La vera storia dei bancari in fuga

Bisognerà aspettare settembre per capirne bene i contorni ma, nel tanto vituperato mondo delle banche, si riapriranno i tavoli delle trattative e tutto dovrà essere ridiscusso tra Abi, sindacati e governo. Intanto la questione degli esuberi, per il momento, pare essere arginata e non solo, dato che si parla anche di reintegri. Secondo una prima stima dei sindacati, infatti, nelle stanze del dicastero dove si stanno ridefinendo (si spera in fretta) i dettagli della riforma del ministro del Welfare, Elsa Fornero, sono parcheggiati quasi 10mila bancari che sarebbero dovuti uscire di qui al 2015 (secondo i piani siglati dalle parti gli scorsi anni) ma che, per lo slittamento delle finestre, non dovrebbero più trovarsi a spasso. Sta di fatto, però, che nelle banche tira una brutta aria, l’incertezza regna sovrana su orari, premi di produttività e mansioni e si cerca di correre ai ripari. La figura del bancario classico, insomma, è sempre più in crisi, privata com’è (soprattutto rispetto al passato) di garanzie economiche, scatti professionali e reputazione. Intanto, qualcuna delle reti dislocate sul territorio nazionale, in modo diverso, sta alzando la testa per attirare a sé nuove risorse, magari proprio di emanazione bancaria. Soprattutto quelle dalle buone relazioni e dai portafogli corposi.

Quando non sono gli stessi bancari a considerare l’idea di ripensare se stessi in un nuovo ruolo professionale. Avventurandosi, per esempio, nel mondo della promozione finanziaria. Ma il passaggio non è semplice. Comporta una rivoluzione culturale da parte della risorsa (che si troverebbe così a passare da un ruolo da dipendente a uno di libero professionista), nuove competenze da acquisire (siglate dall’iscrizione a un apposito Albo) e la capacità di relazione col cliente. Per capirne il fenomeno, che non è certo legato alla contingenza, ovvero allo spettro esuberi dell’ultim’ora, occorre andare un po’ indietro nel tempo. A livello alto, infatti, il fenomeno del bancario che diventa pf esplode in Italia alla fine degli anni ‘90 grazie all’intraprendenza di alcune reti che hanno cominciato a farsi largo sul mercato attraverso campagne di reclutamento di migliaia di bancari dalla clientela ricca. Un passaggio (dall’enorme successo) guidato dal fatto di acquisire più ampia professionalità, intraprendere la libera professione e avere la possibilità aumentare i livelli della propria redditività. Fideuram ha fatto scuola.

E oggi cosa sta succedendo?

“Le reti continuano il recruiting dei bancari di qualità, con buone relazioni e portafogli interessanti anche se l’intensità sembra non essere più la stessa di quegli anni. Nell’ultimo triennio, infatti, si assiste a una riduzione del numero dei provvedimenti di iscrizione all’Albo a fronte dei requisiti professionali, di cui al dm 472/98, maturati presso le banche e gli altri intermediari autorizzati. Erano oltre 1.200 nel 2009, circa 880 nel 2010 e un centinaio di meno nel 2011. “Anche il rapporto tra le iscrizioni cosiddette ‘di diritto’ e quelle ‘per supermento della prova valutativa’ lo confermano”, commenta Joe Capobianco, d.g. Apf, l’organismo per la tenuta dell’Albo dei pf. Le iscrizioni di diritto erano il 52% nel 2009, nel 2010 parità, mentre nel 2011 c’è il sorpasso delle iscrizioni per superamento della prova: 57% contro il 43% di quelle di diritto. Sul reclutamento di ex bancari da avviare alla professione di promotore, “si cercano operatori con un’esperienza già importante e rapporti ben consolidati. Non è un caso che l’età media dei nuovi iscritti di diritto di fatto coincida con l’età media della popolazione dei pf. Era 46 anni nel 2009 ed è 47 nel 2011, superiore di circa una dozzina d’anni all’età media di quanti vengono iscritti a seguito della prova d’idoneità”, continua.

Chi è adatto a diventare pf

“La consulenza finanziaria necessita di competenze che difficilmente possono combaciare con quelle di profili provenienti da mansioni non strettamente correlate al mondo bancario”, precisa Enzo Ruini, sales manager Italy Banca Generali. E continua: “Del resto le banche, in genere, fanno di tutto per tenersi strette le buone risorse e se la persona è stata in grado di costruire negli anni una buona relazione coi clienti tenderà, anche in un momento come questo, a rafforzarla ulteriormente. Mentre invece, se ci si rende conto di avere professionalità spendibili sul mercato in una logica più dinamica e meno ingessata di quella bancaria, allora ben venga il cambiamento. Ma questo prescinde dal contesto critico attuale”. Un bancario che sta in amministrazione o in cassa difficilmente potrà diventare un pf ed essere appetibile alle reti, mentre una figura da ufficio titoli o il responsabile di una filiale, “ovvero persone con rapporti consolidati con la clientela che investe potrebbero avere i requisiti necessari per la professione”, continua Ruini.

Quali trend cogliere?

“I dati relativi ai primi sei mesi del 2012”, dice Capobianco, “non sono ancora sufficienti a delineare un quadro preciso. Le iscrizioni di diritto ammontano a 430, pari al 52%. Se le percentuali dovessero trovare conferma anche a fine anno, ci potremmo trovare di fronte a un’ennesima inversione di tendenza, con un differenziale di 9 punti percentuali rispetto allo scorso anno. Circa le future evoluzioni, vedo anche un’altra possibilità legata agli esuberi del personale bancario di grande attualità di questo periodo. Le banche potrebbero concepire, o forse lo hanno già fatto, l’idea di qualificare le figure professionali in esubero verso il ruolo commerciale e di consulenza del pf. Attendiamo la fine delle iscrizioni alle prove delle terza sessione 2012 per riscontrare i primi veri segnali, tenuto conto che parliamo di personale bancario che non avrebbe i requisiti per accedere di diritto all’Albo”, conclude.

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