La soluzione della crisi passa per l'oro

IL PROGETTO SEGRETO DEI GRANDI 20

Nell’ultimo incontro del G20 (tenutosi nel weekend a Washington dove l’unico punto emerso è che una crisi globale potrà essere risolta unicamente con una azione concertata e globale…) sarebbe stata presa in considerazione anche una proposta shock: quella di rivalutare le riserve di oro delle principali banche centrali e creare un nuovo ordine valutario mondiale.

Non si tratta di fantafinanza ma bensì di una possibile soluzione che potrebbe offrire la possibilità di pagare il debito estero di paesi come gli Stati Uniti  e di tutte le altre grandi economie sull’orlo del ‘baratro’. In poche parole –secondo Larry Edelson, da 24 anni attivo sul mercato dei metalli – i grandi della terra potrebbero decidere di ricostituire un nuovo ordine valutario mondiale attraverso la svalutazione delle loro monete, la rivalutazione delle giacenze di oro e la costituzione di tre nuovi coni mondiali.

Ovviamente non sarebbe un piano facile da attuare ma del quale ne beneficerebbe tutto il mondo, dice l’analista.

Una tale scelta, per esempio, fu adottata da Franklin Roosvelt durante la Grande Depressione degli anni venti, quando attraverso l’ordine esecutivo ‘Numero 6102’, il 5 aprile 1933 il Presidente degli Stati Uniti ordinò la confisca di tutto l’oro presente nel paese e la sua consegna alla Federal Reserve ad un prezzo di 20,67 dollari l’oncia. Poco dopo questo ordine di vendita forzosa, il prezzo dell’oro utilizzato per le transazioni internazionali venne fissato a 35 dollari l’oncia mentre il dollaro venne svalutato del 41%.

Questa volta, però, non sarebbero solo gli Stati Uniti a dover svalutare la propria moneta ma tutto il mondo. L’estrema globalizzazione della finanza e dell’economia ha fatto si che tutte le realtà più importanti del pianeta risentono della crisi che colpisce uno degli ingranaggi del sistema globale, andando a influenzare a cascata tutti gli altri soggetti (un esempio lampante è il rapporto che lega Cina e Stati Uniti, che vede nei cinesi i primi acquirenti del debito pubblico statunitense con una quota prossima al 30% del debito estero).

Ma a differenza degli anni trenta, questa volta non sarebbe necessaria nessuna confisca: secondo Edelson sarebbe sufficiente alzare il prezzo di carico medio della banca centrale statunitense dai 42,22 dollari l’oncia attuali ad una cifra tale da coprire una buona parte del debito esistente (pubblico e privato).  In questo modo il debito estero americano e degli altri paesi andrebbe a costituire solo una parte degli asset rivalutati, cresciuti per l’effetto inflativo del nuovo prezzo dell’oro.

TRE NUOVE MONETE      

Una volta scelta questa strada, invece di continuare ad utilizzare il dollaro come riserva valutaria, il G20 potrebbe creare tre nuove monete, identiche di valore e tutte ‘coperte’ dallo stesso quantitativo di oro. I nuovi coni saranno quindi un nuovo dollaro, un nuovo euro e una nuova valuta pan-asiatica (potrebbe rimanere lo Yuan cinese il cui prezzo verrebbe ancorato ad un basket composto dalle tre valute). Le nuove monete dovrebbe valere meno degli attuali coni: per esempio 10 unità della nuova moneta per un dollaro, euro o altro.

Su questo punto il Fondo Monetario Internazionale starebbe già lavorando da tempo, addirittura dal 1944 anno della sua costituzione, che vedeva tra le finalità principali quella di creare un nuovo ordine monetario mondiale.

FUNZIONERA’?

Certo che funzionerà, per lo meno servirà ad evitare un depressione simile a quella del ’29. D’altro canto però non ci si deve aspettare una ripresa dei consumi così come quella cui abbiamo assistito negli ultimi dieci anni, ma dovremo abituarci a tassi di crescita del PIL molto più contenuti (almeno per qualche tempo). Quindi una crescita negativa in Europa e America ma un trend positivo da Asia e Cina (i veri motori dell’economia globale oggi).


