Mifid II un anno dopo: la survey di Cfa Society Italy

A cura di Cfa Society Italy

  • La maggior parte dei professionisti intervistati a livello europeo hanno espresso soddisfazione sugli obiettivi di MiFID II, identificando i principali benefici in: (i) una riduzione dei costi per i servizi di ricerca per i clienti finali, (ii) una migliore responsabilità nella contrattazione di detti servizi e (iii) una maggiore trasparenza su costi ed oneri dei prodotti di investimento. Le opinioni sono state più divise sul fatto se tutti questi obiettivi fossero già stati raggiunti, oltre a preoccupazioni per alcune conseguenze non previste.
  • Contrariamente alle aspettative iniziali, la maggior parte delle società di gestione europee ha deciso di assorbire direttamente il costo della ricerca piuttosto che trasferirlo ai propri clienti, una decisione presa in gran parte per motivi di concorrenza in un momento nel quale i fondi attivi sono già sotto pressione da strategie passive più economiche.
  • Tutti i partecipanti al mercato dei capitali hanno dovuto rivedere i loro modelli di business. Quelli sul lato del sell-side sono stati più direttamente influenzati, con MiFID II che ha esacerbato la tendenza secolare nella riduzione dei loro ricavi, in particolare nel trading azionario. Mentre è vero che alcune imprese hanno dovuto ridurre la propria attività, ad oggi i timori di massicci licenziamenti di analisti non sono stati confermati.
  • Una conclusione uniforme in tutto il continente è che i gestori non ritengono che il numero di analisti del sell-side crollerà precipitosamente: ci sarà maggiore selezione e segmentazione tra buona e cattiva ricerca, ma i gestori continuano ad apprezzare e necessitare l’accesso a panel di esperti.
  • L’impatto è stato ancora meno pronunciato sul buy-side: le aziende più grandi hanno aggiunto specialisti per colmare le lacune, ma non hanno intrapreso vasti programmi di assunzione.
  • Il timore è che, sia sul buy- che sul sell-side, solo i player più grandi e globali sopravvivranno, con MiFID II che fungerà da catalizzatore del crescente consolidamento in entrambi i settori. Inoltre, la ricerca azionaria sulle PMI continua a ridursi, in aperto contrasto con altre azioni intraprese dalle autorità europee per facilitare il loro accesso ai mercati dei capitali.
  • Per quanto riguarda la product governance, la maggior parte delle aziende ha indicato un aumento significativo degli oneri amministrativi, ma nessuno sconvolgimento nelle loro attività. La speranza è che i maggiore costi di amministrazione e di reporting si ridurranno col tempo man mano che i processi diventano più automatizzati.
  • La conclusione più unanime è che i mercati finanziari europei son ben distanti dall’omogeneità perché si sono evoluti su culture finanziarie e modelli di business differenti: è impossibile trarre conclusioni univoche che siano valide per tutti i paesi coinvolti.

 

I dettagli di Mifid II

La direttiva MiFID II entrata in vigore nel gennaio 2018 ha l’obiettivo di armonizzare i regolamenti sui servizi di investimento all’interno della European Economic Area (EEA). Le nuove regole introdotte riguardano requisiti in materia di trasparenza pre- e post-negoziazione, reporting delle transazioni, best execution, governance dei prodotti e servizi di ricerca. Questi ambiziosi piani si sono però scontrati con la realtà quotidiana: le riforme si sono aggiunte al carico di lavoro a causa del volume di informazioni e documentazione ora richieste.

 

Servizi di ricerca finanziaria

Nel tentativo di prevenire conflitti di interessi ed evitare qualsiasi forma di incentivi, le nuove norme richiedono la separazione dei servizi di ricerca dall’esecuzione delle transazioni.

Contrariamente alle aspettative iniziali, la maggior parte degli asset manager europei ha deciso di assorbire direttamente il costo della ricerca piuttosto che trasferirlo ai propri clienti, una decisione presa in gran parte per motivi di concorrenza in un momento nel quale i fondi attivi sono già sotto pressione da strategie passive più economiche.

Gli investitori istituzionali europei (asset owners come fondi pensioni, assicurazioni e fondi sovrani) oggi si aspettano che i gestori ai quali delegano i propri mandati seguano questo approccio, al punto che i loro omologhi americani si ritengono in una posizione di svantaggio e stanno spingendo perché la SEC adotti una soluzione che permetta anche a loro di ricercare la migliore esecuzione e la trasparenza nell’acquisto della ricerca.

