Il contesto macroeconomico ricco di incognite; l’evoluzione dell’offerta di consulenza in chiave sempre più personalizzata; la capacità di integrare offerta tradizionale e tecnologie mantenendo un buon equilibrio con la componente umana. Ne abbiamo parlato con Renato Miraglia, responsabile Wealth Management e Private Banking Italy di UniCredit, per una view sulle principali tendenze e prospettive dell’industria in questa fase di mercato e la ricetta per partnership di lungo periodo con la clientela.
Partiamo dal contesto: tassi alti, inflazione, forti tensioni geopolitiche. In che termini questi fattori di criticità hanno ridisegnato l’orientamento all’investimento e il dialogo con il private banker?
Ci stiamo confrontando come e più di sempre con i clienti in un contesto ad elevata incertezza, caratterizzato da tassi a breve molto più attraenti per gli investitori di quanto eravamo abituati a vedere, ciò in conseguenza del perdurare dell’inflazione e dell’attesa delle contromosse delle banche centrali per fronteggiarla.
A questo si aggiunge il sempre più intricato scenario geopolitico, alla ricerca di un nuovo punto di equilibrio multipolare più facile da teorizzarsi che da concretizzare. Osserviamo quindi che i clienti private, sempre orientati a preservare il capitale, spesso frutto di attività
di impresa, tendono a ridurre la propensione a investire, soprattutto con il capitale finanziario, e sono al momento orientati alla ricerca di
investimenti più di breve termine e percepiti di minore incertezza, come gli obbligazionari e soluzioni di raccolta a breve termine.
Con questa realtà si confronta oggi la consulenza sull’evoluzione dei portafogli. Alla luce dello scenario nel quale stiamo vivendo, il compito e
l’impegno della nostra industria, dal private banking all’asset management, è quindi orientato soprattutto a non disperdere il concetto di valore della consulenza sul lungo periodo, un valore basato sulla diversificazione e sulla ricerca di opportunità continua, aiutando i clienti a guardare oltre il momento, con consapevolezza ma anche con realismo.
Detto dello scenario, come sta evolvendo il modello di consulenza dedicato ai clienti con grandi patrimoni?
Il contesto di mercato sta favorendo una consulenza finanziaria più centrata su singoli titoli e singoli temi piuttosto che sull’asset allocation tradizionale, abbastanza consolidata e comune tra i vari operatori. Questo porta gli attori del mercato a concentrarsi sulla ricerca e ad affiancare a fondi, gestioni e polizze una consulenza più focalizzata, recuperando il ruolo che ha l’amministrato nel servizio. In generale poi osserviamo anche un “ritorno alle origini” del modello di consulenza del private banking, ridimensionando la prevalenza di quella sul patrimonio finanziario, legato agli investimenti e ai mercati, e allargando il dialogo strategico con i clienti sui tanti possibili ambiti di interazione per preservare e valorizzare il patrimonio della famiglia tra generazioni. La consulenza e l’execution di qualità sugli investimenti restano pilastri del nostro servizio Private in Italia, ma devono sempre più essere accompagnati da altre soluzioni legate al family planning,
al business advisory con le famiglie imprenditoriali, alla strategia sul real estate, all’arte, a deal flow di idee sui mercati privati da proporre ai clienti più esigenti. Tutti ambiti che, nel contesto, diventano opportunità in grado di aumentare il valore percepito del private banking da parte del cliente e non storytelling da presentazione.
Alla luce di queste considerazione, cosa crea ancora valore aggiunto?
Il valore aggiunto con i clienti private e wealth resta la forte personalizzazione del servizio. Caratteristica che si realizza sia con un maggiore ascolto attivo del cliente da parte del banker, allargando gli ambiti di dialogo, sia con una maggiore proattività di contatto, valorizzato anche da una multicanalità ibrida capace di alternare sul cliente le attività nelle nostre filiali, in remoto e “fuori sede”. Con l’obiettivo di velocizzare i tempi di risposta, dove e quando serve.
In che modo la tecnologia può supportare il wealth manager senza perdere il valore dell’human touch?
Una continua interazione tra tecnologia e relazione umana è parte del percorso evolutivo che sta facendo l’industria. In quali parti del processo poi aumentare il contributo del digitale resta un punto aperto a diverse vedute. In UniCredit riteniamo il modello “ibrido” un elemento centrale del modello di servizio, da adattare alle singole esigenze del cliente e individuando di volta in volta le modalità più opportune per procedere. Poter alternare attività pienamente digitali e in remoto con i più tradizionali incontri in una delle nostre 160 filiali presenti in 132 città italiane o in una filiale retail, o a casa o in azienda dal cliente, ci consente di aumentare il livello di personalizzazione ed efficienza. Ci sono poi varie applicazioni possibili in ambito sia analitico sui portafogli che sui processi interni. Le risorse dell’intelligenza artificiale costituiscono per noi uno strumento di supporto al banker nella preparazione degli incontri e nella ricerca più “smart” di risposte a domande non ordinarie per velocizzare il feedback. Non consideriamo l’IA come uno strumento che sostituirà il rapporto cliente-intermediario o che creerà dei nuovi “private banker artificiali”. Il rapporto banker-cliente resterà la chiave di un Private Banking di successo. Di questo tema parliamo sempre più anche direttamente con gli imprenditori, per comprendere il loro parere e le loro esigenze. Tra le occasioni più recenti anche uno dei nostri eventi InFabbrica organizzato alla Bonfiglioli. La loro risposta coincide con la nostra visione: l’Intelligenza artificiale è una opportunità di supporto da contestualizzare bene nell’ambito del processo produttivo che non può prescindere dalla centralità delle persone. All’IA vanno fatte le domande “giuste” e va alimentata con le informazioni “giuste”. E, anche in questo, il ruolo dei professionisti sarà centrale.
