Fondi, la commissione di gestione è sotto pressione

Nei prossimi anni le commissioni di gestione oggi applicate su gran parte dei fondi comuni d’investimento caleranno drasticamente fin quasi a sparire del tutto. È lo scenario che si apre nell’industria dell’asset management, anche in Italia, per effetto di un mix concomitante di fattori: l’arrivo della normativa Mifid 2, la concorrenza dei prodotti low cost come gli Etf (Exchange traded fund) e lo sviluppo di nuovi canali di distribuzione dei fondi.

EFFETTO DIRETTIVA – “Con l’introduzione della Mifid 2 si
andrà verso la diminuzione delle commissioni di gestione, soprattutto
 per prodotti che saranno venduti senza l’intervento dei consulenti diretti”, dice Antonio Ferrari, titolare dello Studio Legale & Compliance, specializzato in problematiche relative al mondo bancario e finanziario. Secondo Ferrari ci sono voci di costo dei prodotti che, negli anni a venire, non potranno più essere giustificate. Questo trend, a detta del legale, è destinato ad aumentare man mano che le vendite dei fondi avverranno attraverso i canali emergenti come la rete di internet o i consulenti autonomi, cioè i professionisti che vengono remunerati attraverso le parcelle pagate dai clienti e che non hanno rapporti economici con le società di gestione. Ecco allora che, a detta di Ferrari, anche sul mercato italiano si stanno facendo strada strumenti innovativi, provenienti prevalentemente dalle società di gestione statunitensi, che hanno quasi totalmente eliminato le commissioni di gestione prevedendo una remunerazione soltanto in caso di performance. “Questi prodotti potrebbero rappresentare l’inizio di un vero e proprio cambiamento di loso a”, dice il legale, che sottolinea come
alcune sgr abbiano già introdotto classi
di fondi dedicate alla clientela retail con commissioni di gestione ridotte, create
ad hoc per essere commercializzate attraverso la consulenza indipendente.
Si tratta di un fenomeno legato a doppio lo proprio all’arrivo della direttiva Mifid 2, entrata in vigore il 3 gennaio scorso che ha provocato un inasprimento delle norme che impediscono a chi vende prodotti finanziari di incassare incentivi economici da chi li fabbrica (se non in determinate circostanze e sempre per tutelare l’interesse del cliente n.d.r).

NUOVI ASSETTI SUL MERCATO –Dunque, se le fee di gestione finiranno sotto pressione, sorge spontaneo un interrogativo: cosa devono fare le sgr italiane e straniere per fronteggiare la probabile erosione dei ricavi o dei margini di prodotto che le attende? “Nei prossimi mesi si assisterà a un assestamento dei vari player in gioco per trovare nuovi equilibri che consentano
di avere una marginalità equa per la produzione e la distribuzione”, dice Ferrari. Ancora non è chiaro come si articoleranno i nuovi equilibri di cui parla Ferrari ma Cristina Catania, partner di McKinsey, delinea già degli scenari possibili. “L’industria dell’asset management deve porsi al centro del processo di allocazione e costruzione del portafoglio, intercettando i bisogni della clientela o delle reti partner e sviluppando prodotti in grado di soddisfarli in modo rapido ed ef cace”, afferma Catania.

PARTNERSHIP REALI –Dunque, secondo la partner di McKinsey, il problema per gli assetti di mercato
non è tanto nei costi dei fondi o nelle commissioni di retrocessione, cioè nel legame economico oggi esistente tra chi fabbrica i prodotti finanziari (le sgr, n.d.r.) e chi li commercializza (le reti distributive delle banche e dei consulenti finanziari n.d.r). “In fondo, il fatto di essere vicini alle reti di distribuzione è solo positivo per le sgr”, continua Catania, che sottolinea piuttosto la necessità che nascano sul mercato delle partnership reali, basate su scambi di idee e su una reciproca acquisizione di competenze, su un arricchimento di contenuti che porti poi a un ampliamento della gamma di servizi offerta. “Gli operatori del settore potrebbero per esempio lavorare sulla costruzione di prodotti dedicati, fare co-branding”, aggiunge ancora Catania che all’orizzonte non vede una significativa riduzione dei player
in campo, né la fuoriuscita di mercato di alcuni attori. Piuttosto, uno scenario possibile è la riduzione del numero
di controparti con cui le reti vorranno stringere delle partnership rilevanti, con una conseguente concentrazione dei flussi di raccolta rispetto a oggi.

IL PRICING IN DISCESA – Qualunque sarà il futuro assetto del mercato, una cosa sembra certa: per l’industria dei fondi, almeno per i prodotti distribuiti attraverso le reti dei consulenti nanziari, l’arrivo della Mifid 2 porterà in dote una riduzione non trascurabile del pricing medio e dunque anche una potenziale contrazione dei ricavi. Secondo uno studio effettuato dalla stessa McKinsey e presentato nel febbraio scorso all’ultima edizione di ConsulenTia18, la manifestazione organizzata dall’Anasf e dedicata alla consulenza finanziaria, il calo del pricing medio per le sgr potrebbe toccare il 10% nel 2019. Per i gestori, insomma, la s da è adesso non farsi trovare impreparati di fronte a questo trend emergente, che inizierà a manifestare i propri effetti tra circa un anno

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