Consulenti, praticanti a tutto tondo

A cura di Elio Conti Nibali (nella foto), ex presidente Anasf e ex vicepresidente Ocf.

La pubblicazione dello schema di DM unico sui consulenti finanziari avvia finalmente l’iter per mettere ordine ad una serie di problemi che da tempo erano sul tavolo, ma è anche l’occasione per provare a riflettere su temi che incidono sul futuro della nostra professione. In premessa mi piace sottolineare come sia evidente il “buon lavoro” che le associazioni rappresentative dei consulenti finanziari autonomi e delle società di consulenza hanno saputo fin qui portare avanti.

Lo schema di DM, adesso in consultazione pubblica, recepisce positivamente più di una richiesta avanzata nel tempo dalle stesse e risolve, mi pare positivamente, alcune questioni aperte.

Nel dettaglio, con la previsione riportata all’art. 9 della Parte terza , viene previsto il  “Praticantato” svolto presso consulenti finanziari autonomi o società di consulenza, come attività utile per l’acquisizione del requisito di esperienza professionale necessario per ottenere l’iscrizione all’Albo (art. 8).

Le note al testo in consultazione chiariscono che la previsione è mutuata dalla disciplina delle pratiche forensi e del tirocinio dei dottori commercialisti. Le stesse note rinviano anche alla necessità di adattare ai consulenti finanziari autonomi l’operatività sotto supervisione prevista, come requisito di esperienza professionale, per i consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede (art. 81 del R.I.).

Considero puntuale il richiamo “comparativo” alle attività professionali, forse un po’ forzata, invece,  l’assimilazione alla disciplina specifica riguardante l’operatività sotto supervisione per i cf abilitati all’offerta fuori sede.

Basterebbe far riferimento al “momento” del praticantato, precedente la richiesta di iscrizione all’Albo, rispetto all’operatività sotto supervisione che è invece successiva all’iscrizione stessa, per comprendere che le due cose non stanno esattamente sullo stesso piano.

Il senso del mio ragionamento non va comunque  inteso negativamente rispetto alla previsione del praticantato, tutt’altro. Vorrei invece “sfruttare” l’occasione:  possiamo estendere la previsione del praticantato anche  per i cf abilitati all’offerta fuori sede provando a farne un grimaldello che riapra finalmente le danze e inverta la tendenza negativa rispetto il ricambio generazionale, favorendo di nuovo l’accesso alla professione per i giovani?

Il praticantato per gli ex promotori finanziari è storia vecchia, legata ai primi vagiti del nostro Albo, poi accantonata in un periodo però di forte crescita numerica.  Il praticantato fu visto in un certo momento  come un limite, un meccanismo che rallentava gli inserimenti, un laccio che faceva mordere il freno in un mercato esplosivo, e si decise di accantonarlo.

Oggi ci confrontiamo con una situazione ben diversa, una  fase più matura, ma con un potenziale ancora tutto da esplorare che necessariamente bisogna di nuove leve che debbono però essere aiutate a conoscere il mercato ed a verificare le proprie attitudini. L’industria ha molto investito negli ultimi tempi in percorsi rivolti ai giovani, percorsi anche di eccellenza che hanno richiesto parecchie risorse, umane e non solo.

Non mi pare che i risultati siano stati però all’altezza dei notevoli sforzi. L’occasione della consultazione avviata dal Tesoro può essere utile  per riconsiderare a tutto tondo la previsione del praticantato, valutandone fino in fondo ogni aspetto, se ne potrebbero ricavare tanti vantaggi.

I tempi cambiano e le valutazioni possono anche mutare, soprattutto se si guarda avanti.

Il praticantato quindi come una possibilità in più per dare linfa alla nostra professione, molto più efficace rispetto ad ipotesi di dubbia utilità e con ripercussioni potenzialmente negative per il modello italiano come la velleitaria proposta dell’introduzione della “persona giuridica” come possibilità di svolgimento dell’attività per i cf abilitati all’offerta fuori sede.

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