Russia, che impatto avrà sull’economia la vittoria di Putin?

A cura di Craig Botham, Emerging Markets Economist, Schroders
A un primo sguardo potrebbe sembrare che le elezioni in Russia non abbiano rappresentato una fonte di rischio politico, visto che il Presidente Putin ha un indice di approvazione che supera il 60%. Tuttavia, non lo considereremmo un mero evento politico.
Per quanto la Russia possa essere percepita come uno stato autoritario, si tratta pur sempre di uno stato autoritario che si affida al processo elettorale per avere un certo grado di credibilità. Di conseguenza, le oscillazioni nei voti porteranno probabilmente a cambiamenti nelle politiche da adottare e, come in altre democrazie, le elezioni possono portare allo stallo alcuni progetti complicati.
In quest’ottica, è interessante notare che il programma di riforme che Putin ha chiesto al suo ex ministro delle finanze Alexei Kudrin è stato deliberatamente ignorato. Inoltre, nel corso di una conferenza stampa a dicembre scorso, Putin ha dichiarato che non ci sarebbero stati cambiamenti al Governo fino a dopo le elezioni di marzo. Tendenzialmente, eventuali cambiamenti significativi sarebbero già stati annunciati.
Ci sono due modi di leggere questa situazione. Il primo è che Putin non stia pianificando alcun cambiamento e sia soddisfatto del suo approccio solito, visto che i prezzi del petrolio sono stabili e ben al di sopra del livello assunto come minimo nel bilancio fiscale. Alcuni ritengono che solo una crisi potrebbe far nascere un clima di riforme in Russia e sicuramente esistono elementi a sostegno di questa tesi. Riteniamo che si tratti dell’opinione dominante in termini di prospettive di mercato.
Secondo la visione più ottimistica, Putin starebbe semplicemente aspettando che le elezioni vengano superate per iniziare a promulgare una serie di riforme dolorose ma necessarie. I sostenitori di questa tesi ritengono in primo luogo che Putin non avrebbe dato istruzioni a Kudrin su come tracciare il programma di riforme se non avesse voluto farne uso. In secondo luogo, i sondaggi indicano che Putin non piace in maniera uniforme e costante.
In ogni caso, sembra improbabile che le politiche del Governo cambieranno in peggio dopo le elezioni. Di conseguenza, le elezioni sembrano implicare un rischio politico positivo, anche se tale scenario non si materializzerà fino a dopo marzo.
Parlando invece di rischi negativi, riteniamo che si manifesterebbero soprattutto con un risultato elettorale inferiore alle aspettative per Putin. Un calo significativo della sua popolarità potrebbe tradursi in populismo, sia attraverso un approccio più generoso alla spesa sociale, sia tramite un certo avventurismo in politica estera. Entrambe le possibilità sono rischiose in termini di prospettive per i bilanci pubblici: nella seconda evenienza tale avventurismo potrebbe aumentare le probabilità di vedere sanzioni statunitensi contro l’acquisto di titoli di Stato russi.
La recente destabilizzazione delle relazioni tra Regno Unito e Russia non dovrebbe danneggiare la performance di Putin. Semmai, ad oggi sembra che la risposta russa sia di forte sostegno nei confronti del Presidente attuale. Le annunciate sanzioni contro la Russia fino ad oggi sembrano essere studiate per avere un impatto macroeconomico limitato, essendo focalizzate su specifiche entità ed individui. Se queste dovessero aumentare fino al punto da trasformarsi in sanzioni fiscali contro il debito sovrano russo, la nostra valutazione cambierebbe. Ad oggi il dipartimento del Tesoro statunitense sembra essere contrario a tali misure, avvertendo a inizio febbraio che tali provvedimenti avrebbero potuto destabilizzare altri mercati oltre alla Russia, sebbene tale scenario non sia stato escluso in maniera ufficiale.

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