Tutti i partecipanti al mercato dei capitali hanno dovuto rivedere i propri modelli di business, con quelli sul lato del sell-side che sono stati più direttamente influenzati: MiFID II ha esacerbato la tendenza secolare nella riduzione dei loro ricavi, in particolare nel trading azionario. Soprattutto nei mercati più sviluppati come UK, alcune imprese più piccole hanno chiuso (o sono passate ad un modello di pura esecuzione), mentre altre hanno dovuto ridurre il numero di analisti: ma ad oggi i timori di massicci licenziamenti non sono stati confermati.

L’impatto è stato ancora meno pronunciato sul lato del buy-side: le aziende più grandi hanno aggiunto alcuni specialisti per colmare le lacune (inclusi ruoli di compliance e dedicati ai servizi di approvvigionamento della ricerca), ma non hanno intrapreso vaste operazioni di assunzione: anche i loro margini di profitto sono sotto attacco, un elemento che non permette un aumento dei costi per la forza lavoro.

Meno ricerca e di qualità inferiore?

Un timore comune prima dell’introduzione di MiFID II era che messi di fronte alla prospettiva di dover pagare per idee che in precedenza ricevevano “gratuitamente”, i gestori sarebbero stati più selettivi riguardo la ricerca che utilizzano, e quindi i pagamenti verso il sell-side si sarebbero drasticamente ridotti. Con l’impossibilità di monetizzare lo sforzo per coprire più mercati possibili, diversi settori sarebbero rimasti orfani, con una più limitata diffusione delle informazioni rilevanti e maggiore difficoltà nella selezione dei titoli (stock picking).

Questo è stato in effetti uno dei temi più ricorrenti nelle risposte: nel complesso, circa il 50% degli intervistati ritiene che la copertura della ricerca sia effettivamente diminuita. In particolare, molti temono che i mercati meno liquidi saranno quelli colpiti più duramente, che potrebbe portare ad una riduzione della capacità delle PMI di finanziare gli investimenti per la crescita.

Come sempre accade quando un quadro normativo viene revisionato, MiFID II ha sicuramente avuto effetti positivi ma ha anche portato conseguenze non volute:

  • L’unbundling della ricerca crea un vantaggio competitivo per i gestori più grandi che possono spalmare le spese su masse in gestione più ampie: i costi fissi per i servizi di ricerca sono sproporzionatamente più alti per le imprese più piccole. Ciò porterà inevitabilmente ad un ulteriore consolidamento nel settore.
  • Alcune società quotate di piccole e medie dimensioni stanno cominciando a faticare ad avere copertura.

I gestori più piccoli sono spinti fuori dal mercato. Svariati gestori di fondi azionari lamentano che non hanno la possibilità di pagare la ricerca con i propri soldi, poiché si tratta del costo maggiori dopo i salari e sarebbe estremamente punitivo per la loro redditività. Questo porta ad un conflitto tra ottenere la ricerca ideale per i clienti e massimizzare i profitti del gestore, che potrebbe portare i clienti ad indirizzarsi verso i gestori più grandi che non addebitano un costo aggiuntivo per questo servizio.

L’industria dell’asset management è un settore nel quale le economie di scala contano, e la soglia per essere redditizi continua ad aumentare anno dopo anno: i costi operativi sono aumentati costantemente ed i margini di profitto sono stati ulteriormente schiacciati dall’esplosione delle strategie passive. Sebbene l’impatto diretto di MiFID II sui costi sia probabilmente inferiore a quello che potrebbe sembrare a prima vista, i gestori più piccoli stanno soffrendo a meno che non si specializzino in prodotti di nicchia, mentre le istituzioni più grandi possono sfruttare meglio le loro risorse interne.

È quindi probabile attendersi un’ulteriore spinta al consolidamento nel settore.

La copertura delle PMI quotate sta rapidamente diminuendo. Il livello di copertura, definito come il numero di analisti che pubblicano previsioni e valutazioni su una società, è fondamentale per il corretto funzionamento dei mercati dei capitali: una copertura scarsa o di bassa qualità può portare a valutazioni più contenute e volumi di negoziazione inferiori. Mentre solo alcuni anni fa non era raro che molte aziende europee di medie dimensioni avessero 5-6 analisti che le seguivano, oggi è più frequente trovarne solo 2-3 (quando ci sono). Questo ha ridotto significativamente la visibilità delle società quotate più piccole, rendendo più difficile il loro accesso ai mercati dei capitali.

