“In questo contesto, sempre più spesso gli investitori decidono di investire tenendo conto della diversificazione e della stabilità dei rendimenti che l’asset class può offrire”, fa notare Michael George, gestore del fondo M&G Corporate Credit Opportunities ELTIF di M&G, che illustra la propria view in merito.
L’Europa è fondamentalmente diversa
Il credito privato, a nostro avviso, è essenzialmente un sottoinsieme del debito privato per i prestiti alle imprese, con alcune differenze tra USA ed Europa.
Negli Stati Uniti, il termine “privato” del credito privato si riferisce spesso al meccanismo di origine e di negoziazione degli asset. Se avviene direttamente e senza la sottoscrizione o il coinvolgimento di una banca, il prestito viene classificato come privato. In genere, la definizione statunitense di credito privato esclude i prestiti sindacati perché questi prestiti sono organizzati e venduti come obbligazioni ad alto rendimento.
Riteniamo che la classificazione “privato” debba riferirsi invece allo status non quotato delle società partecipate e allo status del finanziatore. Inoltre, escludere i prestiti a leva dal credito privato limita le opzioni di prestito delle imprese e riduce le opportunità disponibili agli investitori. In Europa quello dei prestiti a leva rappresenta da solo un mercato da 450 miliardi di dollari e viene spesso omesso dalle stime sulle dimensioni del mercato del credito privato più in generale. Di conseguenza, riteniamo che la profondità del mercato europeo del credito privato possa superare in realtà gli 800 miliardi di dollari.
Un approccio meno rigido al credito privato?
Alcuni gestori statunitensi parlano del credito privato come di una forma di privatizzazione dei processi dei prestiti sindacati e del mercato obbligazionario. In Europa si ha accesso a molte più informazioni rispetto a quelle disponibili in un processo obbligazionario pubblico e consideriamo ciò che gli investitori ricercano nel credito privato, se sono posizionati in modo strategico o tattico, se sono investiti fino alla scadenza o vogliono mantenere liquidità.
Prestazioni divergenti
Innanzitutto, il credito privato statunitense sta affrontando maggiori rischi rispetto all’Europa. I mutuatari americani devono far fronte a costi di servizio del debito più elevati e i dati fondamentali indicano una struttura patrimoniale meno solida che in Europa.
Inoltre, il contesto normativo statunitense è più omogeneo e favorevole ai mutuatari, mentre l’Europa è più frammentata e presenta peculiarità regionali. In apparenza questo potrebbe sembrare un vantaggio per gli USA, ma in realtà ha portato a un allentamento pervasivo degli standard di documentazione.
In terzo luogo, è emersa una nuova tendenza negli States, il caso cioè in cui i mutuatari cercano nuovi finanziamenti (leggi: salvataggio) da un piccolo gruppo di finanziatori e li antepongono agli altri in termini di priorità di pagamento. Ciò non si è invece presentato con forza nei prestiti europei, perché l’Europa ha una cultura e un sistema giuridico che impongono responsabilità di regia elevate che renderebbero legalmente intollerabili alcuni dei processi aggressivi degli Stati Uniti.
Infine, nei prestiti alle imprese la performance dipende dalla capacità di rimborso dell’azienda. La possibilità di generare rendimenti positivi migliora enormemente massimizzando la selettività e il flusso di informazioni. Restare nell’ambito privato consente di migliorare il flusso di informazioni grazie a un rapporto più stretto con i mutuatari e gli sponsor, un aspetto particolarmente diffuso in Europa.
La costante sovraperformance dei prestiti sindacati cui abbiamo assistito in Europa rispetto agli USA in diversi cicli di mercato, è in gran parte spiegata dalle differenze fondamentali di questi mercati.
Prospettive
Molte società scelgono di rimanere private più a lungo e il credito privato è un elemento chiave per finanziare queste aziende durante il loro ciclo di crescita.
Per prendere esposizione al credito privato in Europa sono emersi fondi di investimento a lungo termine, i cosiddetti ELTIF. Le autorità normative hanno infatti preso atto del divario economico che la limitazione dell’accesso ai mercati privati creava sia alle imprese che ai consumatori e lo hanno affrontato attraverso queste strutture flessibili che stanno democratizzando l’asset class, offrendo un’esposizione a redditi potenzialmente stabili, a lungo termine e diversificati.