Scozia, i promotori finanziari rifiutano l’indipendenza

IL SONDAGGIO – Mentre il fronte dei “sì” al referendum supera per la prima volta il 50%, la maggioranza dei consulenti finanziari scozzesi è contro la possibile indipendenza della Scozia. Secondo un sondaggio condotto da The Personal Finance Society (Pfs) e al quale ha dato ampio risalto la stampa britannica di settore, il 79% dei consulenti voterà “no” al referendum sull’indipendenza del paese alla Gran Bretagna. Solo l’11% degli intervistati è favorevole, mentre il 10% è ancora indeciso.

IL “NO” DEGLI ADVISOR
– “Non sono stato sorpreso dal risultato”, ha commentato Dennis Osman di Pfs. “C’è un consenso generale sul fatto che l’indipendenza si tradurrà in maggiori costi per i consulenti finanziari”. Ma ovviamente sul referendum pesano, e molto, fattori storici, politici, sociali e personali. Tanto che la percentuale dei favorevoli nel paese è salita sopra il 50%. Le incertezze ricadono anche sul mondo finanziario britannico. Il colosso bancario Lloyds potrebbe spostare la sede legale da Edimburgo a Londra, e la banca d’affari Goldman Sachs parla di “conseguenze seriamente negative” per entrambe le economie.

COSA CAMBIA – Cosa cambierebbe dunque per la Scozia e il resto del paese? La Gran Bretagna perderebbe l’8% della popolazione e il 32% del territorio. La Scozia, con un’economia di 150 miliardi di sterline, contribuisce per il 10% all’intera economia britannica e, senza considerare l’industria petrolifera, l’8,2% di tasse. La moneta sarebbe più debole e le mancate entrate fiscali del petrolio inciderebbero in maniera negativa sul deficit dello Stato. 

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