AI e private banking sono due realtà destinate a contaminarsi

Pierguido Iezzi

L’intelligenza artificiale (AI) è destinata a portare grandi trasformazioni nel settore finanziario, in particolare nei servizi di consulenza, analisi dei mercati e interazione con la clientela offerti dalle banche private. Le nuove tecnologie di machine learning, analisi predittiva e gestione automatizzata dei dati stanno rivoluzionando i processi interni e le modalità di servizio, con impatti significativi sulle competenze che i professionisti del private banking devono possedere. La formazione si rivela pertanto uno strumento strategico per garantire un’adeguata preparazione di banker e relationship nell’affrontare le nuove sfide, capace di mantenere un livello di eccellenza nell’assistenza al cliente.

Il fattore umano resta cruciale

Sia chiaro: qui come altrove la AI non sostituirà le persone. Il fattore umano nel private banking è fondamentale: la relazione di fiducia tra consulente e cliente costituisce uno dei pilastri fondamentali di questo settore. Al di là delle tecnologie, il cliente fa affidamento su un banker di fiducia per capire come e perché certe scelte di investimento siano state proposte. L’empatia e la vicinanza personale non sono replicabili da un algoritmo, e rappresentano il valore aggiunto che il professionista offre al di là di ogni analisi quantitativa. Ma il divario di competenze introdotto dalla diffusione di strumenti di AI e data analytics dev’essere colmato per sfruttare appieno il potenziale dell’innovazione. Nel private banking, la capacità di interpretare i risultati prodotti dall’AI e di integrarli in una proposta di consulenza farà infatti la differenza.

Valorizzare la leva tecnologica

L’obiettivo, dunque, non è addestrare i consulenti a sostituirsi agli analisti di dati, ma fornire loro gli strumenti necessari per saper porre le domande giuste e per valorizzare la componente analitica all’interno di una consulenza cucita su misura. Un banker capace di interpretare gli output di un modello predittivo, confrontarli con la propria esperienza di mercato e personalizzare l’approccio per ogni singolo cliente costituisce un asset preziosissimo.

Alla formazione finanziaria dei banker e relationship manager che operano nel private banking va pertanto affiancata l’acquisizione di competenze di base riguardo gli algoritmi di machine learning, le tecniche di data analysis e la comprensione dei modelli predittivi che li renda in grado di saper leggere e interpretare correttamente i risultati di un modello di AI, nonché comprenderne potenzialità e limiti.

 

Tra finanza e data service

Utile è anche la creazione di professionalità ibride, a cavallo tra finanza e data science. Questi professionisti sono in grado di dialogare con i team IT e analizzare in modo approfondito i dati a disposizione, offrendo al contempo un inquadramento finanziario complessivo. La collaborazione tra “nuovi” ruoli e consulenti tradizionali permette di generare sinergie, migliorando i servizi di investimento e la personalizzazione delle proposte.

La formazione dei professionisti del private banking nel campo dell’AI richiede un approccio integrato, che tenga conto delle specificità del settore e delle diverse esigenze dei ruoli coinvolti. È necessaria innanzitutto una formazione modulare, capace di graduare il livello di difficoltà e consentire a ogni professionista di assimilare nel tempo le competenze desiderate: partendo da un’infarinatura generale sul funzionamento dell’AI, si passa poi a moduli più operativi, dedicati all’analisi dei dati e all’utilizzo di specifici strumenti software. È opportuno inoltre combinare lezioni online, webinar, casi di studio e workshop pratici per facilitare la comprensione e la messa in opera dei concetti teorici. I workshop, in particolare, consentono di sperimentare sul campo i vari scenari di utilizzo dell’AI: elaborazione di dati reali, simulazioni di strategie d’investimento basate su modelli predittivi, analisi comparativa tra soluzioni tradizionali e proposte guidate dall’AI. Serve infine un approccio interdisciplinare, che coinvolga team di data scientist, specialisti IT e figure esperte di risk management in sessioni formative dedicate al private banking per garantire un apprendimento più incisivo.

Sistemi di certificazione delle conoscenze

Per assicurare un elevato standard qualitativo, alcune banche private stanno inoltre già adottando programmi di certificazione interni o collaborano con enti formativi specializzati. Conseguire attestati di competenza nell’ambito dell’AI applicata al settore finanziario non solo motiva i professionisti, ma contribuisce a definire le best practice del mercato.

Per non rallentare il processo di innovazione e vincere le eventuali resistenze interne, è opportuno adottare anche un’attenta strategia di change management mirata a favorire l’adozione culturale e operativa delle nuove tecnologie e capace di sostenere l’organizzazione dei programmi di formazione.

Patti chiari

Obiettivi e benefici attesi dall’integrazione dell’AI devono subito essere chiariti ai consulenti, per ridurre le incomprensioni e le paure legate alla perdita di controllo o di autonomia e instaurare un clima di apertura al cambiamento. Per questo motivo è fondamentale l’impegno dei vertici aziendali: se il top management mostra fiducia nelle potenzialità dell’AI, l’intera organizzazione sarà più incline a seguirne la strada, esplorando soluzioni innovative e condividendo le best practice.

È poi opportuno introdurre l’AI in modo progressivo per ridurre la complessità e accelerare il processo di apprendimento.

Vantaggi in termini di competitività

I vantaggi di un simile processo innovativo sono molteplici e di notevole impatto sulla competitività di una banca. Innanzitutto, viene incrementata la qualità del servizio: professionisti più preparati saranno in grado di offrire consulenze personalizzate e accurate, migliorando la soddisfazione e la fidelizzazione della clientela. L’AI consente di raccogliere e analizzare un volume di dati maggiore, ma solo un consulente formato potrà interpretare tali informazioni in modo coerente con le esigenze del singolo investitore. In secondo luogo, si ottimizzano tempi e risorse: le tecnologie di AI possono automatizzare diverse attività ripetitive o a basso valore aggiunto, consentendo ai consulenti di concentrarsi sulle interazioni ad alto valore. Ciò si traduce in una maggiore efficienza operativa e, al contempo, in un miglioramento della qualità del rapporto consulente-cliente.

Riduzione dei rischi

Significativa inoltre la riduzione del rischio negli investimenti: un professionista adeguatamente formato all’uso dell’AI è in grado di identificare tempestivamente segnali di anomalia o di pericolo in un portafoglio, grazie a una combinazione di analisi avanzate e competenza sul campo. La capacità di intervenire in modo proattivo riduce l’esposizione a rischi imprevisti e preserva il patrimonio del cliente. Infine, si intraprende con il cliente un approccio consulenziale evoluto: i banker adeguatamente formati all’uso dell’AI potranno dedicare più tempo a comprendere a fondo gli obiettivi di vita del cliente, integrando i risultati quantitativi in una visione più ampia che tiene conto anche di fattori emotivi, familiari e strategici.

Le banche che non coglieranno nel breve periodo questa opportunità, cavalcando l’onda della nuova tecnologia digitale introdotta dalla intelligenza artificiale, rischiano pertanto di divenire rapidamente non performanti nella gestione dei portafogli dei propri clienti: un fattore che, sebbene la clientela italiana sia tradizionalmente poco propensa a cambiare banca, può prima o poi portare a un calo significativo di competitività. Con conseguenze queste sì poco piacevoli sulla propria forza lavoro.

 

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