L’ora di accumulare nell’Unione

di Patrizio Pazzaglia

Il pessimismo sembra ormai essersi radicato tra gli investitori, intimoriti dalla montagna di debito che dal sistema finanziario si è ora propagata sui bilanci pubblici di gran parte dei paesi occidentali.
E così dopo le emissioni societarie, in particolare quelle del comparto bancario, adesso i titoli di stato dei paesi meno “virtuosi” subiscono la disaffezione degli operatori e vengono percepiti, in alcuni casi, come i nuovi asset “tossici” da cui tenersi lontani. Peccato che le stesse emissioni siano presenti in modo massiccio nei portafogli di proprietà di tutte le istituzioni finanziarie che ne hanno anzi incrementato l’esposizione investendovi la liquidità a basso costo presa a prestito dalle Banche Centrali. Secondo i pessimisti sembrerebbe quindi plausibile uno scenario di paura e di “diffidenza” analogo a quello post Lehman, con i tassi interbancari che già segnalerebbero un’iniziale e indicativa tensione.
Ci permettiamo di dissentire almeno in parte poiché, anche se la situazione non appare di facile risoluzione, i drammi del recente passato dovrebbero essere stati di insegnamento per i policy maker che, dopo le iniziali e deleterie perplessità tedesche, si sono mobilitati per cercare di fare fronte comune. L’azione di sostegno già avviata dovrebbe essere comunque portata avanti con maggiore coesione e senza tentennamenti in modo da scoraggiare la speculazione. La partita è troppo importante per essere affrontata con superficialità, come evidenziato anche dal monito di Obama alla Merkel, ed in più il miglioramento della congiuntura economica internazionale rappresenta una maggiore garanzia per il futuro andamento dei mercati finanziari. È vero che l’Eurozona dal punto di vista della crescita non presenta una particolare forza relativa, ma è altrettanto vero, come da stime dell’Ocse, che una flessione del 10% della moneta unica rispetto al dollaro americano, comporterebbe un incremento aggiuntivo del Pil di circa l’1%. È su questa base di partenza che si potrebbe adottare una strategia di accumulazione sulle borse di Eurolandia. A tal proposito, ribadiamo la nostra preferenza nei confronti dei mercati azionari italiano e tedesco, le cui economie risultano storicamente dipendenti dai flussi legati alle esportazioni e i cui rapporti deficit/Pil non segnalano pericolosi e ampi sconfinamenti.
L’articolo completo lo puoi trovare su Soldi,
in edicola in questi giorni

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!