La svolta inizia con i pf bancari

Il sistema bancario, oltre ai serissimi problemi contingenti, presenta criticità strutturali enormi. Quello italiano, se volesse raggiungere gli standard dei Paesi del Nord Europa, dovrebbe chiudere da 10mila a 20mila sportelli bancari oggi. Domani, con l’evolversi della tecnologia, forse di più. Il cambiamento di strategia che sembra profilarsi presso le banche deve indurre le reti dei promotori finanziari a una profonda riflessione per valutarne tutti i rischi e le opportunità. Il rischio è che gli istituti blasonati si mettano a competere con le reti, in particolare con quelle che usano il brand “banca”, per acquisire nuovi clienti.

La competizione sarà dura e per alcuni concorrenti – i piccoli, naturalmente – sarà una sfida per la sopravvivenza. Per la loro potenza, le banche potrebbero prevalere nella competizione, tranne che nei confronti di chi avrà saputo anticipare il mercato con soluzioni più innovative che alternative. Le reti che si sono dotate della banca – quasi tutte – ma che non fanno della banca il loro core business si troveranno a competere con le reti delle banche. Ma, come già detto, ci sono anche delle opportunità. Un fattore di sviluppo della professione, infatti, sarà proprio l’immissione sul mercato dei pf bancari. Costoro trasformeranno l’immagine della professione e le daranno un’affidabilità traslata dall’abitudine di considerare tutte le attività bancarie normali e garantite.

È probabile poi che in poco tempo cambi anche la denominazione: non più “promotori finanziari”, ma “consulenti finanziari”. Il cambio potrà consentire una diffusione senza più grandi ostacoli per la professione. I promotori finanziari, poi, hanno un altro vantaggio competitivo che devono assolutamente sfruttare: l’esperienza e la competenza nello stabilire relazioni professionali durature con i clienti. Invece di contendere alle banche l’apertura di nuovi conti correnti, forse potrebbero più opportunamente dedicarsi innanzitutto al patrimonio da gestire e amministrare e usare il conto corrente come un servizio ancillare per ottimizzare l’esecuzione dell’attività di consulenza oggettiva e/o soggettiva.

Per capire il valore professionale ed economico di questa impostazione, è sufficiente fare un’analisi degli asset che i singoli clienti affidano ai promotori finanziari. Gli asset medi dei promotori delle reti che hanno privilegiato l’attività bancaria sono nettamente più modesti degli asset dei clienti dei promotori finanziari delle reti che si sono concentrati su gestito e amministrato. La rilevanza professionale e di conseguenza il ritorno economico sono notevoli, a parità di portafoglio. Un promotore finanziario con un portafoglio concentrato su gestito e amministrato, rispetto a un suo collega con un portafoglio concentrato su amministrato e liquidità, ha un ritorno economico forse multiplo rispetto al secondo. In più, si occupa della tutela del patrimonio, che per il cliente privato è più importante del conto corrente e degli altri servizi bancari.

Tutti i promotori finanziari, invece, hanno la grande chance di acquisire quote di mercato nell’ambito di un settore molto più gratificante, sotto ogni punto di vista: quello della ricchezza finanziaria delle famiglie, dove stanno finalmente dando segni di crescita. E il potenziale è elevatissimo, considerato che non hanno nemmeno raggiunto il 10% di quota di mercato. In conclusione: una saggia politica di offerta basata su prodotti e servizi che servono al risparmiatore, assistita da una comunicazione chiara, da strumenti e costi trasparenti, e proposta soprattutto nel rispetto degli interessi dei clienti, e lo sviluppo della stessa consulenza intesa come competenze e capacità di approfondimento superiori, possono dare una svolta definitiva all’attività nel giro di pochi anni.

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