Private banking: la sfida del capitale umano

 

Siamo a un punto di svolta. Per comprendere come sviluppare il capitale umano nelle banche private (ma non solo), bisogna comunque essere consapevoli dei numeri globali complessivi del sistema bancario e finanziario italiano.

 

Taglio della forza lavoro

Partiamo dal passato. Nel 2000 i dipendenti degli istituti di credito operanti in Italia erano circa 350 mila ma, nel giro di poco più di 20 anni, sono diminuiti del 20% circa (oltre 70 mila posti persi) e le previsioni a breve non sono incoraggianti. Contestualmente, si è realizzata anche una drastica riduzione delle filiali e degli sportelli che, solo nell’ultimo decennio hanno a loro volta subito un analogo calo pari al 20%.

 

Queste dinamiche seguono da vicino quello che sta succedendo in Europa dove, pur con alcune differenze a livello nazionale, il settore bancario ha sperimentato una profonda riorganizzazione finalizzata al consolidamento della rete di filiali delle banche, con una riduzione media di addetti pari al 15% circa, comunque inferiore del 25% rispetto alla nostra.

 

Le ricadute della digitalizzazione

Ovviamente, non tutti questi cambiamenti sono direttamente legati all’evoluzione dell’automazione e della digitalizzazione dei processi, ma questi macrotrend hanno comunque fortemente contribuito a ridisegnare i perimetri di operatività delle banche, i servizi offerti e la professionalità degli addetti del settore.

 

Il processo di digitalizzazione aumenta la domanda di competenze digitali, creando nuove professionalità a fianco di quelle più tradizionali, mentre quest’ultime vengono svolte con modalità fortemente innovative. Se una volta le principali funzioni della banca erano facilmente riassumibili in una decina di profili professionali (cassa, concessione di prestiti e fidi, bilancio), oggi molte delle competenze presenti in banca sono trasversali a molti altri settori.

 

Altre, invece, sono estremamente specialistiche e concentrate in funzioni che, fino a pochi anni fa, non esistevano neppure. Il capitale umano diventa quindi la dimensione chiave per la corretta implementazione e per la diffusione delle nuove tecnologie nelle banche, mentre nella fase di transizione in cui ci troviamo si rivela strategico il processo di riqualificazione delle competenze digitali degli addetti.

 

La sfida del reskilling

Fondamentali, per rendere sostenibili questi processi di riconversione dei lavoratori più senior, saranno gli investimenti in formazione e di reverse mentoring anche per supportare i processi di reskilling rispetto al mondo dei social network e della platform economy. E questo perché, in questi ambiti, non solo la diffusione delle notizie è immediata ma, spesso, le news sono condivise ancor prima che lo facciano le agenzie ufficiali. E c’è di più: la novità più importante è che le notizie non sono apprese “passivamente” ma sono commentate da tutti. In tal modo, gli investitori generano un “consensus” sulla notizia stessa.

 

In questo contesto, è chiaro che la sfida si giocherà sul tema delle competenze. Soprattutto per le banche generaliste più tradizionali e di dimensioni inferiori saranno necessari importanti investimenti sulle risorse umane per colmare il gap di competenze specialistiche. Competenze che, per essere veramente competitive, non dovranno più essere solamente legate all’ambito finanziario, ma dovranno necessariamente integrare elementi digitali e di gestione social.

Hard e soft skills che saranno fondamentali in tutti i segmenti del sistema bancario e finanziario.

 

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