L’altra metà degli investimenti

La capacità di muoversi da una riunione lavorativa a una scolastica, passando dalla spesa al supermercato alla cura dei familiari, ha reso le donne non solo multitasking, ma decisamente ben organizzate. Anche quando si tratta di decidere come investire. Lo afferma una ricerca di Hedge Fund Research, secondo cui i fondi hedge gestiti dal gentil sesso riescono a ottenere un rendimento maggiore rispetto a quelli guidati dagli uomini a prescindere dal fatto che il calcolo venga effettuato su uno, tre o cinque anni. Dal 2007 a oggi i fondi hedge al femminile hanno reso infatti il 59% contro il 37% della media del settore. In pratica ben 59 euro su 100 investiti contro 37.

Ancora poche donne nel finance
Nonostante ciò, di donne nel mondo della finanza se ne vedono ancora poche. Un’indagine dal titolo “Addressing Gender Folklore”, condotta da State Street su 864 professionisti del risparmio in 19 paesi (Italia inclusa) ha misurato il cosiddetto “gender gap”, il divario tra donne e uomini in alcune professioni che implicano una gestione degli investimenti. Le prime sono sempre in decisa minoranza: raramente a loro viene affidata la gestione dei piani pensionistici, sia di natura pubblica, sia di natura privata o il patrimonio delle fondazioni (22% la quota delle donne contro il 78% degli uomini). Rappresentano il 20% degli asset manager attivi e solo il 34% di chi si occupa di consulenza o di intermediazione negli investimenti in maniera professionale. L’indagine si spinge fino ad evidenziare delle differenze di genere ben precise nell’approccio agli investimenti tra cui il grado di avversione al rischio e la capacità di analisi in situazioni di elevata complessità. In generale le donne tendono a evitare l’assunzione di rischi percepiti come inutili. Tale inclinazione spiegherebbe perché preferiscono detenere una quota maggiore di investimenti liquidi (45% contro il 37% degli uomini) e tendono ad operare in Borsa con minor frequenza dei colleghi maschi.

Fai da te più prudente
Le stesse differenze tra uomini e donne si ritrovano se dalla gestione del risparmio a livello professionale ci si sposta sul piano delle scelte di investimento prese a livello individuale. Una parte della ricerca ha messo in luce tre importanti fattori distintivi: il processo decisionale (le donne sono più inclini a prendere decisioni condivise), gli aspetti caratteriali (si sentono meno sicure) e la cultura finanziaria (entrambi i sessi mostrano una buona conoscenza dei prodotti, ma sui concetti base le donne risultano meno preparate).
In materia di risparmi tutto il mondo è paese: le risposte ottenute complessivamente dall’indagine sul campione su scala globale si possono ritrovare anche in riferimento alla sola popolazione italiana.
Ad esempio, il 28% delle risparmiatrici italiane tende a condividere le decisioni di investimento con il coniuge mentre solo il 13% degli uomini fa altrettanto. Il 72% delle donne dichiara di prendere in totale autonomia le proprie decisioni di investimento contro l’87% degli uomini.

Conquistare le risparmiatrici: una sfida per i professionisti
Le donne italiane, al pari di quelle del campione globale, ripongono una fiducia inferiore nei professionisti del risparmio: al consulente finanziario, inclusi promotori e private banker, ricorre in maniera continuativa il 56% degli uomini e il 48% donne, però i primi si rivolgono anche a consulenti indipendenti (21%), le seconde prediligono di gran lunga ( per il 91%) il promotore o il private banker purché appartenente alla rete di una banca. Una fetta del campione dichiara di non aver mai pensato di ricorrere ad un consulente finanziario e la motivazione varia ancora una volta in funzione del sesso: il 38% degli uomini pensa di non averne bisogno mentre il 39% non lo ha mai fatto per mancanza di fiducia; tra le donne solo il 27% non ritiene necessario avere un consulente, un 19% per mancanza di fiducia e un altro 19% per i costi.

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