In crisi l’industria degli Hedge Fund?

A cura di Daniele Bernardi, Ad Diaman Scf
Riporto quanto letto sul Wall street Journal di venerdì 13 maggio 2016: Hedge Fund Star: We Are “Under Assault”. Questa la frase di Leon Cooperman, uno dei più longevi Hedge Fund manager con i suoi 73 anni;
Siamo sotto attacco, ovvero l’industria degli Hedge Fund è per la prima volta nella sua storia per due trimestri consecutivi in raccolta negativa con deflussi nel primo trimestre del 2016 per oltre 15 Miliardi di Dollari negli Stati Uniti (se non si conta la crisi del 2008 con il caso Maddoff).
Secondo uno studio condotto da Wall Street Journal insieme a Morningstar e HFR Inc (Hedge Fund Research, una nota società di analisi e database sul mondo degli Hedge Fund) dalla ripresa del mercati dal marzo 2009, un portafoglio composto da un mix di Azioni e obbligazioni (non vengono citati gli strumenti e le percentuali degli stessi) ha sovraperformato l’indice misto degli Hedge Fund per 22 di 28 trimestri.
Mi sento di fare una critica metodologica al confronto, che come quasi sempre è svolto senza seguire la minima ragionevolezza comparativa, in quanto non si può comparare ex-post un portafoglio scelto conoscendo i risultati e senza la minima diversificazione (lo S&P 500 ha ottenuto un’ottima performance, ma cosa ne sarebbe stato se avessero preso per esempio l’Eurostoxx 50 che è ancora ampliamente sotto i massimi del 2007?); non si può paragonare un indice rappresentativo di decine di strategie con un solo indice azionario, per di più il migliore al mondo nel periodo di tempo analizzato, seppur diluito con degli indici obbligazionari, credo che ognuno di voi concorderà con me.
Al di la di questa critica, quanto scritto sul Wall Street Journal è preoccupante, perché come sempre si corre dietro alla performance senza considerare come viene conseguita.
Il fatto che questa analisi e conseguente critica sia stata effettuata dal giornale finanziario forse più rappresentativo in america mi fa pensare che sarà veramente difficile educare le persone ad un corretto approccio ai mercati finanziari, visto che il paese più evoluto al mondo in fatto di finanza (o almeno la sua rivista più autorevole) cade ancora in questi errori di valutazione dei risultati.
Non mi stancherò mai di ribadire che bisogna sapere come vengono generati i rendimenti e quali rischi sono stati presi per ottenerli, perché il fatto che i rischi non si siano verificati in passato non significa che non si verifichino in futuro.
Forse ho già fatto questo esempio in qualche altro post, ma non mi stancherò mai di ribadirlo: immaginate di dover andare al mare e lungo la strada trovate una macchina più lenta di voi; vorreste superarla ma la doppia linea continua per terra suggerisce che è pericoloso (strumento quantitativo).
Se decidete di non superare per rispettare i segnali stradali, e uno dietro di voi supera voi e la macchina davanti, arriverà sicuramente prima di voi al mare, e il fatto che sia andato bene il sorpasso non significa che non abbia corso un rischio, e non significa che potrà sempre fare il sorpasso e gli andrà bene come gli è andata la prima volta.
Chi supera con la doppia linea continua arriva prima di voi e ad una analisi superficiale del risultato finale (la performance) sembrerà più bravo di voi, perché è arrivato prima, è una questione di scelta: utilizzare strumenti quantitativi significa sotto-performare per scelta, ma ci sono altre caratteristiche da considerare, come la riduzione del rischio.
Guardare solo la performance significa pensare che un gestore è bravo perché è spericolato, senza prendere minimamente in considerazione cha la sua spericolatezza può portarvi a schiantarvi, a quel punto non importa più quanto bravo è stato in passato, il danno l’avete subito voi…

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