Più competitività dal lato dell’offerta e un rafforzamento del modello di consulenza evoluta. Sono le conseguenze dell’open finance sul settore del private banking secondo quanto emerso nel corso del convegno “Open Finance: nuove opportunità per la consulenza evoluta” organizzato da Aipb e PwC.
Finora abbiamo assistito a due fasi distinte in merito alla condivisione dei dati nel settore finanziario. Fino al 2017 non era previsto alcun obbligo accessibilità ai dati dei clienti. Le istituzioni finanziarie (IF) ne avevano il controllo e la responsabilità, dal momento che potevano essere condivisi solo tramite accordi bilaterali con terze parti accuratamente selezionate.
Dal 2018, con l’inizio dell’Open Banking, è stato introdotto un obbligo di accesso regolamentato ai dati sui pagamenti. Con l’introduzione della PSD2 veniva conferito al cliente il controllo sui propri dati finanziari di conto. A seguito del consenso dato dal cliente, le istituzioni finanziarie erano tenute a fornire alle terze parti l’accesso ai dati dei pagamenti (esposti gratuitamente dalle IF).
Un nuovo step di crescita è atteso dal 2025, quando è attesa la versione finale del Regolamento europeo Fida (Financial Data Access) che prevede l’accesso regolamentato per tutti i servizi finanziari. A quel punto entreremo a pieno titolo nell’era dell’Open Finance. Attualmente, la bozza di quadro normativo estende e regola la condivisione di dati finanziari oltre i pagamenti. Previo consenso del cliente, infatti, le istituzioni finanziarie sono tenute a fornire alle terze parti autorizzate, cioè ai c.d. Fornitori di Servizi di Informazioni Finanziarie (FISP), l’accesso ai dati di credito e debito, relativi a investimenti, assicurazioni, pensioni e criptovalute. I dati verranno poi condivisi tramite schemi centralizzati e le istituzioni finanziarie avranno diritto ad essere remunerate.
Ad oggi, l’Open Banking ha portato dei limitati benefici in Europa: i clienti delle banche digitali che utilizzano questo tipo di servizi è inferiore al 2%, mentre le istituzioni finanziarie del Vecchio Continente hanno sostenuto 3,5 miliardi di euro di costi per sviluppare e gestire infrastrutture API (Application Programming Interface) di Open Banking. Le motivazioni da ricercare sono principalmente legate ad un approccio guidato dalla regolamentazione, con uno scarso coinvolgimento degli operatori di mercato, alla mancanza di incentivi e una forte attenzione alla sicurezza, a scapito della user experience. Lato cliente, tutto ciò ha portato ad una mancanza di consapevolezza e di fiducia.
Aipb ha individuato tre sfide chiave per una crescita sostenibile nel tempo del proprio modello di servizio: la capacità di rafforzare il presidio delle future generazioni di clientela con un approccio alla consulenza multigenerazionale; lo sviluppo di una “protezione” che non si limiti solo all’ambito finanziario; la capacità di cogliere le opportunità offerte dall’utilizzo dei dati e dall’intelligenza artificiale.
L’Open Finance va a toccare direttamente quest’ultima sfida, rappresentando un’opportunità per far crescere ulteriormente la modalità di servizio che ha contraddistinto il consolidamento del Private Banking nel nostro Paese: quello della consulenza evoluta. Secondo quanto emerge da un’indagine dell’associazione di settore, l’industria è consapevole della portata dei processi di innovazione: velocità del cambiamento ed effetto ‘disruptive’ della tecnologia (70%), impatto sul modello di servizio dell’intelligenza artificiale (76%) e rilevanza dell’analisi avanzata dei dati (88%) rappresentano infatti le principali opportunità da cogliere.