Con la crisi si è perso il timone

di Matteo Chiamenti

Tutti insieme, uniti dagli intenti, nel cercare di far capire che fuggire in massa dal risparmio gestito e dai mercati di riferimento era la maniera migliore di peggiorare ulteriormente lo stato di salute del sistema, perché come ci ricorda l’oracolo Warren Buffet “La ragione più stupida del mondo per acquistare un’azione è il fatto che la sua quotazione stia salendo.”  Insomma, diciamocelo, tutti erano convinti nel voler inculcare il buon esempio dell’operatore di buon senso; rimane però una domanda cruciale, siamo sicure che chi si occupa di finanza, effettivamente, abbia dato il buon esempio in materia di ragionevolezza? Facciamo un po’ di cronaca del recente passato.
Partendo dal nostro paese e dalla sua principale autorità in ambito monetario, era il 18 gennaio 2008, quando il bollettino della Banca d’Italia segnalava il buono stato di salute del sistema creditizio nazionale e sottolineava che “…i profitti degli istituti risentono finora in misura limitata delle turbolenze scatenatesi a partire da questa estate…”. Poi come è andata a finire la storia ce lo ricordiamo bene e anche le parole di questa estate Mario Draghi (nella foto) ce lo ricordano “I Paesi europei, infatti, devono sviluppare una strategia di uscita dalla crisi e dagli enormi deficit di Stato”, al fine di ridurre il rischio sistemico. Infatti, questa crisi è partita da un settore che può essere considerato marginale nell’industria finanziaria globale, per poi diffondersi in tutto il mondo”.
Passando ora dall’autorità agli intermediari stessi, Alessandro Profumo, amministratore del secondo gruppo bancario italiano, UniCredit, il 21 settembre 2007 titolava un proprio articolo su Il Corriere della Sera nella seguente maniera “Una crisi salutare e passeggera”; una frase che, letta ora, non può che lasciarci perlomeno perplessi. Nella pratica, come questi esempi ci mostrano, non sono stati solo i risparmiatori a perdere il timone della corretta interpretazione dei mercati. La verità però è più semplice di quanto si possa pensare; quando si è nel bel mezzo di un uragano storico, capirne il senso e la portata non è affatto semplice. E spesso non ne hai il tempo e devi solo intervenire sulle macerie (o quasi) del post-tsunami. A riguardo non si può non citare la principale banca “senza sportelli” del nostro paese, nonché la maggiore rete nostrana per numero di promotori. Stiamo parlando di Banca Mediolanum, che nell’ottobre del 2008 ha deciso di intervenire al fine di riconoscere ai clienti delle polizze Index Linked con sottostanti obbligazioni Lehman Brothers, il capitale netto versato per tutte le polizze a capitale protetto e il capitale netto versato diminuito dell’eventuale variazione negativa dell’indice di riferimento, per le polizze a capitale non protetto. Sebbene si trattasse di un importo “assolutamente marginale”, con un controvalore nominale di 213 milioni di euro, l’1% rispetto al totale del patrimonio gestito dal gruppo Mediolanum (i clienti che avevano sottoscritto questi strumenti erano circa 10.000, con un investimento medio pro capite superiore ai 100 mila euro e con l’esposizione nei confronti di Lehman Brothers per circa il 15% del patrimonio investito) il messaggio era chiaro: errore o no, ce ne assumiamo la responsabilità.

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