Genève Invest punta a crescere in Italia

Crede nell’Italia e per questo ha aperto una branch a Milano. Stiamo parlando di Genève Invest, società di gestione patrimoniale fondata 20 anni fa a Ginevra, che oggi ha sede in Lussemburgo e una presenza in diversi paesi europei.  Blurating.com ha intervistato Omar Liverani, head of Italian Branch di Genève Invest (nella foto).

 Perché avete deciso di aprire una sede a Milano nel 2022? 

 L’obiettivo specifico che Genève Invest vuole perseguire con la presenza diretta in Italia, ed in particolare mediante l’apertura di un ufficio a Milano, il polo finanziario italiano per eccellenza, è quello di instaurare un contatto ancora più stretto con i suoi clienti. L’esempio concreto di un cammino di crescita aziendale che mette al centro della gestione patrimoniale, costruzione personalizzata dei portafogli di investimento e relazione diretta e costante fra gestore e cliente.

 Quali sono gli obiettivi strategici per il mercato italiano? 

Essere fisicamente presenti sul territorio italiano significa garantire ancora più attenzione ad un paese nel quale siamo già attivi dal 2012 e in cui è stato registrato, negli anni, un importante successo. Il numero di clienti italiani di Genève Invest è infatti consistente ed in progressivo aumento. Crediamo che l’indipendenza e la trasparenza del servizio fornito siano stati e continueranno ad essere i principali driver dell’ampliamento dei numeri della nostra clientela. Puntiamo alla crescita degli asset under management (Aum) ed a una  gestione ottimale degli investimenti. Questi obiettivi ci permetteranno di migliorare l’efficienza operativa tout-court e di razionalizzare i costi sia interni che per i clienti. Viviamo in un paese che vanta un patrimonio privato tra i più alti al mondo (circa 1.300 miliardi di euro), capitali lasciati in gran parte parcheggiati sui conti correnti che in questo momento vengono silentemente erosi dalla “tassa occulta per eccellenza” l’inflazione. Pensiamo che questa sia un’enorme opportunità per espandere il nostro business ed al contempo aiutare i potenziali clienti ad uscire da questa impasse e falso mito che tenere i propri capitali liquidi sia più sicuro che investirli. Riteniamo che la nostra expertise in campo obbligazionario societario possa adattarsi perfettamente alle esigenze della clientela italiana che tradizionalmente risulta avversa al rischio, parsimoniosa e orientata più alla generazione di flussi di cassa che sull’esclusivo incremento del proprio patrimonio.

Come si compone la vostra struttura e il vostro team? e quali sono i tratti distintivi della vostra offerta? 

 Genève Invest è una società composta da 25 persone suddivise nei 4 uffici dislocati in Europa; il team italiano in particolare è formato da 4 membri che vengono costantemente supportati dal managing director – Italian Desk, Gianmaria Panini. Genève Invest è una società fatta di persone, per le persone, che condividono i valori di indipendenza e trasparenza, di cui l’azienda si fa portatrice nel panorama della gestione patrimoniale. Ci prefiggiamo il primario obiettivo di essere remunerati per la creazione di un progetto di investimento unico, redditizio, modellato ad hoc sulle esigenze del cliente, ribaltando così il meccanismo della proposta bancaria, dove la remunerazione percepita proviene da chi emette il prodotto. Lavoriamo, dunque senza alcun tipo di conflitto di interesse, cercando di costruire un portafoglio che sia in linea con le specifiche esigenze del cliente. La società incarna la passione per gli investimenti e la finanza del suo fondatore, Helge Muller, che ha impostato la gestione focalizzandosi principalmente su due aree, le obbligazioni High Yield e il Value Investing. Seguendo questi principi, il nostro servizio di consulenza si basa sulla composizione di un portafoglio diversificato composto da singoli strumenti azionari e obbligazionari. Genève Invest si avvale della sua expertise nel comparto a reddito fisso per selezionare obbligazioni societarie con solidi fondamentali, al fine di cercare opportunità con un rapporto rischio/rendimento interessante. Ci distinguiamo infatti per un’offerta caratterizzata da una totale autonomia in ambito di analisi finanziaria, con performance di grande rilievo già nel medio periodo. Adottiamo un approccio che permette di individuare potenziali rischi non valutati dalle analisi di portafoglio tradizionali e di studiare in dettaglio aree di miglioramento, costi, esposizione e alternative di diversificazione.

 

Quale scenario sui mercati finanziari devono aspettarsi gli investitori da qui a fine anno? 

 Nei prossimi mesi assisteremo ad alcuni alti e bassi ma non sarà un giro sulle montagne russe come quello dell’anno scorso. I tassi di interesse non continueranno a salire all’infinito e l’inflazione rimarrà più alta di quella a cui eravamo abituati negli anni precedenti la pandemia di Covid-19. Nel complesso, si tratta di buone notizie. Lato azionario, continuiamo a preferire le società con un elevato potere di determinazione dei prezzi. Soprattutto in un periodo in cui l’inflazione rimane la nostra scomoda compagna, queste società offrono una buona protezione contro la perdita di potere d’acquisto. Monitoriamo anche il trend secolare dell’intelligenza artificiale perché riteniamo che ci siano aziende che beneficeranno di questa nuova tecnologia rivoluzionaria, che al momento non sono ancora valutate in modo equo. “Il livello dei tassi d’interesse è più interessante che mai. Vogliamo sfruttare questa opportunità storica per investire in obbligazioni con le quali possiamo assicurarci un elevato rendimento cedolare per gli anni a venire”, così recita il nostro Outlook per il II semestre 2023 “La quiete dopo la tempesta”. Attualmente ci concentriamo sulle obbligazioni societarie con scadenze comprese tra i cinque e gli otto anni dell’area euro. La curva dei rendimenti inversa che stiamo osservando ci dà la certezza di essere sulla strada giusta con la nostra strategia a lungo termine.

