Promotori – Le nuove frontiere del private banking

Come si stanno organizzando le banche? 
Nel 2009 la fase di adeguamento alle novità regolamentari ha portato all’introduzione in tutto il settore di un contratto di consulenza base e di un nuovo questionario di profilazione della clientela dando modo di verificare che i prodotti finanziari presenti nei portafogli dei clienti fossero appropriati alla loro cultura finanziaria e alle loro esigenze. Questo primo passo, che aveva l’obiettivo di proteggere contemporaneamente clienti e istituti, ha portato in questi anni al miglioramento della reciproca conoscenza e del grado di fiducia nel sistema. Ne è la prova il crollo del numero di contenziosi posti in essere nell’ultimo anno. Nel 2010 è cominciata la seconda fase, che proseguirà almeno fino al 2012, in cui si assisterà all’introduzione del pricing per la consulenza in relazione alla sua evoluzione in termini di contenuto del servizio e crescita del valore aggiunto per il cliente. Tutti gli operatori stanno lavorando per sviluppare sistemi più comprensibili, anche se maggiormente sofisticati, di personalizzazione e monitoraggio continuo nel tempo dei portafogli. Abbiamo analizzato 26 Banche Associate, che detengono l’84% degli asset totali private, e sono risultati 39 modelli di offerta differenti in base al mix scelti tra questi ingredienti. Il cambiamento principale riguarda oggi le modalità di interazione tra cliente, private banker e desk di advisory. Nel 76% dei casi analizzati il cliente ha come punto di riferimento principale ancora il suo private banker, ma gli incontri si svolgono in maniera differente rispetto al passato. Il desk di advisory definisce le view di mercato e l’universo investibile, il banker interpreta i bisogni specifici del cliente e trasforma il portafoglio modello in portafoglio personalizzato scegliendo i prodotti in market list che possono andare da 6 a 60 prodotti per asset class. Ne deriva che a seconda della lunghezza della market list, il private banker gode di maggiore o minore autonomia nella personalizzazione del portafoglio del proprio cliente. Questa è la fase delicata in cui gioca un ruolo importante la gestione del conflitto di interesse. Il valore della relazione personale tra cliente e banker è pesato, a nostro parere, dall’importanza relativa che il cliente stesso assegna alla questione. L’86% dei clienti rispondenti alle nostre interviste ritiene, infatti, che il suo referente protegge in ugual misura i suoi interessi e quelli dell’istituto per cui lavora, dimostrando un certo pragmatismo e distacco nei confronti di – uno degli argomenti che più animano il dibattito mediatico tra le diverse industrie. 

E come è percepita la materia da parte degli investitori?

Se il rapporto fiduciario cliente/ banker e la possibilità di personalizzare il portafoglio rappresentano infanti le caratteristiche fondamentali del servizio, la competizione tra gli operatori si è spostata su di un piano strutturale ed organizzativo. Al ridimensionamento generale dei costi vissuto da tutti i settori e i m p o s t o anche al P r i v a t e B a n k i n g dalla crisi finanziaria, dall’andamento dei mercati e dalla diminuzione della propensione al rischio dei clienti, gli operatori hanno reagito da una parte strutturando e standardizzando i processi allo scopo di poter controllare meglio il rischio e migliorare il grado di tutela dell’investitore, dall’altra migliorando la personalizzazione del flusso di informazioni per la clientela. In sintesi, l’implementazione della consulenza sembra essere un processo strutturato volto ad una maggiore condivisione con il cliente. Grazie all’indagine annuale svolta da AIPB sulla clientela target, non mancherà l’occasione di tenere monitorato l’andamento del livello di percezione di questa maggiore condivisione da parte della clientela stessa. Oggi infatti, l’investitore private, se intervistato, non sembra avere le idee chiare su quale sia il confine tra consiglio, raccomandazione, consulenza, pianificazione. Dalle indagini AIPB, risulta che nel 66% dei casi coincide con la presentazione periodica da parte del suo referente per gli investimenti della performance dei prodotti o del portafoglio complessivo. Sono pochi ad esempio gli elementi relativi al monitoraggio del rischio nel tempo, perché se da una parte il 78% della clientela private considera importante che gli venga illustrata la rischiosità del suo portafoglio secondo parametri oggettivi, solo il 60% dichiara di riceverlo. 

Con la recente crisi finanziaria i clienti private italiani, tradizionalmente su posizioni piuttosto conservative e con grande esposizione sull’obbligazionario, non hanno registrato ingenti perdite. L’industria, però, ha realizzato che la gestione del rischio di portafogli personalizzati vale di più delle performance. I cantieri sono aperti in questa direzione. Come si concretizza? 
Gli allarmi ripetuti sui principali quotidiani finanziari in merito alla pericolosità presunta di alcune categorie di prodotti finanziari, riportano l’attenzione anche sui processi di selezione e sulle tecniche di composizione dei portafogli. È ormai chiaro come i clienti ragionino in termini di bisogni da soddisfare mentre gli operatori trovino ancora difficoltà oggettive nel tradurli in asset class comprensibili per il cliente. Se a questo si aggiunge un livello di diffidenza ancora alto da parte del cliente per tutto ciò che ha una durata superiore ai 12 mesi, differenziare e fare pianificazione finanziaria in maniera professionale e qualificata diventa difficile. La domanda che si sta ponendo AIPB nei suoi tavoli attuali di studio, è se le case prodotto non possano fornire un maggior supporto da questo punto di vista ai distributori. Riteniamo infatti che, se da una parte la consulenza finanziaria a pagamento rappresenti per investitori e distributori una sfida culturale necessaria per una sostanziale rivisitazione dei modelli di servizio, l’impegno nel conciliare l’esigenza di semplicità e trasparenza con i crescenti livelli di innovazione e un’offerta sempre più articolata e completa riguardi anche le case prodotto. Abbandonare la tradizionale concezione industriale del “make and sell” per accogliere il nuovo mantra del “sense and respond” aiuterebbe a creare e distribuire quello che serve all’investitore e quello che l’investitore vuole. In questo modo il prodotto potrebbe diventare un elemento distintivo e rappresentativo del livello di expertise e di know-how sia di chi lo produce, che di chi lo distribuisce. Per permettere al cliente di decidere se desidera acquistare un servizio di consulenza più sofisticato, e quindi più costoso, impegnandosi così ad un maggior coinvolgimento, non si può sottovalutare l’importanza del grado di comprensibilità dei supporti informativi predisposti dall’industria. A prescindere dal conflitto di interessi, problema che sembra tenere occupata l’industria più di quanto preoccupi effettivamente l’investitore, e sebbene oggi il grado di conoscenza finanziaria sia cresciuto sia tra gli uomini che tra le donne grazie o a causa della crisi finanziaria, un ulteriore ostacolo da superare sembra essere l’individuazione degli strumenti a disposizione per poter scegliere tra un prodotto finanziario o un altro.” 

Su cosa si sta puntando per tenere monitorato il rischio?

Le banche private si stanno strutturando per implementare sistemi di monitoraggio che consentano di controllare in modo continuativo il rischio nei singoli portafogli. Di seguito gli elementi che ad oggi sono sottoposti a sistemi di alert.

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