A seconda del paese, la riduzione del numero di broker può essere vista come positiva, perché dovrebbe spingere verso una ricerca di qualità superiore: con troppi analisti che seguono gli stessi titoli, il risultato è spesso solo un rapido commento ai dati trimestrali che aggiunge poco valore per gli investitori. Questo è ad esempio il caso del Regno Unito, dove il numero medio di broker per azienda quotata era molto più alto della media europea: MiFID II ha spinto per un consolidamento, mantenendo comunque un sufficiente livello di visibilità per gli emittenti.

Sfortunatamente, lo stesso non si può dire per altri paesi europei, dove il numero di coperture era già più limitato, con gravi conseguenze sia per le società emittenti che per gli investitori. Per le aziende implica un aumento del costo del capitale e quindi maggiori difficoltà nel raccogliere fondi per la crescita: senza un’adeguata copertura, molte aziende potrebbero determinare che i costi di un’offerta pubblica iniziale non superano i benefici e decidere quindi di rimanere private. Per gli investitori, con meno informazioni disponibili su small- e mid-cap sarà più difficile differenziarsi dagli altri: un chiaro vantaggio per gli investitori finali (minori costi per la ricerca) potrebbe trasformarsi in uno svantaggio (minori rendimenti sul portafoglio).

Ricerca indipendente: più concorrenza e più opzioni?

Una delle aspettative di MiFID II era che con la rottura dei legami tra commissioni di trading e spesa per la ricerca, le boutique indipendenti avrebbero avuto una reale possibilità di entrare nel mercato, differenziandosi dal sell-side ed indirizzando efficacemente il proprio marketing.

Questo non sembra essere stato, per il momento, il risultato: nonostante abbiano puntato sulla loro indipendenza e specializzazione in determinati settori e/o paesi, diversi intervistati hanno suggerito come ci sia stata al contrario una tendenza ad un leggero declino nel loro utilizzo. Questo perché i gestori devono giustificare tutte le spese per la ricerca, non solo quelle verso il sell-side: le boutique di ricerca indipendenti sono rimaste bloccate nel fuoco incrociato tra buy- e sell-side, e hanno sofferto per la rapida diminuzione dei costi per l’accesso alla ricerca.

Corporate access: un ruolo più proattivo per gli investor relators

Pre-MiFID II, le aziende utilizzavano in genere una banca/intermediario per coordinare i roadshow, mentre oggi gli investitori devono decidere quale tipo di incontri possono essere considerati benefici non monetari (accettabili) e quali invece devono essere pagati.

Per molti gestori intervistati, l’accesso diretto al management rimane uno strumento di fondamentale importanza per comprendere le strategie perseguite dalle aziende, ed offre particolare valore aggiunto nel caso delle PMI che di solito rimangono al di sotto del radar dei gestori più grandi. Con la nuova regolamentazione, richiesti se fossero disposti a pagare direttamente per questo accesso, gli intervistati si sono quasi equamente divisi tra “” e “No”, con quelli contrari che hanno per lo più affermato che i gestori dovrebbero essere in grado di accedere in maniera autonoma al management delle aziende.

Molti investor relators hanno infatti confermato di aver visto un aumento delle richieste dirette per incontri: il loro ruolo sta evolvendo da reattivo a proattivo, e dovranno essere più strategici nelle loro comunicazioni con gli investitori. A tal fine, molte società quotate hanno rinnovato la sezione Investor Relations del loro sito aziendale con dati migliori, più video e presentazioni; hanno aumentato la presenza sui social media per creare ulteriori contatti con la comunità finanziaria; e hanno intensificato gli sforzi per organizzare più investors’ day. È inoltre cresciuto l’interesse per le conferenze dedicate alle PMI: queste consentono alle aziende di risparmiare sui costi (rispetto ad un roadshow in più città) e sono produttive per i gestori perché possono “visitare” più aziende contemporaneamente.