A luglio la Bce e la Fed hanno proseguito nella loro politica restrittiva sui tassi. Siamo vicini al capolinea di questa politica monetaria o dobbiamo aspettarci altri rialzi? 

 La Fed è stata più aggressiva della Bce con la propria politica monetaria in quanto l’economia statunitense è complessivamente molto più solida di quella europea perché, in primis, è meno legata a quelle di Ucraina e Russia. Allo stesso tempo, anche gli aumenti salariali e i livelli occupazionali ai minimi storici degli ultimi mesi stanno determinando tassi d’inflazione piuttosto appiccicosi negli Usa. Pertanto, non prevediamo un ulteriore e deciso calo dell’inflazione nel terzo trimestre del 2023. La Fed si troverà quindi di fronte a una decisione difficile: alzare ulteriormente i tassi di interesse oppure rinunciare agli aumenti per risparmiare l’economia. La prima opzione potrebbe spingere l’inflazione in maniera molto più decisa in direzione del 2-3% ma aumenterebbe la probabilità che l’economia statunitense cada in una grave recessione, dall’altra parte, una pausa nella politica monetaria induce a pensare che l’inflazione negli Stati Uniti potrebbe tornare ad essere significativamente più alta. Ci sono diversi indizi che indicano che la banca centrale statunitense probabilmente non aumenterà ulteriormente i tassi di interesse e quindi non combatterà l’inflazione in modo così massiccio. Primo tra tutti, dover gestire nuove fragilità del sistema finanziario, vedasi i fallimenti delle diverse banche regionali di marzo. Anche le prossime elezioni presidenziali statunitensi del 2024 avranno un ruolo nelle decisioni della Fed. Ulteriori rialzi dei tassi di interesse e quindi una massiccia recessione potrebbero essere decisivi per le elezioni. Per questo motivo, in futuro, la Fed valuterà con molta attenzione ogni proposta di ulteriori aumenti dei tassi di interesse.

Nell’area dell’euro il quadro è diverso. L’economia europea, dato il suo fragile stato di salute, non sarebbe stata in grado di sopportare rialzi dei tassi di pari entità a quelli Usa. In aggiunta, un’inflazione al 5,7%, ancora significativamente superiore al tasso di interesse di riferimento fermo al 4,25, suggerisce che per la Bce ci sia ancora il margine di manovra sufficiente per ulteriori aumenti dei tassi di interesse. Si può presumere quindi che l’economia europea continuerà a raffreddarsi. Guardando al lato positivo, riteniamo ci sia spazio per una nuova crescita sostenibile e probabilmente anche per una riduzione dei tassi di interesse nel 2024.

È quindi possibile che i tassi di interesse negli Stati Uniti e in Europa si muovano ancora per diverso tempo in direzioni opposte. A prescindere da ciò, continueremo a convivere con tassi di inflazione più alti di quelli a cui siamo stati abituati negli ultimi dieci anni. L’inflazione è destinata a rimanere. In altre parole: il percorso verso una nuova normalità sarà probabilmente un po’ accidentato, ma lo scenario è in miglioramento.

Quali segmenti del settore azionario e di quello obbligazionario oggi offrono secondo voi le migliori opportunità? 

Il mercato azionario è sempre stato un luogo di speculazione ed esagerazione. Un settore in cui abbiamo assistito a questo tipo di movimenti guidati da estrema emotività è stato senza dubbio quello dell’AI ma ciò non significa che tutte le aziende operanti in questo segmento di mercato siano ormai troppo costose. Molte di queste quotano a prezzi interessanti pur non sviluppando nuove forme di IA, ma utilizzando abilmente l’AI per aumentare i ricavi futuri. Questo business è lungi dall’esaurirsi. Vediamo qui un grande potenziale. È richiesta però una capacità di selezione delle azioni molto accurata, ponendo particolare attenzione a tutti gli indicatori rilevanti, compresi i parametri di rischio. Nel corso del secondo semestre del 2023, ci potrebbero essere opportunità interessanti nel settore immobiliare europeo. A differenza degli Stati Uniti, dove le proprietà ad uso ufficio sulle coste orientali e occidentali devono fare i conti con un gran numero di immobili sfitti a causa del boom dello smartworking, questo problema strutturale non si osserva nella stessa misura in Europa. Qui si è verificato un cambio di mentalità. Le aziende vogliono tornare a vedere i propri dipendenti in ufficio. Pertanto, dagli immobili commerciali è ragionevole pensare di poter continuare a registrare solidi ritorni dagli affitti.

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