Pregi e difetti delle gestioni patrimoniali

A cura di Daniele Bernardi, Ad Diaman Scf
Ormai sono 20 anni che bazzico nei mercati finanziari e ciclicamente le gestioni patrimoniali sono passate e poi tornate di moda. Ne ho analizzate tante, ne ho premiate molte negli ultimi sei anni grazie ai DIAMAN Awards, evento di gala che organizziamo ogni anno a lato del nostro evento QUANT a Venezia che premia i gestori patrimoniali e i gestori di fondi di fondi.
Lo strumento “gestione patrimoniale” che all’estero viene chiamato tipicamente “Managed Account” è uno degli strumenti più versatili che si possano avere, seppur con qualche piccolo difetto che è giusto evidenziare.
a) Il primo difetto che mi viene in mente è che le commissioni di gestione e di performance sono soggette ad IVA.
La geniale interpretazione di qualche giudice Tedesco nel 2009 (se non ricordo male) ha definito che le gestioni patrimoniali, essendo dei servizi di investimento e non dei prodotti, dovevano essere assoggettate all’iva, creando di fatto uno standard europeo totalmente anomalo.
ANOMALIA
Anomalo perché tipicamente i servizi bancari e finanziari sono esenti iva.
Quando cambio gli Euro in Dollari, non pago l’iva sulla commissione; quando faccio un bonifico non pago l’iva sulla commissione; quando acquisto un fondo comune di investimento, all’interno non c’è l’iva sulle commissioni di gestione del fondo.
Se ho un conto amministrato e compro e vendo dei fondi o dei titoli, non pago l’iva sulle transazioni.
Purtroppo sulle gestioni patrimoniali si, il cliente deve pagare l’IVA sulle commissioni, non si scappa.

b) Il secondo punto debole delle gestioni patrimoniali è la scarsa versatilità nel gestire strumenti derivati.
Mentre i fondi, gli etf ed in qualche modo anche i titoli possono essere divisi tra i vari aderenti alla linea di gestione, i derivati, avendo importi tipicamente elevati come controvalore e non potendo essere splittati in numeri dopo la virgola, sono di difficile gestione (anche se conosco casi che gli utilizzano con successo).
Mi spiego meglio, se ho 100 clienti che hanno acquistato la linea di gestione e compro 20 quote di un fondo, posso dare 0,20 quote a testa.
ESEMPIO
Se questi 100 clienti hanno 10.000€ a testa e con il 10% delle stesse compro (giusto per fare un esempio) 100.000 del titolo Enel a 4,5€ per azione, invece di comprarne 22.222 azioni, ne compro 22200, così ad ognuno vengono assegnate 222 azioni, non è un problema se invece di avere il 10% dell’investimento ne avranno il 9,9%.
Per i derivati è diverso, perché se per esempio compro un future, anche se per esempio prendo il mini future sul FTSEMIB di borsa italiana, il valore nominale è (circa) di 19.000€, quindi faccio fatica a dare una quota intera a ciascuno.
c) Terzo difetto, ma è un parere personale, è la necessità di dotare le gestioni patrimoniali di un benchmark di riferimento.
Il benchmark è un indice che viene scelto per creare un termine di paragone per comprendere meglio le caratteristiche di rischio e di rendimento di uno strumento finanziario e per poi confrontarne i risultati ex-post.

