Criptovalute: come e quando pagare le tasse in Usa e in Italia

La crescita esponenziale del mercato delle criptovalute e la sua sempre maggiore diffusione ha posto il problema di come dover pagare le tasse per chi detiene valute digitali. Il problema è più complicato di quello che si possa pensare perché esistono diversi regimi fiscali a seconda del Paese di residenza, e non sempre il quadro è chiaro e definitivo. Gli esperti di Cryptonomist.ch, di seguito illustrano come è la situazione attuale negli Stati Uniti e in Italia.

La regolamentazione crypto e le tasse in USA

Negli Stati Uniti le norme in merito alla tassazione sulle criptovalute sono abbastanza definite. Gli USA considerano le criptovalute non come beni mobiliari, ma come proprietà e quindi devono essere dichiarate come tali.

Dopo anni in cui i proprietari di criptovalute hanno goduto di una sorta di zona grigia, nel 2019 l’agenzia delle entrate americana, l’IRS, ha deciso di tassare le criptovalute come un bene immobiliare.

Ogni proprietario di criptovalute deve dichiarare il loro possesso nella dichiarazione dei reddito nella sezione delle proprietà, come se fosse una casa o una collezione di quadri o di monete antiche.

Ma questo secondo molti è solo un passaggio intermedio, perché nel 2022 probabilmente il regime fiscale per il mercato delle criptovalute cambierà nuovamente.

Questo perché le regole sono ancora piuttosto confuse soprattutto in merito al calcolo degli eventuali capital gain, considerando il fatto che molti exchange non trasmettono all’IRS americano i dati dei propri utenti.

Molte operazioni in criptovalute vengono comunque tassate come il capital gains sulle compravendite di crypto, ma anche eventuali acquisti di beni ed oggetti con criptovalute diventano oggetto di tassazione.

Ma anche essere pagato in criptovalute diventa una fonte di reddito tassabile, così come i premi e le ricompense ricevute per esempio dal prestito di crypto o dallo staking.

Non sono oggetto di tassazione le donazioni ad enti benefici o il tenere in portafoglio criptovalute senza effettuare alcuna operazione speculativa. Ma come detto la situazione presto verrà modificata.

Il nuovo “Greenbook” del Dipartimento del Tesoro, pubblicato a maggio, prevede requisiti più stringenti in materia di tassazione sulle criptovalute.

Per fare un esempio, una proposta avanzata richiederebbe alle aziende di segnalare all’IRS tutte le transazioni di criptovaluta per un valore superiore a 10.000 dollari.

Il presidente Biden, che ha parlato di criptovalute in maniera piuttosto critica di recente: vorrebbe aumentare l’aliquota fiscale massima sulle plusvalenze a lungo termine al 43,4%, dal 23,8% attuale.

Le tasse sulle criptovalute Italia

Ancora più confusa, se possibile, la situazione della tassazione sulle criptovalute in Italia, dove il regime fiscale ancora non è riuscito ad emanare una regolamentazione precisa in materia.

Attualmente si deve al fisco solo la parte di guadagno realizzato sulla vendita di criptovalute per un importo superiore ai 51.645 euro, i pari alle vecchie cento milioni di lire.

In questo caso la plusvalenza dovrà essere dichiarata nel quadro RT del modello Redditi PF, pagando un’ imposta sostitutiva del 26%. Sotto quella soglia ancora nulla sarebbe dovuto al fisco.

Questo perché viene applicata alle valute digitali la stessa regolamentazione adottata con il possesso di valute straniere.

Comunque, la detenzione di criptovalute anche di importi inferiori andrebbe dichiarata nel quadro RW del modello unico.

Poco chiara però è la definizione di custodia delle criptovalute, perchè diventa difficile capire se il possesso di criptovalute detenute in wallet digitale debba essere dichiarato, e nemmeno è chiaro se i prelievi o i movimenti effettuati con questi portafogli virtuali debbano essere o meno dichiarati al fisco.

Inoltre, ancora non è chiaro se e come debbano essere tassati i capital gain realizzati sugli scambi fra criptovalute, senza effettuare nessun passaggio ad una moneta fiat.

 

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