Fondi pensione, è emergenza previdenza

Di Luca Spoldi

In questi giorni, il 4 e il 5 maggio, a Piazza Affari a Milano, presso Palazzo Mezzanotte, sede di Borsa Italiana è in calendario la prima Giornata Nazionale della Previdenza, un evento gratuito aperto a studenti e lavoratori, promosso da un comitato che ha visto la partecipazione di Adepp, Ania, Assoprevidenza, Prometeia, Confindustria, Borsa Italiana, Federazione delle banche, assicurazioni e finanza, Rete imprese Italia, Cisl e Uil allo scopo di diffondere la cultura previdenziale in Italia. BLUERATING ha intervistato per l’occasione il professor Alberto Brambilla, presidente del nucleo di valutazione della spesa previdenziale presso il ministero del Lavoro e coordinatore di Itinerari Previdenziali.

Professor Brambilla, perché una due giorni a Milano sul tema della previdenza, non bastavano i numerosi convegni che si tengono ogni anno su queste tematiche?

Ritengo che ormai seminari e convegni , come peraltro abbiamo già organizzato da molti anni, corrano il rischio di rimanere eccessivamente anonimi e dunque di non c e n t r a r e l’obiettivo ultimo, quello di informare e diffondere la cultura della previdenza presso aziende e lavoratori.

A chi si rivolge questo evento e perché su due giorni?
Si rivolge a tutti gli attori del comparto, a partire da studenti e giovani lavoratori, perché saranno loro che maggiormente dovranno capire i meccanismi della previdenza obbligatoria e complementare per evitare di ritrovarsi in futuro con una pensione insufficiente a mantenere il proprio tenore di vita. L’evento, nato come una giornata nazionale, ha subito suscitato un forte interesse, tanto che è prevista fin da questa prima edizione la partecipazione di un’ottantina tra società, enti e fondi pensione, con oltre un centinaio di relatori che animeranno 3 conferenze istituzionali e 23 tra incontri, seminari e workshop. In più saranno collegati con noi sei atenei italiani (Venezia, Torino, Bologna, Roma, Napoli e Catania), che interagiranno coi relatori fisicamente presenti in Borsa Italiana. Ecco dunque che per consentire una maggiore partecipazione si è preferito distribuire l’evento su due giorni.

Quali sono i vostri obiettivi?

Vogliamo far capire le tematiche legate alla previdenza attraverso un percorso su tre livelli. Il primo, quello “fisico”, ha riguardato la presenza con proprie postazioni dei maggiori istituti previdenziali del paese come Inps, Inpdap, Enasarco, Enpals, Inail, le casse previdenziali dei liberi professionisti e i gestori delle forme previdenziali complementari. I visitatori, nei loro stand, possono verificare la propria posizione previdenziale, ottenere PIN e password per accedere ai loro servizi online, acquisire direttamente informazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro e così via. Il secondo livello è rappresentato dal percorso di trasmissione delle conoscenze previdenziali e finanziarie di base grazie alla messa a disposizione dei singoli convegni, conferenze e workshop oltre al contatto “diretto” con gli enti pensionistici. Abbiamo predisposto una serie di materiali informativi che potranno essere raccolti in un contenitore consegnato a ciascun visitatore al suo arrivo all’evento e poi consultati nel tempo anche a casa propria. Infine il terzo livello è dato dallo scambio di esperienze e sensibilità tra realtà differenti e dalla possibilità di rivedere e ragionare sui contenuti dei convegni sul web anche dopo la conclusione dell’evento, attraverso il sito internet www.gnp2011.it, o su social network quali Youtube o Facebook.

Professor Brambilla, a cosa attribuisce questa arretratezza culturale italiana e crede questa che possa comportare l’esigenza di ulteriori riforme previdenziali?
Gli italiani sono stati abituati per decenni a calcolare la propria pensione come una percentuale molto elevata dello stipendio percepito negli ultimi anni di lavoro. Ma il mutato quadro demografico ed economico ha reso insostenibile il vecchio sistema, portando al varo di un sistema contributivo come nel resto d’Europa. A questo punto per non far saltare il “patto generazionale” che fa sì che le pensioni dei padri sono pagate dai figli occorre anzitutto cercare di rendere attivi gli “anziani” tra 55 e 64 anni (di cui solo il 23% è ad oggi occupato) e le donne (che sono impiegate solo per il 35%). Poi occorre andare a interpretare correttamente le statistiche (ad esempio scorporando il TFR, che da solo pesa circa l’1% del Pil, e i prepensionamenti, che arrivano a pesare sino a un altro punto di Pil) e si vedrà che la spesa pubblica previdenziale non è così disallineata dal resto d’Europa e dunque non sono indispensabili ulteriori riforme dopo l’introduzione degli ultimi due “stabilizzatori automatici”.

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