Più domanda di servizi innovativi

E’ venerdì e sono da poco passate le 16.00, da Jackson Hole non giunge il sospirato via libera a una nuova tornata di acquisti di titoli di stato da parte della Federal Reserve e i mercati azionari di tutto il mondo tornano a scendere, salvo poi invertire nuovamente la rotta e tornare a salire. In pochi minuti chi aveva sperato che potesse essere messa la parola “fine” a una delle estate più tormentate e volatili, dal punto di vista finanziario, degli ultimi anni si deve ricredere. In questo clima Bluerating ha intervistato Riccardo Ambrosetti, classe 1963, presidente e fondatore della comasca Ambrosetti Asset Management, nata nel 2003 a seguito del management buy-out di Forinvest Spa, società di consulenza in valori mobiliari operante fin dal 1987 sul mercato italiano.

Dottor Ambrosetti di cosa si occupa la vostra società?

Ambrosetti AM fornisce servizi di investimento a investitori professionali quali gestori patrimoniali, tesorieri, gestori di fondi comuni e sicav. Non operiamo, invece, con la clientela retail.

Qual è la caratteristica che contraddistingue Ambrosetti AM rispetto ad altre sim di consulenza operanti in Italia?

Crediamo che sia il nostro approccio, decisamente efficiente e peculiare. I consigli d’investimento che forniamo alla nostra clientela si basano su un protocollo decisionale, denominato Evidence Based Asset Management, fondato su un approccio scientifico e dimostrabile che prende le mosse dal concetto di mercati non efficienti e sfrutta con un approccio statistico-probabilistico gli squilibri che si vengono a creare tra domanda e offerta. I risultati sin qui ottenuti ci danno ragione, visto che, caso abbastanza raro nel panorama italiano, la maggior parte dei nostri ricavi derivano da performance fee, calcolate secondo il metodo del “high water mark” (ossia le commissioni di performance scattano solo nel momento in cui i portafogli consigliati ottengono un risultato positivo superiore a quello già raggiunto in precedenza, mentre non sono calcolate nel caso di semplici recuperi di posizione, ndr).

Mercati volatili come quelli attuali sono difficili da affrontare o portano a un incremento della domanda dei vostri servizi?

In mercati così volatili cresce fortemente la domanda di soluzioni d’investimento innovative, a fronte di una diffusa delusione per i risultati ottenuti da precedenti investimenti. Questo offre l’opportunità a società come Ambrosetti AM di accrescere la propria quota di mercato incrementando la propria clientela, tanto più su un mercato ancora molto da sviluppare come quello italiano, ancora fortemente “bancarizzato”, dove la consulenza è stata a lungo frenata e tanto più dopo la Mifid. E dove non tutti sembrano disporre degli stessi atout. In pochi sanno che in Italia a fronte di 101 Sim, di cui 25 di consulenza “pura”, esistono ben 2.153 imprese d’investimento senza succursale. Ossia società originarie di altri paesi comunitari, regolarmente dotate della “patente” europea, che trovano interessante affacciarsi sul mercato italiano del risparmio, in molti casi potendo sfruttare minori costi e normative più snelle rispetto a ciò che contraddistingue la situazione italiana. Qualcosa vorrà dire, non crede? Per cui non mi stupirei di vedere, come è già capitato nel caso delle società prodotto, qualche sim di consulenza italiana trasferire la propria sede magari in altri Paesi comunitari per sfruttare i minori costi e la maggiore efficienza di tali paesi.

Secondo lei quello della consulenza “fee only” sarà uno sbocco importante, negli anni, per promotori e consulenti persone fisiche in Italia?

In realtà occorre intendersi sulla figura del consulente. In Italia questa attività è stata svolta per molti decenni da figure professionali quali avvocati, commercialisti e notai. Mentre per i promotori finanziari la possibilità di diventare un consulente è legato a specifiche situazioni personali: difficile che un grande portafoglista, dopo alcuni decenni passati ad operare quale promotore finanziario per una o poche mandanti, decida di cambiare casacca e andare dal cliente spiegando che fa meglio a non utilizzare più quei fondi e quelle gestioni che lui stesso per anni gli ha consigliato, per di più pagando una parcella per i consigli che l’ex promotore, trasformatosi in consulente indipendente, intende ora suggerire al cliente stesso. Semmai è possibile che i promotori più giovani, che poco hanno da perdere specie considerando il difficile contesto dei mercati negli ultimi anni, possano provare a trasformarsi in consulenti per cercare di migliorare le proprie prospettive professionali. In tutti i casi credo comunque che la tendenza a emergere sarà tanto maggiore quanto più stringente sarà l’obbligo normativo di “emersione” di questa professione. In ogni caso gli effetti saranno evidenti non certo dall’oggi al domani, ma solo dopo almeno 2-3 anni dall’entrata in vigore dell’Albo nazionale.

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