ILLOGICO
Mentre per un fondo comune di investimento il benchmark ha una sua logica, per una gestione patrimoniale questo è più un difetto che un pregio.
Faccio un esempio: ha senso secondo voi acquistare una linea di gestione patrimoniale che ha come benchmark il MSCI World (indice azionario globale) al 100%?
No, se voglio ottenere il rendimento del MSCI World (acquistando anche i rischi ad esso collegato) acquisto un ETF che lo replica.
Se il mio obbiettivo è replicare qualcosa, conviene acquistare il prodotto che lo replica con il minor costo possibile.
Se spero di riuscire a batterlo compro un fondo azionario che punta a batterlo, sapendo che costa di più di un ETF, ma sperando che mi dia un sovra-rendimento che mi ripaga dei costi di gestione maggiori.
REPLICANTI NO
Ma non comprerei mai una linea di gestione che replica il MSCI World al 100%, perché sono praticamente sicuro, soprattutto se investe in fondi, di non riuscire a battere l’indice, perché sommando i costi parto perdente.
Le gestioni patrimoniali hanno altre motivazioni per cui essere acquistate, non certo per la replica di un indice.
Purtroppo ho visto centinaia di gestioni patrimoniali che non solo hanno come benchmark il MSCI World o comunque un indice di riferimento, ma che lo replicano fedelmente senza neppure cercare di batterlo.
PREGI
In realtà però le linee di gestione hanno anche delle caratteristiche molto positive che compensano questi difetti di cui ho parlato, ne ho identificati almeno sei.
1) Compensazione fiscale delle plus e delle minus
Se acquisto due fondi e li deposito su un conto amministrato in Italia, e uno guadagna il 20% e l’altro perde il 20%, quale sarà il rendimento del mio portafoglio a fine anno?
Zero, giusto?
No, sbagliato
Il mio risultato a fine anno sarà -5,2%, con uno zainetto fiscale cicciotto di minusvalenze pari al 5,2%.
Ovvero, le tasse sui guadagni le ho pagate, ma le perdite non le ho compensate, e mi rimangono 4 anni per cercare di recuperarle altrimenti le perdite diventano consolidate.
Ma come le posso recuperare? Ovviamente non con altri fondi o ETF, sarebbe troppo facile, si possono compensare con cedole di certificati di investimento, con plusvalenze di titoli azionari, di certificati o di obbligazioni (quasi impossibile oggi).
Tradotto in termini finanziari: hai perso? Per recuperare devi prenderti dei rischi maggiori di quelli che hai corso, con il rischio di aggravare la posizione piuttosto che risolverla.
NORMATIVE INIQUE
Chi ha pensato ad una legge del genere (che non menziono per non essere accusato di diffamazione) deve aver mangiato pesante la sera prima di scrivere la legge.
Tuttavia questa è la realtà e purtroppo è sconosciuta persino ad alcuni operatori del settore, figuriamoci ai poveri clienti che ignari si chiedono perché non tornano i conti.
VANTAGGI
Le gestioni patrimoniali, pur essendo sub-ottimali, perché le tasse le pagano una volta all’anno sulla reale crescita del patrimonio, compensano le plusvalenze con le minusvalenze di tutti gli strumenti inseriti al proprio interno, per cui se si vuole creare un portafoglio composto da fondi od ETF, il vantaggio di una gestione rispetto ad un conto amministrato è già tale da giustificarne un costo di gestione (e anche del pagamento dell’iva).
2) Strumento ideale per gestione attiva
Anche e non solo per la possibilità di compensare le plus con le minus, le gestioni patrimoniali sono un’ottimo (forse il migliore) strumento per la gestione attiva di patrimoni.
MOMENTUM
Pensare per esempio di utilizzare un modello di rotazione mensile secondo logiche di momentum, ovvero che acquistano ogni mese i titoli (o i fondi) che stanno crescendo di più, in un conto amministrato è una follia; i tempi di esecuzione (di cui parleremo dopo), i costi di esecuzione, la impossibilità di compensare le minusvalenze, impediscono di fatto di poter effettuare con successo una strategia del genere su conti amministrati.
Le gestioni patrimoniali invece godono di trattamenti “da istituzionali “nell’acquisto e nella vendita dei fondi per esempio, dove spesso i costi sono pari a zero.
3) Compensazioni tra acquisti e vendite
Anche questo è un tema delicato se si vuole fare gestione attiva, perché se decido per esempio di uscire dal mercato azionario perché i rischi aumentano le operatività su un conto di gestione e un conto amministrato sono completamente diverse: nel primo caso la vendita del fondo azionario e l’acquisto del fondo obbligazionario può essere fatta lo stesso giorno compensando la valuta (che tipicamente è T+3 giorni), mentre in un conto amministrato, devo vendere il fondo azionario, aspettare 4 giorni di aver ricevuto effettivamente la valuta in conto e poi eseguire l’operazione di acquisto, praticamente improponibile.
GESTIONE DEI CLIENTI
Per di più, se sono un consulente che vuole far uscire i propri clienti dal mercato, se sono su conti amministrati in consulenza, devo redare il consiglio per ogni cliente, vederlo uno ad uno, farsi dare i consensi e poi far eseguire l’ordine alla propria mandante, mentre se sono tutti all’interno di una linea di gestione, basta fare un’operazione e si riallineano tutti i clienti nello stesso giorno.
4) Classi di fondi istituzionali
Un altro grande vantaggio delle gestioni patrimoniali è la possibilità di acquisto delle classi istituzionali dei fondi.
Le classi Retail comprendono la commissione di distribuzione dello strumento, tipicamente quanto guadagna la banca o la società di gestione dal collocamento al pubblico di tale strumento.
Nelle gestioni patrimoniali, avendo la MiFID di fatto vietato la retrocessione di queste commissioni di distribuzioni, le classi che vengono acquistate sono mediamente il 50% meno costose in termini di commissioni rispetto a quelle Retail acquistabili privatamente.
Salvo i casi di acquisto di fondi direttamente in borsa, pratica purtroppo poco conosciuta e ancor meno diffusa, questo risparmio è un vantaggio che compensa in parte le commissioni di gestione di cui parlavamo prima.
5) Strumento versatile per l’acquisto di fondi alternativi
Ci sono dei fondi Alternativi di Investimento (AIF), ovvero Hedge Fund se emessi al di fuori dell’europa, che hanno rendimenti straordinari de-correlati con i mercati azionari, però il minino di acquisto è spesso di uno o a volte dieci milioni di euro.
Questi strumenti sono praticamente impossibili da acquistare per la grande maggioranza dei clienti, anche se con un patrimonio di un milione.
Viceversa all’interno di una linea di gestione, l’unione fa la forza e quindi posso acquistare una quota e distribuirla tra i clienti.
Nei fondi comuni di investimento armonizzati è attualmente vietato investire in fondi AIF, quindi è decisamente un vantaggio delle gestioni rispetto ai fondi
Lo stesso dicasi per titoli obbligazionari OTC, che normalmente hanno minimi di investimento di 100.000€ e quindi per avere una decente diversificazione, o possiedo due milioni di euro, oppure la gestione patrimoniale è la risposta giusta.
6) Minori costi rispetto ad un fondo comune di investimento
Ultimo punto trattato (anche se i vantaggi sono anche più di sei) il tema costi.
Certo una gestione patrimoniale non è gratis, significa dover sopportare delle commissioni di gestione e magari anche di performance che comprando i titoli da soli non si avrebbe.
Però la gestione professionale ha molti vantaggi rispetto al cosiddetto “Fai da te”; per accedervi ci sono due modi: o si acquista un fondo gestito attivamente o si acquista una gestione patrimoniale gestita attivamente.
Questa seconda scelta è molto meno costosa di un fondo comune di investimento che ha costi molto superiori legati alle normative, alla banca depositaria, alle tasse e ai costi fissi, a tutti gli attori economici che ne permettono l’acquisto e la vendita, dei costi di settlement ecc… tantissime voci che ho anche trattato sul POST Tutti i costi occulti della finanza che nella gestione patrimoniale non ci sono.
Se pensate che posso acquistare un titolo azionario anche per cifre rilevanti come per esempio un milione di euro a soli 9 euro, comprendete che è molto più vantaggioso di un fondo dove oltre ai costi del broker (tipicamente 0,05%) ci sono da aggiungere i costi di settlement (registrazione dell’operazione), tipicamente superiori ai 15 Euro.
CONCLUSIONI
Tutti questi vantaggi sono concreti, ma raggiungono il massimo della efficienza se la gestione patrimoniale è realmente attiva e quindi comporta un reale vantaggio rispetto alle altre soluzioni di investimento, altrimenti se seguono un benchmark e hanno componenti fisse di investimento tra equity e bond, allora non hanno un gran senso, è meglio comprare due ETF, uno obbligazionario globale e uno azionario globale con la stessa suddivisione e nel tempo otterrò sicuramente rendimenti migliori.
Quello che dico deriva da oltre sedici anni di esperienza come advisor di gestioni patrimoniali di clienti istituzionali, con anche un track record di tutto rispetto che riporto qui sotto.

