale per danzatori della Scala. Mi aiuta a staccare dagli impegni del lavoro quotidiano e al tempo stesso è un’attività che richiede molta disciplina. Caratteristiche che si ritrovano anche nelle altre due mie passioni, il nuoto e il clarinetto.

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