I fondi sovrani prediligono la finanza e l'immobiliare

I fondi sovrani sono attratti dalle società finanziarie e dal segmento immobiliare. A rilevarlo è il FEEM – Monitor Sovereign Wealth Fund Database, il piu’ grande database di monitoraggio e analisi delle operazioni di fondi sovrani, pensato e realizzato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei e da Monitor Group, e aggiornato dall’Università dell’Oklahoma.

Lo studio presentato quest’oggi a Londra evidenzia che dal 1986 a oggi, i fondi sovrani (SWF, Sovereign Wealth Fund) hanno destinato il 54,6% del valore complessivo dei propri investimenti alle società del settore finanziario (il 30,9% delle operazioni d’investimento) e il 15,3% al settore immobiliare (l’11,9% delle operazioni), e hanno investito prevalentemente negli Usa (10,9% delle operazioni di investimento, 22,2% del loro valore) e in Cina (6,5% delle operazioni, 8,7% del loro valore).

Oltre al finanziario e all’immobiliare il database, che ha analizzato circa 1.216 operazioni di investimento svolte da circa 28 fondi sovrani tra il gennaio del 1986 e il settembre del 2008, indica tra gli altri settori d’investimento anche l’information technology (7,5% del totale operazioni di investimento, 7,7% del valore complessivo degli investimenti), il segmento industriale (9,1% del totale operazioni di investimento, 5,3% del valore complessivo degli investimenti), i servizi (4,9% del totale operazioni di investimento, 2,9% del valore complessivo degli investimenti), il manifatturiero (6,2% del totale operazioni di investimento, 2,8% del valore complessivo degli investimenti), le telecomunicazioni (4,3% del totale operazioni di investimento, 2,3% del valore complessivo degli investimenti), e le infrastrutture (1,3% del totale operazioni di investimento, 4,0% del valore complessivo degli investimenti).

Inoltre dall’analisi risulta che circa tre quarti degli investimenti sono large (tra 1 e 3 miliardi di dollari) mentre quelli definiti very large (oltre i 3 miliardi di dollari) sono concentrati negli ultimi tre anni. E considerando più da vicino le operazioni, i megadeals (vale a dire gli investimenti oltre 1 miliardo di dollari) hanno riguardato per il 35% le società quotate mentre la parte restante (65%) sono andati a beneficio di soggetti non quotati, come fondi di private equity e settore immobiliare.

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