La Fed immagina l’autoregolazione

Occhi puntati sulla Federal Reserve. E sulle reazioni dei mercati alle letture che derivano dagli annunci, o dalle indiscrezioni, o dalle interviste ai membri della banca centrale americana. È evidente il disappunto di questi di fronte alla scarsa reattività dei mercati alle aspettative di futuri rialzi dei tassi. L’andamento dell’economia e in particolare dell’occupazione dovrebbero portare a segnali di reazione al rialzo, ma così non è, o perlomeno non è ancora.

In ambienti Federal Reserve si vorrebbe invece che i mercati si autoregolamentassero verso il rialzo, un po’ come è avvenuto al contrario nel 2013, prima dell’inizio delle iniezioni di liquidità. Si vorrebbe, in pratica, che il mercato si immunizzasse rispetto a traumi improvvisi. Ma una timida reazione c’è comunque stata con un certo rialzo del dollaro, un rallentamento del mercato azionario e una lieve salita dei tassi.

Reazioni più decise si avranno allorché scomparirà dal comunicato della Federal Reserve l’indicazione “tempo necessario” per indicare il periodo che deve passare fra la fine dell’iniezione di liquidità e il primo effettivo rialzo dei tassi, stimato oggi in sei mesi. Se ci fosse l’indicazione che tutto dipende solo dall’andamento dei dati, gli effetti sarebbero più sensibili. Il voto scozzese ha tranquillizzato i mercati, e se anche la Fed considererà sufficiente l’andamento attuale di listini, tassi e dollaro, sul mercato riappariranno i compratori.

Diversa lettura sui mercati europei. Le banche hanno partecipato poco alla prima operazione della Bce, forse perché c’è ancora poca domanda di credito e perché le banche in attesa degli stress test hanno già ridotto significativamente gli asset.

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