Sator, quei malumori verso Arpe

Si preannuncia calda la riunione di lunedì prossimo 8 marzo dei quotisti del fondo Sator Private Equity Fund gestito tramite Sator Capital Ltd dalla Sator di Matteo Arpe (nella foto). Sul tavolo i malumori di alcuni di loro, tra quali Fondazione Enasarco, Fondazione Roma e Fondazione Mps, insoddisfatti per come Arpe sta gestendo il dossier della vendita di Banca Profilo, principale asset del fondo.

Secondo indiscrezioni, infatti, il numero uno di Sator avrebbe rifiutato un’offerta in contanti giunta da Banor Sim di 160 milioni di euro, pari a quanto capitalizza oggi in borsa oggi l’istituto il cui 62,4% è nelle mani del fondo. Il no alla Sim guidata da Massimiliano Cagliero è giunto dopo aver scartato anche l’offerta giunta dalla Banca Finint che fa capo ad Enrico Marchi e che consisteva di un mix di cash e azioni. I quotisti scontenti della gestione Arpe raggruppano circa il 57% del fondo, percentuale comunque insufficiente ad assicurare un cambio di gestione tenuto conto che la soglia perché ciò avvenga è stata fissata da Arpe all’85% e Sator detiene il 20% delle quote.

A complicare il quadro c’è anche la questione Tinaba, l’app di pagamenti digitali lanciata da Sator nel 2016: il 70% del capitale è del fondo mentre il 15% cadauno lo detengono la stessa Sator e Banca Profilo. Ma Tinaba, che non può più definirsi una start-up dopo cinque anni di vita, ha accumulato oltre 26 milioni di perdite e a settembre scorso presentava ricavi per soli 37mila euro.

Infine i riflettori sono stati anche puntati sul manager Giacomo Garbuglia, con Arpe fin dai tempi di Lehman Brothers, pochi giorni fa revocato da presidente del comitato investimenti del fondo e a cascata dimissionario dalla vicepresidenza di Banca Profilo. In attesa di capire le reali motivazioni dell’uscita di Garbuglia, il suo successore accreditato come presidente del comitato investimenti è Fabio Candeli, attualmente a.d. dell’istituto in vendita.

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