Ocf, consulenti in ritirata

Un calo dello 0,9% dopo anni di crescita. E’ il dato sul numero di consulenti finanziari italiani  secondo quanto scritto nella Relazione Annuale dell’Ocf (all’incontro presente anche il neo presidente Consob, Paolo Savona), l’organismo di vigilanza e tenuta dell’Albo unico dei consulenti finanziari italiani. A illustrare i contenuti alla Camera dei Deputati è stata Carla Rabitti Bedogni (nella foto) in un incontro in cui presente anche il neo presidente Consob, Paolo Savona.  Il calo registrato negli iscritti all’Albo  non è particolarmente rilevante, anche se spezza un trend in corso dal 2014 in poi, quando la quantità di iscritti ha ripreso a muoversi in positivo a un ritmo dell’1% circa all’anno, dopo una contrazione del 20% subita durante la crisi economica del quinquennio 2008-2013.  Quella del 2019, relativa al 2018, non è però una Relazione qualunque.  Non tanto per i contenuti esposti dalla presidente Rabitti Bedogni, che non presentano grosse novità rispetto ai 12 mesi passati, quanto piuttosto per due ragioni. La prima è che che l’Anasf ha caldeggiato di recente la sostituzione di Rabitti Bedogni alla guida dell’Ocf appoggiando la nomina Francesco Di Ciommo, professore alla Luiss (vedi qui la notizia). La seconda ragione che mette sotto i riflettori la Relazione dell’Ocf è legata alle nuove funzioni che l’organismo  ha assunto nel corso del 2018.

NUOVE FIGURE–  Dallo scorso anno è nato infatti l’Albo unico dei consulenti finanziari italiani, che include anche le società e i professionisti classificati come autonomi, i quali vengono remunerati con la modalità del fee only, ovvero con le parcelle pagate dai clienti per l’attività di advisory, senza che vi siano legami economici tra lo stesso consulente e chi fabbrica i prodotti finanziari, cioè con le case di gestione. Inoltre, l’Ocf ha assunto su di sé tutte le funzioni di vigilanza sui consulenti finanziari, quelli autonomi e non, un compito che prima spettava alla Consob. Come sono andate le cose in questa nuova veste? È ancora presto per tirare un bilancio, visto che le attività del nuovo Albo unico sono entrate a regime soltanto nel dicembre scorso. I dati dell’ultima Relazione annuale sono dunque da considerare piuttosto come un punto di partenza, per capire i problemi e le tendenze che caratterizzano la professione del consulente finanziario nel nostro Paese. A giudicare dai numeri, il “mestiere” del financial advisor in Italia mostra ancora una notevole vitalità. I professionisti del settore sono stati infatti in grado di raccogliere in media ogni mese oltre 2,5 miliardi di euro di nuovi risparmi delle famiglie, per un totale di 30 miliardi di euro all’anno. Il patrimonio gestito dalle reti di consulenti, invece, alla fine dello scorso anno era pari a 513,6 miliardi, oltre il 12% delle attività finanziarie delle famiglie. I clienti assistiti sono oggi in totale oltre 4,2 milioni, in media 192 per ogni professionista. Quella di financial advisor resta però una professione per lo più al maschile: tra gli iscritti all’Albo, la quota di uomini è pari al 78,6% mentre le donne rappresentano il 21,4%. Va segnalato però che, rispetto al 21%del 2017, la percentuale di consulenti del gentil sesso registra un rialzo, seppur soltanto di 4 decimi di punto. Il dato più significativo che emerge dalle statistiche (e non certo confortante) è però un altro. La platea dei consulenti finanziari italiani è rappresentata in gran parte da persone con i capelli bianchi e da una quota limitata di giovani. Tra gli iscritti all’Albo, il 56,6% ha infatti più di 50 anni; il 32% ha un’età compresa tra 40 e 50 anni; il9,8% ha tra 30 e 40 anni mentre soltanto una quota dell’1,6% è rappresentata da consulenti under 30. Per quel che riguarda lo svecchiamento della professione, non si registrano dunque grandi novità positive. Anzi, la quota di under 30 ha mostrato addirittura una flessione di due decimi di punto rispetto a quella riportata nella Relazione annuale dell’Ocf sull’esercizio 2017.

INVERSIONE DI TENDENZA – . La Relazione annuale dell’Ocf è stata anche l’occasione per dare qualche numero sul nuovo segmento dei consulenti autonomi. Si tratta ancora di uno spaccato molto piccolo della financial advisory italiana, almeno a giudicare dai numeri. Al 31 dicembre 2018 (dopo un mese dall’avvio dell’operatività del nuovo Albo unico) risultavano iscritti 94 soggetti autonomi, di cui 51 operavano per conto di una società di consulenza finanziaria, 42 operavano in proprio mentre un solo soggetto era attivo in maniera “ibrida” (sia per conto di una società di consulenza finanziaria, sia in proprio).

GLI INDIPENDENTI SCARSEGGIANO – Il 79,8% degli autonomi iscritti risiede nel Nord Italia, il 12,8% al Centro e il restante 7,4% al Sud e nelle isole. Sempre al 31 dicembre 2018, risultavano attive nella sezione delle società di consulenza finanziaria 13 persone giuridiche, 9 con sede legale al Nord e 4 al Centro.  I consulenti finanziari autonomi operanti per conto delle società di consulenza finanziaria (scf) iscritte all’Albo variano da 1 a 12. Tenuto conto che l’operatività delle due nuove sezioni dell’Albo dedicate agli autonomi è stata avviata solo a partire dal mese di dicembre 2018, non ci sono ancora gli elementi per scattare una fotografia completa di questa categoria di professionisti. Gli iscritti dovranno infatti trasmettere all’Ocf ogni trimestre informazioni sul volume di attività, sul numero dei clienti e delle raccomandazioni d’investimento. Molto parziali sono anche i primi dati sulle attività di vigilanza che prima spettavano alla Consob, iniziate soltanto a dicembre 2018. Nell’ultimo mese dello scorso anno sono state decise 8 radiazioni di consulenti finanziari, 1 sospensione, 2 richiami scritti, per un totale di 11 provvedimenti sanzionatori.

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