Unicredit valuta seriamente l’ipotesi di abbandonare la Russia. Come riportato dal Sole 24 Ore, a dirlo è il numero uno della Banca – Andrea Orcei.
Unicredit rappresenta la 14esima Banca in Russia, e il suo non è un caso isolato. Altri istituti internazionali stanno valutando l’addio a Mosca, da Intesa Sanpaolo a Goldman Sachs, da JPMorgan Chase a Deutsche Bank. Nelle ultime ore, anche Credit Suisse ha ammesso di valutare questa ipotesi.
In ogni caso, c’è differenza tra la chiusura volontaria e immediata – come annunciato da Bp all’indomani dello scoppio della guerra – e la preparazione di un addio. Sono tanti, infatti, i fattori da valutare, primi tra tutti la disconnessione dai sistemi russi e l’impatto che tutto ciò avrebbe sui dipendenti e le imprese coinvolte. Si parla di 4mila collaboratori in loco, 15oo clienti corporate e circa 1250 aziende europee.
Dall’eventuale recupero delle esposizioni in caso di chiusura deriva poi la capacità di procedere al buyback promesso al mercato per il 2022: la banca, che ha confermato il dividendo cash da 1,2 miliardi anche in caso di azzeramento totale delle attività russe, potrebbe sostenere fino a 2,6 miliardi di buyback in caso di recupero del 40-50% delle esposizioni. Tolta la Russia, il piano di remunerazione da 16 miliardi in 4 anni promesso nell’ambito del piano industriale rimarrebbe in piedi? La banca sostiene di essere in grado di realizzarlo, anche se molto dipenderà dallo scenario macro.