Usa, prosegue la stretta monetaria

A cura di Larry V Adam, Cio Americas and Chief Investment Strategist, Dws

Il 25 e 26 settembre si terrà la prossima riunione della Federal Reserve, in cui i partecipanti decideranno se confermare o aumentare il tasso d’interesse, aggiorneranno le previsioni economiche e presenteranno i “dot plots”, ossia i grafici previsionali sull’andamento del tasso d’interesse. Dopo la riunione il Presidente terrà una conferenza stampa. I contratti dei futures, che attualmente valutano al 99% la probabilità di un rialzo del tasso d’interesse, predicono l’ottava stretta monetaria di questo ciclo e la terza di quest’anno. Quest’aumento sarebbe il primo della serie di quattro da noi prevista nei prossimi 12 mesi. Il mercato stima all’84% la probabilità di tre strette monetarie in questo periodo di tempo, mentre gli investitori restano scettici sulla quarta, attribuendole solo il 50% di possibilità. I fattori a sostegno delle ipotizzate strette monetarie sono:

  • La solidità dei fondamentali economici -L’alto tasso di occupazione e le politiche economiche espansive sono tra i fattori della perdurante solidità dei fondamentali economici. Inoltre la fiducia delle imprese e dei consumatori è la più alta degli ultimi decenni e l’indice ISM è al suo massimo storico. Per questi motivi abbiamo elevato al 2,90% l’aumento del PIL previsto nel 2018, che se realizzato sarebbe il più ampio dal 2005 a oggi. Gli scarsi squilibri nell’economia e il modesto rischio di recessione nei prossimi 12 mesi verosimilmente indurranno la Fed a continuare il suo percorso di strette monetarie.
  • Aumento dell’inflazione –La spesa primaria per i consumi individuali sale al ritmo più rapido da aprile 2012 e ha già raggiunto il tasso d’inflazione del 2% auspicato dalla Fed. Anche l’aumento del salario medio orario (+2,90%) è il più consistente dal 2009. In un’economia come quella statunitense, il 70% della quale è alimentato dai consumi, solitamente l’accelerazione dei salari prelude all’aumento sia dei consumi che dell’inflazione, due situazioni coerenti con la decisione della Fed di aumentare il tasso d’interesse.
  • Basso costo del denaro –Nonostante gli otto aumenti del tasso d’interesse già attuati dalla Fed in questo ciclo, il costo del denaro resta modesto, come evidenzia l’indice Goldman Sachs Financial Conditions, attualmente attestato a 99,2, che dall’inizio del 2016 non sconfina in territorio “oneroso”, ossia sopra quota 100.

Nonostante questi fattori di sostegno a breve termine, altre circostanze rendono più incerte le strette monetarie previste nel 2019. Tra questi fattori ricordiamo:

  • L’incognita delle controversie commerciali -Se i conflitti commerciali con la Cina o con l’Europa si inasprissero, la maggiore incertezza minerebbe la fiducia delle imprese, ridurrebbe i futuri investimenti di capitali e rallenterebbe l’espansione economica, rendendo più difficile alla Fed effettuare altri aumenti del tasso d’interesse. Tuttavia, presumendo l’attenuazione delle tensioni commerciali dopo le elezioni di medio termine, questo aspetto non dovrebbe pregiudicare la possibilità di altre strette monetarie.
  • L’inversione della curva dei rendimenti –La curva dei rendimenti, ridotta a 21 punti base, è già quasi la più piatta dal 2007 a oggi e alcuni governatori della Federal Reservehanno espresso il parere che non dovrebbe essere la Banca centrale statunitense a provocarne l’inversione. Supponendo che nei prossimi 12 mesi il tasso dell’emissione decennale raggiunga il 3,25%, come abbiamo pronosticato, dovrebbe essere possibile evitare l’inversione della curva, ma se l’inversione avvenisse si moltiplicherebbero gli appelli a interrompere il ciclo delle strette monetarie.
  • Propagazione della crisi dei Paesi emergenti –L’aumento del tasso d’interesse e l’apprezzamento del dollaro hanno accentuato i rischi di espansione del “contagio”. Se nuove strette monetarie e altri rialzi del dollaro aggravassero la situazione dei Paesi emergenti, la Fed potrebbe sospendere la sua strategia. Tuttavia il buono stato dell’economia nella maggior parte di questi Paesi fa ben sperare nella loro capacità di sopportare altri aumenti del tasso d’interesse.

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