Asset allocation, azionario: si profila una nuova normalità

“La parola chiave, per noi, è normalizzazione: stiamo entrando in un contesto di probabile normalizzazione di inflazione e tassi d’interesse. L’era del quantitative easing (QE) è finita, e dobbiamo iniziare a fare i conti con tassi d’interesse reali nei mercati sviluppati compresi tra l’1 e il 2%, livelli più elevati di quelli a cui molti di noi sono stati abituati per oltre un decennio”. A farlo notare è Winnie Kwan, gestore di portafoglio di Capital Group, che di seguito illustra la view nei particolari concentrandosi sul comparto azionario.

Un altro aspetto in via di normalizzazione è il rapporto tra azionario e obbligazionario. I dati storici ci dicono che le due asset class hanno generato contemporaneamente rendimenti positivi nell’arco di 33 degli ultimi 46 anni. L’unico anno in cui è accaduto l’opposto è stato il 2022. Ma considerate le loro performance nel 2023, sembra che stiamo tornando a un rapporto più normale tra le due asset class.

Al momento c’è un’enorme quantità di liquidità ai margini, con circa 5600 miliardi di dollari USA investiti in strumenti del mercato monetario a fine settembre 2023. La liquidità, ultimamente, ha generato rendimenti apprezzabili grazie all’aumento dei tassi d’interesse registrato in tutti i mercati sviluppati. Ma quando la sua quantità raggiunge livelli così inediti, si tratta spesso di un segnale che gli investitori farebbero bene a valutare la possibilità di diversificare.

Guardando agli ultimi quattro cicli di aumento dei tassi negli Stati Uniti (dal 1977 al 2023), nei 12 mesi successivi all’ultimo rialzo da parte della Fed i titoli azionari a livello globale hanno generato un rendimento cumulativo medio del 14%. La liquidità ha reso solo il 4,5%, mentre il rendimento dell’obbligazionario si situa all’incirca a metà tra quello di liquidità e azioni. Ipotizzando che la storia si ripeta, una volta che i tassi avranno raggiunto il proprio picco i rendimenti dei fondi del mercato monetario scenderanno e agli investitori converrà diversificare tra azioni e obbligazioni.

Nel 2023 l’indice S&P 500 ha messo a segno ottimi risultati (con rendimenti da inizio anno a oggi pari al 14,6% ), trainati tuttavia in buona parte dai titoli delle “magnifiche sette”: Alphabet, Amazon, Apple, Meta, NVIDIA e Tesla. Al di fuori di queste sette società le valutazioni sono reputate abbastanza normali. Di fatto alcuni settori sono in perdita sull’anno dato che l’economia statunitense si trova nel bel mezzo di una “rolling recession”, che si ha quando diversi settori sperimentano una flessione in diversi momenti.

Nel 2022, ad esempio, il settore immobiliare residenziale USA ha evidenziato una brusca contrazione dopo che la Fed ha iniziato a innalzare aggressivamente i tassi d’interesse. Oggi sembra che stia iniziando a riprendersi, mentre altre aree del mercato immobiliare, come quello commerciale, rimangono in crisi.

Il settore dei semiconduttori, allo stesso modo, è stato fortemente penalizzato dai timori sulle catene di approvvigionamento e dalla minore domanda di chip nel 2022, con il conseguente crollo dei titoli. Nel 2023, invece, il contesto si è stabilizzato, con la ripresa della domanda e i titoli del settore divenuti una delle forze trainanti dei mercati azionari globali.

L’industria chimica mostra poi segnali di un esaurimento delle scorte, e una situazione simile si registra anche in determinati segmenti del settore industriale. Il messaggio, insomma, è che l’azionario ha ancora molto da offrire e che gli investitori rimasti finora a guardare possono ancora trarre profitto dall’asset class.

Un’area che ci piace in questo momento è quella dei titoli azionari dividend. Nel 2022 le azioni che versano dividendi hanno agito da cuscinetto, controbilanciando in parte i ribassi, ma nel 2023 hanno sottoperformato il resto del mercato. Una parte di questa sottoperformance è giustificata dall’aumento dei rendimenti dei Treasury USA a lungo termine, che ha penalizzato i risultati di molti “bond proxy” .

Abbiamo l’impressione che alcune aree dell’azionario dividend siano state punite ingiustamente, tra cui quella dei “dividend grower”, che versano sistematicamente dividendi via via maggiori. Dalle analisi di Capital Group emerge che i dividend grower sono tipicamente società di maggiore qualità caratterizzate da una migliore allocazione del capitale. Ciò dipende dal fatto che si tratta generalmente di aziende con utili in crescita e flussi di cassa disponibili tali da favorire la crescita dei dividendi. Questi titoli, di conseguenza, presentano una volatilità generalmente inferiore e hanno maggiori chance di battere il mercato sottostante. Dato il numero di società penalizzate dalla più ampia flessione dei titoli dividend, i dividend grower rappresentano di certo un’interessante area in cui andare alla ricerca di opportunità alle porte del 2024.

Un’altra conseguenza di ciò è il potenziale ampliamento dell’attuale rally del mercato azionario. La storia ci insegna che i rally di una ristretta platea di titoli in seguito a una recessione sono stati spesso seguiti da stabili guadagni da parte del mercato nel suo insieme, il che significa che è possibile trovare opportunità anche al di fuori delle magnifiche sette.

Sotto il profilo settoriale, stiamo guardando ai settori industria, sanità ed energia. Il mix tra basse valutazioni e vincoli all’offerta ha dato luogo a un gran numero di opportunità interessanti tra le aziende energetiche statunitensi ed europee. Un altro settore interessante è quello delle tecnologie mediche negli Stati Uniti a causa del derating subito nel 2023 nonostante un’innovazione ininterrotta.

Per quanto riguarda l’innovazione, pensiamo che rappresenti un fattore essenziale per il successo degli investimenti a lungo termine. L’innovazione favorisce crescita e produttività. E una maggiore produttività può aiutare a porre un freno all’inflazione. I nostri professionisti degli investimenti continuano a svolgere ricerche sull’IA e la conclusione, per ora, è che sarà un grosso affare.

Stiamo iniziando ad assistere all’adozione, da parte di molte aziende a livello globale, dell’IA generativa per accelerare la propria trasformazione digitale e aumentare la propria produttività migliorando i processi di lavoro già esistenti.

Un esempio in tal senso è quello di una multinazionale europea di bevande alcoliche e non. La società ha impiegato cinque anni a trasformare i propri dati operativi in un formato digitale e leggibile a macchina. Sfruttando l’IA generativa è poi riuscita ad analizzare istantaneamente i dati sulle proprie vendite dentro e al di fuori dei propri locali commerciali. L’azienda, in tal modo, ha potuto ricavare informazioni in tempo reale su quanto inventario dedicare a ciascun punto vendita o ristorante. Il risultato finale? A parità di budget, oggi la società è in grado di portare avanti 15 campagne di brand marketing allo stesso tempo contro le sole cinque del passato.

 

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