La fine dell’iperconsumismo non è una brutta notizia

A cura di Andrea Argenti, Country Head Italia di Lombard Odier IM

I Millennial non erano ancora nati quando, nel 1976, Walter Stahel e Genevieve Reday, in una ricerca della Commissione Europea dal titolo “The Potential for Substituting Manpower for Energy”, delinearono la loro visione dell’economia circolare e il suo impatto sulla creazione di posti di lavoro, competitività economica, risparmio di risorse e riduzione dei rifiuti.

Oggi, invece, la generazione dei Millennial rappresenta la più importante forza lavoro negli Stati Uniti e questo trend si manifesterà presto anche in Europa. I Millennial hanno modificato le abitudini dei consumatori grazie all’incremento del proprio potere d’acquisto e sono inoltre perfettamente consapevoli dello stato preoccupante in cui versa il nostro pianeta. L’inquinamento colpisce l’ambiente e contamina la terra, l’aria e l’acqua. La plastica è ormai onnipresente tanto da essere riuscita a penetrare in tutta la catena alimentare, si trova in ogni angolo del pianeta e anche nelle acque più profonde dei nostri oceani. L’uomo ha iniziato persino a inquinare lo spazio, lasciando in orbita una grande quantità di rifiuti che non si possono smaltire.

Anche la biodiversità ne sta risentendo. Negli ultimi 20 anni praticamente quasi tutte le specie di fauna selvatica hanno assistito a una massiccia diminuzione dei componenti e oggi il 96% di tutte le specie animali del nostro pianeta è rappresentato dal bestiame allevato per rispondere al fabbisogno della popolazione. Va aggiunto inoltre che il consumo alimentare a le questioni legate al cambiamento climatico non fanno altro che aggravare tutti questi problemi.

Gli esseri umani, i principali responsabili di questa situazione, stanno finalmente cominciando a comprendere di esserne anche le vittime. Non si tratta solo di salvare gli orsi polari o gli oranghi dall’estinzione perché, ormai, il danno all’ambiente è talmente elevato che anche la nostra salute, la sicurezza alimentare, lo sviluppo economico e, di conseguenza, la stabilità stessa dei nostri sistemi politici sono a rischio.

Quindi, come possiamo invertire questa tendenza in un momento in cui la popolazione e l’economia mondiale continuano a crescere? Un semplice calcolo mostra che una crescita globale del 3% annuo, che è più o meno la performance alla quale abbiamo assistito dal 2000, implica che nei prossimi 25 anni la produzione globale dovrà necessariamente raddoppiare. E come possiamo tenere il passo con la produzione se stiamo già consumando molte più risorse di quante il pianeta sia in grado generarne in un solo anno?

Una crescita negativa potrebbe essere una soluzione ragionevole. Ma l’idea dell’economia circolare, amata dai Millennial ma che in realtà è un concetto vecchio di 43 anni, è più interessante e supporta l’innovazione piuttosto che la recessione. Allo stesso tempo, assicura che le risorse naturali utilizzate per la realizzazione di ogni prodotto siano completamente recuperate e reinserite nell’economia, senza dover essere estratte nuovamente.

Alcune aziende sono state le prime a dimostrare come sia necessario ridisegnare l’intero sistema e cercare nuovi tipi di produzione, a partire dalla progettazione del prodotto a partire dalla progettazione del prodotto (in modo che possano essere smontati e i diversi materiali semplicemente estratti una volta giunti a fine vita). L’economia circolare richiede anche una revisione di modelli di proprietà. L’azienda deve essere responsabile del proprio prodotto durante tutto il ciclo di utilizzo, dovendosi quindi occupare anche della raccolta e del riciclaggio degli stessi. Il modo migliore per farlo è assicurarsi che l’azienda detenga la totale proprietà di ciò che vende. Questo sistema, che dal un lato può sembrare sorprendente, presenta in realtà enormi vantaggi per il consumatore e per il pianeta. Aiuta ad esempio a stabilire un processo di riciclaggio efficiente, dato che l’azienda ha un interesse economico a recuperare i prodotti venduti; garantisce un elevato grado di qualità e assicura che non ci sia un’obsolescenza pianificata (in caso di guasto del prodotto, il cliente non deve provvedere all’acquisto di un nuovo modello ma è l’azienda stessa che deve farsi carico di della sostituzione).

Alla fine, questo nuovo tipo di economia rappresenta una grande opportunità economica per la maggior parte delle aziende del settore industriale in un momento in cui la sicurezza dell’approvvigionamento e il costo delle materie prime pesano sui risultati e sulle prospettive. E potrebbe rappresentare un’opportunità unica per gli investitori, per i consumatori e per l’intero pianeta.

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