Enasarco, tutti i numeri dei consulenti iscritti

ENASARCO, TUTTI I NUMERI – Quanti sono i consulenti finanziari iscritti a Enasarco? Erano anni che Anasf se lo chiedeva, e lo chiedeva alla Fondazione Enasarco. Dopo una lunga attesa, e a seguito della richiesta formale avanzata da Alfonsino Mei, componente del consiglio di amministrazione Enasarco eletto nel 2016 in quota Anasf, è arrivata finalmente una risposta. Una fotografia, consegnata nelle mani dell’associazione e resa nota oggi sulle pagine di CF, inserto del quotidiano MF, aggiornata al dicembre dello scorso anno, che lascia emergere una situazione alla quale, secondo l’associazione, occorre “mettere mano urgentemente”. Sintetizzando, sempre con le parole dell’associazione: “i silenti non beneficeranno dei contributi versati e gli attivi avranno pensioni ridotte all’osso”. Perché? Ci arriviamo partendo dai numeri riferiti da Anasf: secondo il rapporto che ora è nelle mani dell’associazione, i cf iscritti alla Fondazione Enasarco sono 31mila: di questi, l’81% risulta attivo o volontario, laddove per “attivo” si indica il professionista che ha versato almeno un contributo, il 16% è silente e il 3% pensionato. Si tratta, rispettivamente, del 46%, del 9% e del 2% degli iscritti Ocf.
LA QUESTIONE SILENTI – Ad Anasf sta a cuore in particolare il tema dei silenti, ovvero quei professionisti che non posseggono tutti e tre i seguenti requisiti: aver effettuato versamenti per un minimo di 20 anni, avere un’anzianità anagrafica di almeno 65 anni (67 a partire dal 2019) e raggiungere quota 92 nella somma tra anni di contributi versati ed età anagrafica. È considerato silente, spiega Anasf, il cf che da almeno tre anni rispetto all’anno di riferimento non ha versato alcun contributo al Fondo Previdenza. Attualmente, i silenti risultano essere 5.041. Come tutelarli? “Il problema”, spiega Mei sulle pagine dell’inserto di MF, “si può anche risolvere attraverso il cumulo contributivo gratuito che potrà essere utilizzato da tutti i lavoratori che vantano più periodi di contribuzione presso forme di previdenza pubbliche obbligatorie”. Mei fa l’esempio di “un assicurato, classe 1956 e con 30 anni di versamenti in una gestione pubblica (ex Inpdap) dal 1970 al 2000, altri 10 anni nel fondo lavoratori dipendenti e altri 10 nella gestione separata, Poiché la somma dei periodi di contribuzione non coincidenti temporalmente è pari a 43 anni, l’interessato potrà uscire con la pensione anticipata per la quale è sufficiente perfezionare 42 anni e 10 mesi di contributi, a prescindere dall’età anagrafica”.

UN PLURIMANDATO “FITTIZIO” – “Per quanto riguarda la misura del trattamento previdenziale”, continua Mei, “tutte le gestioni erogheranno il trattamento pensionistico mantenendo il proprio sistema di calcolo. In particolare, avendo il lavoratore pù di 18 anni di contributi al 1995, la gestione pubblica e la gestione privata erogheranno il trattamento interamente con le regole del sistema retributivo, secondo il calcolo previsto da ciascun ordinamento e sulla base delle rispettive retribuzioni di riferimento, mentre la gestione separata erogherà la pensione con le regole del sistema contributivo”. Non solo: si apre anche il tema del plurimandato. Le pensioni medie di vecchiaia ammonterebbero, secondo i calcoli, a 600 euro: questo perché le case mandanti versano i contributi come se i cf fossero plurimandatari, possibilità prevista per legge ma che non sempre – anzi, quasi mai – corrisponde alla realtà professionale del consulente finanziario. Parlano i numeri riportati nell’inserto di MF: la quasi totalità (il 98%) dell’80% di iscritti Enasarco che alla Fondazione risulta plurimandatario nella realtà ha un solo mandato di agenzia produttivo per una sola società preponente.

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