Cara pensione, quanto mi costi

Dal primo gennaio del 2012 sono in vigore i nuovi requisiti per accedere alla pensione. L’età di accesso al trattamento previdenziale è stata innalzata: uomini e donne nel pubblico impiego devono aspettare i 66 anni per ottenere la pensione di vecchiaia mentre per le donne del settore privato l’innalzamento è graduale e si arriva a 66 anni nel 2018. La pensione di anzianità non c’è più, così come sono sparite le finestre mobili e c’è più flessibilità nell’accesso al trattamento. Si può infatti chiedere una pensione anticipata a 41 anni e tre mesi di contributi per le donne e con un anno in più per gli uomini.

Di base, l’effetto principale della riforma è il ritardo del pensionamento che significa meno rate pensionistiche da erogare per l’Inps e maggiori contributi versati. La conseguenza di questo, sono un tasso di sostituzione e una pensione più corposi ma l’assegno lo si incasserà per meno anni. Il Mefop, la società per lo sviluppo dei fondi pensione lo ha calcolato e ha messo in luce anche un altro dato: che l’allungamento della vita lavorativa aumenta il rischio di discontinuità del lavoratore. E parallelamente cresce anche il rischio di salute e autosufficienza. Così, iniziano a diffondersi forme di coperura tra gli enti previdenziali. Intanto ci si chiede il ruolo della previdenza integrativa. Dal decreto Salva Italia escono rafforzati i fondi pensione grazie all’aliquota fiscale agevolata dell’11% contro il 12,5% dei titoli di Stato e il 20% degli altri strumenti finanziari. Questi, poi, sono anche esenti dall’imposta di bollo che è pari allo 0,1% per il 2012 e poi salirà allo 0,15% dal 2013.

Ma il tasso di adesione resta basso in Italia, rispetto al resto d’Europa. Nei fondi pensione, la copertura per non autosufficienza ha ancora uno spazio relativamente limitato anche se è cresciuta nel tempo. Rispetto a un’analisi condotta da Mefop nel 2007 (cfr. Newsletter Mefop n. 30 – luglio 2007), lo scenario di questa prestazione accessoria per i fondo aperti (fpa) è rimasta la stessa. Solo il 13% del totale dei Fpa (9 fondi dei quali 5 offerti dallo stesso promotore) la prevedono, i Pip, invece, sono passati da 4 del 2007 agli attuali 11 (pari al 15% del totale dei Pip del mercato) e sono l’unico tipo di fondo pensione che offre Ltc (long term care) sia in fase di accumulo sia in fase di rendita. Ancora più significativo è stato l’incremento del numero dei fondi chiusi (Fpc) che, avendo partecipato alla gara di Assofondipensione per la selezione dei gestori delle rendite, sono arrivati a prevedere la Ltc come opzione in 27 casi (73% del totale dei Fpc).

Dall’analisi, insomma, i fondi pensione aperti e i Pip associano ancora marginalmente la copertura ltc all’offerta di previdenza complementare mentre è molto ampia l’offerta dei fondi negoziali come effetto della gara sulle rendite di Assofondipensione. “Questa maggiore copertura dei fondi previsti contrattualmente va vista positivamente perchè esistono affinità profonde che legano le prestazioni dei fondi pensione alle coperture di rischi legati alla longevità”, fanno sapere dal Mefop. Il fondo pensione è tipicamente un piano di accumulo pluriennale che consente il potenziale coinvolgimento anche delle fasce di età più giovani, solitamente meno sensibili a tale copertura, e la distribuzione nel tempo del notevole impegno finanziario necessario per l’assistenza ai non autosufficienti. Inoltre, la possibilità di attivare la copertura al momento del pensionamento, destinando una parte del montante finale al pagamento del premio necessario, compensa il fatto che il rischio di non autosufficienza si manifesti in modo sensibile durante la fase di erogazione della pensione e che i lavoratori più giovani percepiscono distante dalla loro realtà il rischio di diventare non autosufficienti.

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