In uno scenario in continua evoluzione, come evolve l’offerta di protezione? Come gruppo crediamo molto al ruolo che possiamo e vogliamo svolgere nell’ambito protection, anche nella consulenza alla clientela private e wealth. Lo facciamo da sempre con strumenti di pianificazione di governance in termini più generali che accompagnano il passaggio, o meglio il “coinvolgimento” generazionale nelle decisioni sul patrimonio della famiglia. Ma sempre più crediamo che dialogare con il cliente su tematiche come coperture all-risk sugli immobili o sui vantaggi di un’assicurazione sulla salute, o sui rischi di premorienza dei key man del nucleo, sia parte di un servizio di consulenza di qualità. Il fatto che la vita media si stia allungando non è un valido motivo per non parlare, con buon anticipo, di come inserire in modo efficace le future generazioni nel piano della famiglia. Piuttosto la longevità apre un’area di necessità da parte dei clienti over che ci porta a ragionare su ulteriori servizi pensati per questa nuova fase della vita tra consumi, hobby, prevenzione e assistenza.
Esg, moda o elemento sempre più presente nelle scelte dei clienti? Qual è l’approccio UniCredit su questo fronte?
Ci siamo organizzati per andare oltre la moda, come richiede anche il regolatore. Questo significa avere sempre l’obiettivo ESG ben presente nelle proposte di consulenza o finanziamento che facciamo ai clienti. Su questo abbiamo una politica ed un modello proprietario che realizziamo nelle nostre gestioni patrimoniali e nei mandati in generale, così come nella selezione delle soluzioni di investimento di terzi. I nostri private banker, al pari dei colleghi che seguono le aziende, sono on board in merito alle tematiche ESG lato finanza di impresa che hanno un ruolo centrale nel rapporto con la banca. Dal nostro punto di osservazione, rileviamo che, nell’attuale contesto di mercato, la domanda da parte del cliente si è un po’ raffreddata con la ricerca di ritorni certi e a breve termine. Non disperdere l’argomento è uno dei nostri compiti come industria.
Evoluzione del private banker. Come cambia la professionalità in questo scenario sempre più sfidante?
Il private banker deve lavorare in modo sempre più convinto ad ampliare le aree della propria comfort zone per dare seguito e sostanza all’ascolto attivo del cliente. Quella più tradizionale è certo la consulenza sugli investimenti. Estendere il dialogo e l’ascolto attivo con il cliente apre a “rischi relazionali” superabili investendo in sé stessi ed affidandosi con maggior fiducia ai tanti specialisti che, nel nostro caso, la Banca mette a disposizione dei clienti. La centralità del modello specialistico è un asset se ogni banker sente suoi i temi che i vari advisor possono approfondire con il cliente.
Quali sono i numeri di UniCredit nel Wmpb?
UniCredit amministra in Italia un patrimonio di clienti private e wealth di oltre 130 miliardi di euro (dato a giugno 2023). La rete è composta da circa 1.400 professionisti, di cui oltre 800 banker e un centinaio di “advisors” specializzati nei vari ambiti.
Quali sono i vostri tratti distintivi rispetto ad altri operatori?
Il radicamento territoriale, la specializzazione della nostra rete, l’ampiezza delle soluzioni e del network di un gruppo paneuropeo come il nostro ci permettono oggi di avere un posizionamento forte, riconosciuto dal mercato. Grazie a un’organizzazione in team dedicati riusciamo ad assicurare l’eccellenza del servizio per i clienti private, wealth e ultra-high, ovvero le famiglie con un patrimonio complessivo significativo, per i quali la stretta relazione con il team di Client Solutions agevola la possibilità di offrire capillarmente servizi di wealth advisory di grande qualità. Senza dubbio, giocano un ruolo importante anche la continua interazione con l’investment banking e la stretta collaborazione con il corporate banking. Siamo convinti, inoltre, che la nostra determinazione nell’essere al fianco delle famiglie imprenditoriali italiane in modo integrato, sfruttando la nostra ampia rete di competenze e risorse, fa e farà sempre la differenza.
Parliamo un po’ di lei. Qual è il suo stile manageriale?
Mantenere il dialogo aperto e in modo continuato con tutta l’organizzazione e tutti i professionisti del team, è parte del mio modo di essere e di lavorare. Un dialogo basato su feedback e confronto sui contenuti e sulle idee, sui tanti punti di vista che una struttura elaborata può offrire. Dialogare sui contenuti, focalizzandosi sui risultati, ma anche con un po’ di leggerezza, credo costituisca un elemento importate per creare quel senso di appartenenza delle persone che è cruciale nelle organizzazioni di qualità ed è il motore del nostro modello sul Private e sul Wealth Management.
Quali sono i suoi hobby e come incidono sul lavoro?
Non so se sia catalogabile come vero e proprio hobby, ma il tempo che non dedico al lavoro mi piace passarlo con la mia famiglia, anche semplicemente facendo le piccole cose di tutti i giorni. Nel mondo di oggi sempre più frenetico ed interconnesso, credo che aver la possibilità di curare i propri affetti e star bene in famiglia sia una fonte di equilibrio importante. E una grande fortuna!