Miscela di famiglia

Da qualche settimana, sul web si rincorrono polemiche alquanto piccate in merito al nuovo spot televisivo diffuso da Lavazza che cita: “combattiamo per un mondo nuovo”. In un momento tanto delicato quale quello che tutto il mondo sta attraversando a causa del coronavirus, il messaggio pubblicitario riprende in sostanza il discorso all’umanità del Grande Dittatore dove Chaplin sale sul palco e dice di non voler fare l’imperatore, che tutti gli esseri umani dovrebbero aiutarsi sempre, non odiarsi e disprezzarsi, che nel mondo c’è posto per tutti, che la natura è ricca (se non ci impegnassimo così tanto nel volerla distruggere) e invita la platea in adorazione a combattere per un mondo migliore senza confini e barriere, libero da avidità, odio e intolleranza, dove scienza e progresso diano a tutti un lavoro, sicurezza agli anziani e un futuro migliore ai giovani. Messaggi incoraggianti e pieni di speranza, ma quindi perché questa divisione ideologica? Per alcuni un modo come un altro per chiedere a tutti di convivere pacificamente nonostante le profonde spaccature socio-culturali del Paese: messaggio buonista, ipocrita, endorsement al globalismo e allo scientismo, sono solo alcune delle accuse rivolte all’azienda. Una caduta di stile, considerando che nella classifica World’s Most Reputable Companies For Corporate Responsibility 2019 stilata da Reputation Institute, la società da 2,2 miliardi di euro di fatturato nel 2019  era risultata proprio lo scorso anno nella top ten tra le italiane proprio per la sua reputation.

 

IL BUSINESS FAMILIARE

“Siamo una famiglia unita e questo ci sta aiutando molto nella nostra crescita. Abbiamo una forte volontà di rimanere indipendenti e di guardare al futuro con ottimismo, protagonisti del nostro settore e padroni del nostro destino”, aveva raccontato nel 2016 all’Ansa Marco Lavazza, esponente della quarta generazione della famiglia che nel 1885 ha fondato l’azienda del caffè, presente oggi in oltre 90 Paesi del mondo. I due rami della famiglia controllano ognuno il 50% dell’azienda: uno è rappresentato da Alberto (presidente) e dai figli Marco (vicepresidente), Antonella e Manuela (consiglieri), l’altro da Giuseppe (anche lui, come il cugino, vicepresidente) e dalla sorella Francesca (consigliere). Simile quadro idilliaco non ha tuttavia impedito l’arrivo di manager esterni: da cinque anni è infatti amministratore delegato del gruppo Antonio Baravalle e da poco è arrivato a bordo anche il cfo Camillo Rossotto. Infine, a sedere nelle poltrone nel cda ci sono Giuseppe Galateri, Pietro Borioli, Robert Kunze-Concewitz (ceo di Campari) e Antonio Marcegaglia. Tutti i componenti della famiglia Lavazza vivono a Torino, e quando gli si chiede loro se hanno ricevuto in tutti questi anni avances da altri gruppi rispondono con ironia che “se anche ci avessero cercato, avrebbero trovato il telefono occupato”. Marco Lavazza è un runner. In una recente intervista a Forbes Italia aveva dichiarato di amare correre nella sua città, Torino, soprattutto in inverno, e da ex sciatore aveva ammesso che “nello sci impari la concentrazione, la riflessione per raggiungere l’obiettivo, proprio come accade in azienda”. E ancora: “Mi è servito questo sport perché in azienda occorre prima restare in silenzio, ascoltare, esser concentrati e non perdere di vista la finish line”. L’imprenditore ha due figli, di 12 e 3 anni e mezzo, che rappresentano la quinta generazione insieme agli altri cugini.

 

CRESCITA A PICCOLI PASSI

Tutto ha inizio quando Luigi Lavazza, nel 1895, apre la prima Drogheria Lavazza in via San Tommaso, a Torino. Lo si può immaginare circondato da sacchi di caffè di origini diverse, preso nella creazione di diverse miscele. Luigi Lavazza era un uomo pieno di spirito d’iniziativa, inventiva e passione per il proprio lavoro. Scoprì le diverse origini e le caratteristiche di questa pianta, il caffè, e studiò l’arte del blending (miscela, ndr) per soddisfare i gusti dei clienti più esigenti. Anche grazie al suo viaggio in Brasile ha saputo vedere, in un’epoca di grandi cambiamenti, tutte le potenzialità di questa bevanda prima praticamente sconosciuta. A questo punto, arriviamo al primo dopoguerra, Torino è in pieno fermento e la bottega Lavazza diventa una piccola impresa. Nel 1927 nasce in Corso Giulio Cesare 65 la Luigi Lavazza S.p.A. Sono presenti all’appello Luigi Lavazza, la moglie Emilia e i figli Maria, Mario e Giuseppe, chiamato Beppe. Costituisce la società Luigi Lavazza, con un capitale di 1.500.000 lire. Il nome dell’azienda, Luigi Lavazza, compare insieme a quello delle altre aziende che aderiscono all’iniziativa, sull’album di raccolta figurine “Concorso del Leone”. Siamo nel 1946 e l’Italia diventa una Repubblica. Questo per la famiglia Lavazza significa solo una cosa: fine del periodo di blocco delle importazioni di caffè. Mario, Beppe e Pericle Lavazza hanno la giusta intuizione e si concentrano sulla vendita di caffè: non più sfuso ma impacchettato con il marchio. È del 1947 il primo logo Lavazza, realizzato dall’Aerostudio Borghi di Milano. La lettera “A” centrale, più grande rispetto alle altre lettere, è ancora il loro segno distintivo. Due anni dopo, Lavazza brevetta un contenitore cilindrico con coperchio a pressione e nasce la prima lattina a marchio Lavazza. Nel Circolo degli Artisti di Torino, Beppe Lavazza conosce pittori e disegnatori. Ed è a loro che nel 1949 commissiona la prima collezione di figurine Lavazza.

