Perché ho “provocato” Ubi

di Francesco D’Arco

“Il mio intervento mira a sottoporre ai consiglieri di sorveglianza problemi attinenti alle future scelte strategiche di organizzazione e di struttura del gruppo”. Così lo scorso 24 aprile, nel corso dell’assemblea del gruppo Ubi Banca, Tancredi Bianchi, ex presidente dell’Abi e di Centrobanca, ha introdotto il tema caldo del suo intervento: aprire il capitale ad azionisti di minoranza “locali”.
Raggiunto da SOLDI, il professor Bianchi, pur mantenendo fede al suo stile diplomatico, ha sottolineato a voce ferma quanto oggi sia “importante riflettere sul futuro di un gruppo federato come Ubi valutando, da un lato, l’opportunità di avere una holding che controlli le banche del gruppo al 100% (o quasi) o, dall’altro, l’ipotesi di fidelizzare ulteriormente la clientela”.
Come? Aprendo il capitale ad azionisti di minoranza locali. “Ubi Banca” continua Bianchi “deve valutare questo punto di vista. Deve chiedersi se la fidelizzatone della clientela non sarebbe più fortificata se ci fosse la possibilità di diventare anche soci di minoranza. Tutto questo non andrebbe a incidere sull’attuale maggioranza del gruppo”.
Tancredi Bianchi, infatti, chiarisce a SOLDI che l’idea esposta nel corso del suo intervento non va a minare gli attuali equilibri di maggioranza che “rimarrebbero tali. Quello che mi chiedo, e che il gruppo deve chiedersi, è se un cliente di Brescia (ad esempio) non sia più contento nel caso fosse anche socio”.
Un tema, questo della fidelizzazione, che non può e non deve essere sottovalutato da una realtà “popolare” come Ubi che ha fatto del legame con il territorio un suo punto di forza.
Ma proprio quel legame oggi sembra essere in parte cambiato come sottolinea ancora il professor Bianchi: “molti degli azionisti, intervenuti nel corso dell’assemblea del 24 aprile, hanno in parte lamentato un cambiamento nel rapporto con la banca, un rapporto non più così familiare”.
E nasce proprio da questa riflessione e dalla sensazione che sia possibile migliorare l’organizzazione della politica di raccolta dei capitali di rischio il dubbio esposto da Bianchi nel corso dell’assemblea che “un gruppo federato come Ubi sia preferibile formato da banche controllate, ma con proprie minoranze differenziate” scrive nel suo intervento. “Se cioè abbia senso che la migliore gestione del capitale proprio e il più penetrante legame con il territorio debba o possa prevedere: la Popolare di Bergamo con minoranze in prevalenza orobiche; il Banco di Brescia con minoranze in prevalenza bresciane; la Popolare di Ancona con minoranze in prevalenza marchigiane e così via”.
Un dubbio al quale Tancredi Bianchi non dà una risposta esplicita e alla domanda “Crede che quella da lei indicata sia la strada giusta per Ubi?” risponde con un diplomatico “Non lo so. Sarà opportuno rifletterne con calma nei prossimi mesi” chiarisce a SOLDI. “Sarà necessario valutare e decidere se seguire la via della banca unica come Unicredit, o una via differente, come magari quella di cui ho parlato in assemblea”. Il professor Bianchi, infatti, non pretende che la sua proposta (termine a lui non gradito, preferisce parlare di “idea”) sia presa come la soluzione di tutti i problemi, ma solo che sia spunto di riflessione. “Non voglio esprimre un parere su quale sia la strada giusta” ribadisce al telefono l’azionista di Ubi “anche perché mi mancano elementi di giudizio. Ho solo posto la questione”.
L’articolo completo lo puoi trovare su Soldi,
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