Così la transizione digitale cambia volto al banking

Angelo Deiana

 

 

Ormai dovrebbe essere chiaro: la velocità del cambiamento dell’innovazione digitale pone una sfida significativa alla capacità del sistema di adeguare le competenze delle persone.

 

I ritardi da colmare

Vi sono infatti dei ritardi fisiologici tra la domanda di competenze e il momento in cui quelle competenze saranno disponibili e diffuse tra le persone che entreranno a far parte del sistema bancario e finanziario. Lo stesso accade per le persone a cui viene offerto un percorso di upskilling e reskilling, ovvero un approfondito percorso di riqualificazione.

Cambia velocemente anche lo skill-mix delle competenze che sono necessarie per supportare la dimensione social delle applicazioni Fintech. Sono infatti sempre meno richieste le competenze generaliste di livello medio, mentre aumenta la richiesta di soft skill come:

 

  • abilità comunicative di social e media management;
  • competenze emotive (emotional intelligence e gestione dello stress);
  • competenze relazionali (capacità di lavorare in team, empatia, capacità di ascolto);
  • capacità di leadership (pensiero critico, problem solving, creatività).

 

Cambia la struttura professionale

Il riallineamento tra le diverse professioni e le competenze non sarà comunque semplice perché la digitalizzazione richiede un set di competenze più ampio e meno codificato all’interno di professionalità già definite nel passato.

L’impatto delle nuove tecnologie digitali, tuttavia, non interessa solo la riallocazione dell’occupazione tra posti di lavoro qualificati a scapito dei lavori meno qualificati, o il mismatch tra competenze digitali e professioni tradizionali. Sotto la spinta dei processi di automazione e digitalizzazione, cambia anche la struttura professionale all’interno del settore finanziario.

Di fatto, le previsioni indicano una forte crescita di addetti nelle attività commerciali (consulenza specializzata e customer service), e una riduzione degli addetti agli sportelli e al back office a seguito della standardizzazione delle attività di sportello dovute alla diffusione dell’intelligenza artificiale.

 

Tra tecnologia e human touch

A partire dalle competenze e dalle forme contrattuali, dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che il sistema fintech sta diventando realtà anche nel wealth management e nel private banking, i mercati più “human intensive” del settore bancario e finanziario.

E questo anche se, come detto, intelligenza artificiale e robot stanno cambiando il mercato e impatteranno le dinamiche di relazione consulente-cliente perché il mercato della consulenza sta affrontando la sfida del robo-advisory.

 

Questo fenomeno, che interessa sia gli operatori storici che le start-up fintech, sta vivendo in Italia una forte fase espansiva. Spinti da questo trend, anche i grandi player leader dell’asset management stanno costruendo nuove piattaforme per la gestione di grandi portafogli. Questo perché l’introduzione dei modelli di robo-advisory permette di avere costi di gestione più bassi rispetto ai modelli tradizionali, così da costituire un’opportunità per i segmenti di clientela di minore livello quantitativo, in questo momento non pienamente serviti.

 

Spazio per la robo advisory

La consulenza robo potrebbe quindi essere vincente su profili di clientela che, tradizionalmente, non possono permettersi una consulenza finanziaria personalizzata. In ogni caso, facendo un confronto con il mondo delle banche tradizionali, il canale fisico rimane (e rimarrà per i prossimi 3-5 anni) comunque centrale per la relazione con il cliente evolvendo, tuttavia, il proprio modello di servizio.

Allo stesso modo, anche per il consulente finanziario o per la sua evoluzione patrimoniale, le nuove tecnologie potranno abilitare una relazione con il cliente più diretta, profonda ed economica, senza per il momento cannibalizzare il mercato. Chi vivrà vedrà…

 

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