 

NUOVE IDEE: IL PASSAGGIO SU SCALA INDUSTRIALE

Il prodotto c’era, e funzionava abbastanza bene. Ma per conservare la fragranza del caffè Emilio Lavazza, figlio di Beppe entrato in azienda nel 1955, ha un’intuizione: utilizzare per la prima volta la lattina sottovuoto spinto, che rende possibile la conservazione per lungo tempo e quindi anche una distribuzione molto più ampia. Dal suo contributo nasce la storica “Miscela Lavazza”, il cui primo slogan, “Lavazza Paradiso in tazza”, inizia a occupare giornali e radio. Nel 1957 in Italia siamo in pieno boom economico e Beppe e Pericle iniziano il passaggio su scala industriale. Nella sede di Corso Novara nasce la grande industria di torrefazione Lavazza. L’innovativo ciclo di lavorazione “a caduta” permette di trattare oltre 40.000 kg di caffè al giorno tramite un processo di produzione verticale, una novità assoluta per l’Italia. Due anni dopo, nel 1959, arriva il primo caffè decaffeinato. Ma l’espansione industriale prosegue con l’apertura, nel 1965, del più grande stabilimento di torrefazione d’Europa a Settimo Torinese. Quando sugli scaffali dei supermercati italiani arriva l’ormai famosa miscela Qualità Rossa, siamo negli anni ’70, periodo non semplice per l’economia italiana. Nonostante questo, il gruppo non molla la presa e nel 1982 apre la prima sede Lavazza all’estero a Vincennes, Parigi. E dopo la nascita della prima consociata estera, a Londra nel 1990 viene costituita Lavazza Coffees Ltd (sempre nello stesso periodo l’azienda acquisisce anche i marchi Bourbon e Suerte). Con la diffusione delle prime campagne su stampa e tv straniere, il marchio Lavazza diventa a tutti gli effetti sinonimo di italianità e dolce vita.

 

L’ARTE DEL CAFFE’

Con l’ingresso nel 1993 della la quarta generazione Lavazza, l’arte, la fotografia e il design diventano nuovi veicoli di comunicazione. Negli anni ’40, Beppe Lavazza frequentava il Circolo degli Artisti di Torino e fu lì che conobbe gli artisti a cui chiese di disegnare la prima famosa collezione di figurine Lavazza. Una passione, quella per l’arte e il design che eredita anche Emilio Lavazza. La sua amicizia e collaborazione con Armando Testa è storia: nel 1995 il grande creativo torinese disegna il quinto logo Lavazza. Dopo aver acquisito i brand Bourbon e Suerte, nel 1992 Lavazza lancia la miscela Gualtiero Marchesi. Un primo passo nella collaborazione con i grandi chef, di cui all’epoca Marchesi è il massimo esponente. Claudio Caramel disegna la linea bar Segno Lavazza e brevetta la tazzina da lui disegnata e utilizzata ancora oggi. Dall’incontro tra Giuseppe Lavazza e Helmut Newton nasce, nel 1993, il primo Calendario Lavazza. È in bianco e nero, ambientato a Parigi e Montecarlo e racconta in maniera provocatoria il profondo legame tra l’azienda torinese e il caffè.

 

UNA NUOVA MISSIONE

Nel 2004 nasce la Fondazione Giuseppe e Pericle Lavazza, una onlus che vuole migliorare le condizioni di vita delle persone nei Paesi produttori di caffè. Ed è sempre nel 2004 che viene presentata la miscela ¡Tierra!, iniziativa importante con cui Lavazza ha migliorato in otto Paesi le condizioni di vita di più di 3.000 coltivatori coinvolti, favorendo la crescita economica, migliorando il loro stile di vita e introducendo nuove tecniche agricole più sostenibili e redditizie. Ma è nel 2012 che la società dimostra un impegno costante per il tema della sostenibilità (e realizza il primo report sul tema). Da alcuni anni, infatti, Lavazza ha intrapreso un percorso per la valutazione delle prestazioni ambientali di alcuni prodotti chiave e utilizza un approccio metodologico di Life Cycle Assessment che considera la materia prima, i processi di lavorazione nei Paesi di origine del caffè e negli stabilimenti produttivi in Italia, gli imballi, le macchine per il caffè, i trasporti delle materie prime e dei prodotti finiti, fino allo smaltimento del prodotto. Un impegno, quello per un approccio green, partito però da più lontano. Era il 1935 quando Luigi Lavazza, durante un viaggio in Sudamerica, espresse il suo disappunto nel vedere distruggere interi raccolti di caffè non venduto, un’esperienza che lo segnò profondamente e che determinò la sua visione di fare impresa.

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