Fonte dati: Banca Patrimoni & Sella; Elaborazione: DIAMAN SCF
Si tratta di una gestione attiva di Risk On e Risk Off in base all’andamento del mercato.
Nel tempo abbiamo affinato il modello, però è chiaro che rispetto ad un bilanciato sempre al 50% non c’è storia, a parità (quasi) di volatilità.
Questa gestione è stata ottenuta verificando, settimanalmente, se rimanere investiti o meno su ogni singolo fondo azionario con una logica di Trend Following.
E’ chiaro che vendere ed acquistare compensando le vendite con nuovi acuisti è fondamentale, perchè le operazioni, anche se sono state di media 4 all’anno per fondo, sono molte e l’efficienza operativa conta.

Fonte dati: Banca Patrimoni & Sella; Elaborazione: DIAMAN SCF; linee azzurre=componente azionaria settimanale
Ma non c’è storia nemmeno se la confrontiamo con il MSCI World di cui abbiamo parlato prima, battuto non solo per le performance ottenute ma per soprattutto per il rapporto rendimento rischio nettamente a favore della gestione attiva (evidenziati dai tre indicatori statistici di efficienza: Martin Ratio, Sharpe Ratio e Diaman Ratio).

Questa evidenza è palese se si confrontano i rendimenti medi annui in base alla volatilità del portafoglio (piano cartesiano rendimento/rischio).

Ipotizzando che il massimo rendimento si possa ottenere con il 100% azionario (MSCI World) e il bilanciato al 50% azionario e 50% obbligazionario sia comunque sulla frontiera efficiente, (giusto per semplificare) si nota come la gestione attiva (con modelli quantitativi) possa essere nettamente superiore in termini di efficienza.
Queste motivazioni mi portano a rimanere molto confidente su questa tipologia di strumento, soprattutto alla luce della MiFID II e delle esigenze di dare un reale valore aggiunto al cliente nella gestione del suo patrimonio.

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