Product governance

Nonostante i timori iniziali di gravi interruzioni nella distribuzione di alcuni prodotti, la maggior parte delle aziende europee ha indicato che non vi sono stati cambiamenti significativi nella propria attività o strategia a seguito delle riforme della product governance introdotte da MiFID II. Quest’ultima non ha infatti lo scopo di modificare il modello di business degli operatori, quanto piuttosto di renderlo esplicito e più comprensibile al cliente. Nella prima fase di applicazione, come era lecito attendersi, non si sono osservati profondi cambiamenti nella distribuzione, bensì un’intensa attività volta ad adeguare le procedure operative alle nuove disposizioni.

Le due tematiche che hanno ricevuto maggiore attenzione sono state l’accresciuta trasparenza dei costi e degli oneri e l’aumento del flusso di dati tra i fornitori di prodotti ed i distributori.

Come parte del miglioramento dei livelli di protezione offerti, MiFID II impone alle imprese di investimento una divulgazione più trasparente dei costi totali per consentire ai clienti di prendere decisioni più consapevoli: la differenza tra costi di gestione e costi di distribuzione deve essere resa esplicita, riducendo il potenziale per conflitti di interesse. In particolare, i costi devono ora essere riportati non solo in percentuali ma anche in effettivi importi in ​​euro affinché i clienti possano meglio comprenderne l’impatto sulla performance dei loro investimenti. Ciò accelererà ulteriormente la pressione al ribasso sulle commissioni di gestione che è già iniziata da alcuni anni. Al momento questa pressione colpisce principalmente i produttori (gestori), ma alla fine si ripercuoterà anche su distributori (banche) ed agenti collegati.

Nel tentativo di preservare i margini, i distributori stanno riducendo il numero di accordi in essere con i fornitori di terze parti per avere maggior potere negoziale sulle commissioni. Allo stesso modo, la necessità di preservare i margini sta spingendo i distributori a favorire i prodotti del gruppo che possono essere gestiti internamente o subdelegati a gestori terzi a tariffe competitive.

Una conseguenza degli elevati requisiti di trasparenza è che i clienti sono meglio attrezzati per confrontare le proposte: quanto, chi e per cosa stanno pagando. In questo senso, uno degli obiettivi chiave della MiFID II sembra essere stato raggiunto. Ma mentre alcuni hanno lodato lo sforzo, altri sottolineano come ci siano così tante informazioni che il cliente deve leggere e firmare che potrebbe perdersi e finire per essere meno informato. E l’offerta effettiva di prodotti di investimento al dettaglio è diminuita (a causa di nuove restrizioni), un fattore che dannoso soprattutto per i risparmiatori meno abbienti, che rischiano di essere tagliati fuori dai servizi di consulenza finanziaria.

Conclusioni

A differenza di quanto può apparire ad uno sguardo superficiale, la maggior parte degli intervistati ha espresso una generale soddisfazione su MiFID II: pur aggiungendo costi per la conformità, non ha causato particolare interruzioni o rivoluzioni nei modelli di business esistenti, con i principali vantaggi in termini di riduzione dei costi di ricerca per i clienti finali ed una maggiore trasparenza.

Per quanto riguarda i servizi di ricerca, il metodo scelto per il pagamento è direttamente a carico dei gestori. Questo ha comportato una razionalizzato della spesa, con l’utilizzo dei soli broker che forniscono un reale “rapporto qualità-prezzo”. Tuttavia, una conclusione uniforme in tutto il continente è che i gestori non ritengono che il numero di analisti del sell-side crollerà precipitosamente: ci sarà maggiore selezione e segmentazione tra buona e cattiva ricerca, ma i gestori continuano ad apprezzare e necessitare l’accesso a panel di esperti.

La copertura delle piccole e medie imprese continua a destare preoccupazione: le autorità di regolamentazione sono consapevoli degli impatti negativi sulla riduzione della copertura delle PMI e continuano a dichiarare la loro volontà di migliorarlo.

Infine, MiFID II farà da precursore, con la separazione dei costi di trading da quelli della ricerca che diventerà lo standard globale? Molti gestori globali hanno scelto di implementare un sistema unico compatibile con MiFID II per ridurre al minimo i problemi operativi. E gli asset owner statunitensi stanno spingendo la SEC per rendere più facile anche per loro la separazione tra spese per ricerca e costi di trading. Visto il numero sempre crescente di asset manager che gestiscono operazioni internazionali, è probabile che l’unbundling diventerà un fenomeno globale.

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