A  QUALE PREZZO L’ORO VERRA’ RIVALUTATO?

In questo caso è molto difficile fare previsioni ma alcuni scenari vengono delineati.

Se si volesse azzerare il 100% debito pubblico e privato degli Stati Uniti, il prezzo dell’oro dovrebbe arrivare a 53.000 dollari per oncia; calcolando solo il 50% del debito, invece, il prezzo dovrebbe arrivare fino a 26.500 dollari/oncia. Cifra che scende a 5.300 dollari l’oncia per il 10% del debito estero di tutti gli Stati Uniti.

Sempre secondo l’esperto, il G20 potrebbe facilmente applicare questa strategia al 20% del debito Usa: questo quindi si tradurrebbe in un prezzo dell’oro di 10.000 dollari l’oncia. A questi prezzi la nuova moneta dovrebbe valere 12 nuovi dollari/euro per ogni vecchio conio.

Gli Stati Uniti, secondo i dati del World Gold Council, dispongono di circa 8.133 tonnellate di oro: calcolando che una tonnellata corrisponde a  2.200 libbre e una libbra a 16 once, si apprende che gli Usa hanno la cifra stratosferica di 286.299.200 once (circa 213 miliardi di dollari ai prezzi correnti).

A fianco la classifica dei paesi con le maggiori  riserve auree in tonnellate
(Dati aggiornati a fine settembre 2008. Fonte: World Gold Council)

Sfortunatamente con questa cifra si copre solo una minima parte del debito americano, che, esclusa la componente privata, ammonta a più di 10 trilioni di dollari.

QUANTO HA RESO L’ORO E COME INVESTIRE

Non sappiamo se gli arabi che hanno comprato tanto oro siano a conoscenza di questo piano ‘segreto’ per tornare al vecchio Gold Standard; di sicuro gli investitori arabi (zeppi di liquidità) vedono nell’oro un posto sicuro dove parcheggiare i propri soldi (almeno una parte).

L’oro oggi tratta allo stesso prezzo di un anno fa (circa 744 dollari/oncia) e il 30% in meno dei massimi di marzo. Se però (come si vocifera) alcuni grossi investitori decidessero per la consegna fisica dell’oro, i prezzi probabilmente salirebbero verso nuovi massimi.

In attesa di trovare conferme a questo ‘nuovo ordine mondiale’, gli investitori hanno diversi modi per investire sull’oro, direttamente o indirettamente. Lo stesso Larry Edelson consiglia di detenere fino al 25% dei propri fondi investiti nel metallo prezioso, investimenti che dovrebbero essere affiancati da titoli legati alle materie prime e da alcune blue chips che beneficeranno di questa possibile correzione al rialzo nei prezzi dell’oro. 

A Piazza Affari, per esempio, sul segmento ETFplus troviamo tre fondi (ETC) che investono sull’oro. Si tratta del Gold Bullion-LX di Lyxor (strumento che investe direttamente sul sottostante e che negli ultimi 12 mesi ha registrato un progresso dell’1,4%); segue il Gold-ES di Dow Jones AIG (+2,7% nei passati 12 mesi) che nella settimana tra il 10-14 novembre ha generato il maggior numero di contratti rispetto ai competitor, con 361 contratti pari al 21,73% del totale. Infine esiste il Physical Gold di ETF Securities che nei 12 mesi segna una performance del 6,1%.

Per gli investitori più sofisticati esistono poi tutta una serie di fondi tradizionali che investono i società attive nell’estrazione, lavorazione e distribuzione dell’oro: fondi il cui rendimento è influenzato non solo dal valore dell’oro ma anche e soprattutto da tutti quei fattori che incidono s
ull’andamento di una società quotata.

La carrellata di possibili investimenti include anche un fondo che recentemente ha fatto molto bene: si tratta di Superfund Gold. Il fondo distribuito dall’omonimo casa austriaca, abbina una strategia managed futures all’utilizzo dell’oro come moneta di riferimento per il fondo.

Con questa formula il Supefund Gold A Sicav ha generato (YTD) un rendimento del 9,25% portando la performance dal lancio (novembre 2007) al 18,37%.

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