Risparmio gestito – Il 2011 dei big

Swiss & Global

Allorché le recenti notizie nel mondo sviluppato sono perlopiù incentrate sui problemi del debito sovrano e sul rischio di insolvenza, viene prestata scarsa attenzione agli ultimi dati sulla crescita economica. Ma la poco entusiasmante realtà è che, dopo la buona ripresa dalla recessione del 2009, negli ultimi due trimestri l’espansione è considerevolmente rallentata nella maggior parte dei paesi del G7. Nel 2011 la crescita del PIL nelle economie industrializzate dovrebbe attestarsi in prossimità del nuovo livello tendenziale potenziale di lungo periodo, pari a circa il 2-3%. Tuttavia, in alcuni paesi europei periferici i massicci piani di consolidamento dei conti pubblici potrebbero provocare una nuova recessione, il cosiddetto “double dip”. I problemi legati a questa ripresa economica sottotono nelle aree sviluppate sono una disoccupazione persi stentemente elevata e l’impossibilità di ridurre i debiti pubblici ingenti e ancora in aumento tramite la crescita. Inoltre, anche solo un modesto rialzo dell’inflfl azione potrebbe spingere alcune economie nella trappola della stagflfl azione, da cui sarà difficile uscire.

Invesco

Sui mercati finanziari, i mesi conclusivi del 2010 sono stati dominati da un forte rialzo degli asset di rischio, accompagnato da un deprezzamento del dollaro USA da inizio settembre alla prima settimana di novembre e seguito da una parziale inversione di tendenza a novembre e dicembre. Il rally è stato innescato dal discorso di tardo agosto del presidente della Fed, Ben Bernanke, al Jackson Hole che suggeriva la probabile attuazione da parte della Fed di un ulteriore ciclo di quantitative easing (QE). L’ondata di vendite di quegli stessi asset di rischio è stata spazzata via il 3 novembre con l’annuncio effettivo dell’introduzione del QE2 e con la contemporanea intensificazione della crisi del debito irlandese. Questi due eventi, la decisione della Fed di avviare il QE2 e la crisi irlandese, sono i sintomi dei problemi descritti nelle mie prospettive degli ultimi due anni, più precisamente la ripresa economica inferiore alla media nelle economie sviluppate, derivante a sua volta dai bilanci eccessivamente indebitati delle famiglie e dei settori finanziari, nonché la necessità di ridurre la spesa, aumentare il risparmio e trasferire il debito del settore privato sui bilanci del settore pubblico. Il tentativo della Fed di stimolare l’attività con l’acquisto di ulteriori USD 600 miliardi di buoni del Tesoro deriva dal malcontento dei membri dell’FOMC riguardo al tasso di riduzione della disoccupazione e la loro preoccupazione in merito al fatto che l’inflazione è un pò bassa rispetto ai livelli che il Comitato giudica coerenti, sul periodo più lungo. La crisi del debito irlandese non è tanto una crisi delle finanze del governo (come nel caso della crisi della Grecia, precedentemente nel 2010), ma primariamente una crisi bancaria traboccata nel settore pubblico sulla base della necessità di una maggiore ricapitalizzazione delle banche da parte del governo. La crisi di novembre è scoppiata nonostante i precedenti sforzi eroici dell’Irlanda di ridurre il deficit budgetario e derivata direttamente dal precedente fallimento del governo irlandese di operare in modo da convincere gli investitori di aver iniettato fondi sufficienti nelle banche irlandesi enormemente (rispetto al PIL dell’economia) e fortemente indebitate. Alla luce dell’entità dell’impegno lordo verso l’esterno delle banche irlandesi di USD 824 miliardi nel 2° trimestre 2010, fornire garanzie ai depositari era semplicemente non credibile. Diversamente dalla situazione della Grecia per cui il problema era primariamente la prolungata (e celata) mancanza di responsabilità fiscale, il problema fondamentale in Irlanda è correlato alla natura dell’Eurozona quale unione monetaria. Negli anni del boom dopo il 2003, il denaro confluiva in quelle economie periferiche ove i costi erano più bassi e i regimi fiscali più interessanti per gli investimenti con il risultato che economie, quali l’Irlanda e la Spagna, hanno assistito a tassi di crescita di denaro e credito del 20-30% p.a. Le bolle in ambito immobiliare residenziale e commerciale si sono inevitabilmente sviluppate, unitamente al ticchettare della bomba a orologeria dei cattivi prestiti la cui spoletta si sarebbe accesa allo scoppio della bolla. Il problema consiste ora nel fatto che la bomba a orologeria dei prestiti insoluti sta esplodendo mentre molti che negli anni del boom hanno accumulato depositi presso le banche irlandesi, adesso li stanno progressivamente ritirando. Queste due questioni domineranno lo stato di salute di lungo periodo dell’Eurozona. Innanzitutto, il sistema di governance e supervisione a livello CE della spesa e imposizione fiscale nazionali all’interno dell’area dovrà essere consolidato per assicurare la conformità a livello nazionale con le norme del Trattato di Maastricht sui deficit budgetari e sul debito governativo che sono in effetti in sospeso. Senza un maggiore controllo e audit a livello sovranazionale, i piani nazionali per il consolidamento fiscale ai fini della riduzione dei rapporti indebitamento/PIL a livelli più cauti nell’arco dei prossimi anni non saranno credibili. La seconda questione, ossia l’instabilità monetaria nelle aree periferiche, è perlomeno meno gestibile e non vi è altra soluzione ovvia se non la rottura dell’unione monetaria. Entrambe le questioni evidenziano il gap tra il desiderio ampiamente percepito di una maggiore coesione politica in tutta l’Europa e la necessità di un’espressione più concreta e chiara di ciò nella sfera economica e monetaria.

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