Fondi, il Global Evolution Frontier Markets arriva sul mercato retail

FRONTIER MARKETS – Il comparto “Frontier Markets”, gestito dalla boutique danese Global Evolution, ha completato il suo iter di autorizzazione alla distribuzione e quindi all’offerta per il segmento retail in Italia grazie anche a Capital Strategies Partners, la società di advisory che ha introdotto sul mercato italiano il fondo e ne promuove la commercializzazione. Dal 1° aprile è infatti possibile anche per un risparmiatore privato accedere al fondo, che rappresenta un’opportunità per diversificare il proprio portafoglio: il “Frontier Markets” investe nel debito sovrano dei Paesi di frontiera, sia in valuta forte che locale, su una base molto differenziata al fine di ottenere un alto livello di decorrelazione rispetto alle altre asset class. Armonizzato Ucits IV, rappresenta asset per circa 570 milioni di euro e ha realizzato un rendimento annualizzato del 7,70% con volatilità del 3,5% dal lancio avvenuto nel 2010. Di seguito il commento di Soren Rump, ceo di Global Evolution (nella foto).

In che modo il Frontier Markets è uno strumento adatto alla diversificazione in quanto decorrelato rispetto alle altre asset class?

La strategia di diversificazione pone un limite all’esposizione su singolo paese del 5% dell’AuM e i mercati locali nei quali tipicamente investiamo hanno un tasso di partecipazione estera del 10/15%, mentre i dieci maggiori mercati locali rappresentati dal principale indice, il GBI EM Global Diversified, hanno in genere un tasso di partecipazione estera  attorno al 30% di media ed in alcuni casi anche sopra al 45%. Nei mercati emergenti il debito sovrano è la migliore asset class a nostro avviso. Il debito corporate potrebbe sovraperformare il debito sovrano in un mercato in rialzo, ma quando il mercato ritorna difficile la nostra esperienza è che la liquidità e la performance soffrono di più nel debito corporate. Nei cicli economici di debolezza, un’azienda deve contare sulle sue forze e affrontare vendite in diminuzione, potere d’acquisto inferiore e margini di profitto in calo. Al contrario, il debito sovrano può beneficiare di cambiamenti fiscali e –se necessario- di supporto finanziario da istituzioni finanziarie multilaterali come il FMI. Per formulare le proprie decisioni di investimento sul debito corporate è necessario disporre di approfondite ed estese ricerche bottom-up sul management, sulle condizioni di mercato, sulla solidità finanziaria, sul rispetto degli standard del codice etico all’interno dell’azienda e nei confronti dei  fornitori.

Secondo quali parametri scegliete i Paesi in cui investire?

Generalmente tendiamo a sovrapesare quei paesi che sono caratterizzati da produzione ed esportazione di materie prime, relativamente solidi dal punto di vista fiscale e dei bilanci esterni e con un un governo che mostri la giusta attitudine a riforme strutturali della società e dell’economia nel suo complesso. Comunque, il valore relativo e i temi di investimento cambiano nel tempo. A titolo esemplificativo, il rallentamento globale che porta ad un improvviso calo del prezzo delle materie prime ci farà abbandonare il sovrapeso per ragioni tattiche. Un secondo esempio: la crisi del debito dell’area Euro, la pressione sulle banche che li costringe a snellire i bilanci e gli effetti di ripercussione sull’Europa centro-orientale ci farà sottopesare questa regione per un certo periodo. Nel nostro fondo Frontier Markets, le posizioni più importanti sono in Ghana, Mongolia, Sri Lanka, Serbia, Kenya e Nigeria. Al momento le economie, le politiche fiscali e l’attuale disponibilità alle riforme in questi paesi potrebbero non essere al punto in cui vorremmo che fossero, ma le cose si stanno muovendo nella giusta direzione. Il Ghana è recentemente diventato un produttore di petrolio ma paragonato ad altre economie africane, quella ghanese è ben diversificata: oltre al petrolio, infatti, esporta oro, cacao e legname. L’organizzazione politica ed istituzionale si è dimostrata stabile ed il paese beneficia del supporto politico e finanziario di USA, Regno Unito e Cina. La Nigeria, con comprovate riserve di petrolio e gas pari circa al 25% di quelle di tutta l’Africa e una popolazione giovane di 160 milioni di persone, che ci si attende arrivi a 250 milioni entro il 2030, è dura da battere. A nostro avviso, il Presidente Jonathan Goodluck ha fatto un buon lavoro implementando le riforme e rafforzando l’organizzazione politica. Troviamo i loro rendimenti locali che si attestano attorno al 18% estremamente interessanti con un tasso di inflazione al 12,9%.

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