Paesi emergenti salvati dalle famiglie

Secondo il parere di John Greenwood, chief economist di Invesco, “la ripresa economica globale sta avanzando come se il mondo fosse diviso in due universi distinti ma paralleli, almeno in termini di struttura patrimoniale e performance economica – chiarisce in un report – Nel mondo sviluppato occidentale la ripresa è, nella migliore delle ipotesi, moderata in alcune economie, ma incerta e persino fragile in altre”.

I governi e le banche centrali delle economie sviluppate “mantengono politiche fiscali espansive su vasta scala – chiarisce Greenwood – anche se alcune banche centrali stanno gradualmente cominciando a ritirare alcune delle misure monetarie di allentamento più aggressive”. Tutto questo mantiene alto il rischio di deprezzamento della valuta, di un’imminente crisi dei titoli di stato e persino di deflazione.

Diverso il discorso per i paesi emergenti, in particolare per l’area asiatica (naturalmente senza considerare il Giappone) e per l’America Latina. In questo caso, sempre secondo Greenwood “le misure monetarie e fiscali di allentamento varate durante la recessione hanno già dato vita a una solida ripresa del mercato interno ed è attualmente in atto un processo di normalizzazione della politica monetaria volto a evitare che si presenti il rischio di bolle degli asset o di inflazione dei prezzi al consumo”. Ma il merito di tutto questo va anche attribuito alle famiglie e alle banche.

“Nelle economie emergenti, e in particolare nei paesi asiatici (Giappone escluso) (ad es. Cina e India) e in aree dell’America Latina, le crisi finanziarie degli anni ’90 hanno intimorito a tal punto famiglie, banche e imprese che esse non hanno mai preso parte alla bolla creditizia e immobiliare che ha travolto le economie sviluppate occidentali dopo il 2001 – conclude lo chief economist di Invesco – “La riluttanza a contrarre debiti, unita alla riluttanza a concedere prestiti da parte di banche e altri istituti di credito, ha permesso ai bilanci di mantenersi solidi e la spesa è rimasta nettamente entro i limiti della produzione economica, generando surplus delle partite correnti in molte di queste economie”.

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